Vorrei prendere i temporali,
rubandoli agli occhi. Come l’albero
quando chiede un legame di foglie,
come il sole quando si stanca del giorno
e chiede un po’ di sera.
Sognare è capitare, oltre le nuvole silenziose
che vanno dove le parole si fermano,
senza sale o mano di grecale,
ma vanno e non sanno di andare.
In questa partenza di finestra
non ho niente della pioggia,
solo la fragilità dell’acqua
sfoggia l’umida direzione dell’aria.
E niente m’invade
nell’amare il vento piegato dai muri
o durante un rimprovero che sa di lampione.
Non ci sono cattedrali da celebrare,
nessuna mancia per ringraziare
solo una piccola maledizione
appoggiata, una sigaretta tremante
dentro un respiro che scivola via.
Oggi il cielo non esiste,
è una fugace battuta di mare,
un marciapiede che ignora il peso dei passi
lungo strisce sussurrate di piedi e tempo.
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