Ogni giorno vesto l’armatura,
porto anche l’arco, le frecce, lo scudo,
indosso il casco come l’elmo di Scipio,
e qualunque copricapo, variabile come il tempo,
a proteggere la testa, così instabile
riecheggia e suona ogni dì una musica nuova
scompigliata e dilatata melodia d’accadimenti,
ordinata cabaletta di ricordi, stanzetta di memoria,
sempre a passo lieve e piè veloce in un dove presente
ma lontano, umido e vischioso, dove perdo
ad ogni semaforo dell’armatura un tratto
e mi chiedo dove sto andando, dove vanno
tutti gli elementi, tutte le particelle della vestitura,
granelli che frantumano sotto i ponti lungo fiume
o fondigli a disciogliersi in mare,
a sfaldarsi in una risacca solo mia
ma è di tutti la stessa domanda
se qualcosa si salva di noi dalla dimenticanza,
se in quel dopo a disperdersi a terra
c’è pace.