Valentina posò il libro sul comodino: un Collins di metà ‘800, che la ispirò dal suo cristallo netto.
Moderno e interventista … con tante bollicine dalla temperatura giusta.
Decantabile anche con cibo poco digeribile.
Senza nemmeno accorgersene, dalle palpebre pesanti passò in un'altra dimensione.
Udì dei ragli. Due. Uno dietro l’altro.
Si trovava in un dove senza riuscirne a capire dove.
Non le importava. Aveva altro per la testa.
Entrò in un vecchio cinema. Biglietteria vuota, pavimento scalcagnato, ragnatele ovunque.
S’infilò fra tende di velluto incartapecorito … forse un tempo di color bordeaux.
Nella sala buia si proiettava un film.
Ci vedeva bene anche così. Nessun altro spettatore.
Solo a lei era dato sapere tenendo tutto per sé.
♦
I caratteri scorrevano sullo schermo.
Il titolo: Virtual World.
Si accomodò in una delle poltroncine. Era curiosa di vedere.
Ma le scritte non finivano mai, e sempre con lo stesso nome a interpretare ruoli e ruoli.
Si alzò.
Imboccando la "passatoia" centrale, arrivò ai piedi della proiezione. In maniera casuale, poiché posti da entrambi i lati, scelse di salire i pochi gradini che la portarono su. Proprio in faccia a quell’ossessivo scorrimento. Allungò una gamba, poi un braccio ed entrò dentro.
Dentro quel film.
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C’era una Tizia seduta a un computer. Batteva. Benché di spalle, l’aveva riconosciuta.
Valentina sapeva che l’oggetto della sua attenzione non avrebbe potuto vederla.
Quindi le si avvicinò senza timore di essere scoperta.
Quella continuava maniacale a battere sui tasti. Aveva una schiera di innumerevoli caselle, ognuna nominata con nomi di vario tipo, in prevalenza femminili.
Si fermava di battere solo quando chiudeva la casella, per passare ad aprirne un’altra.
Trovò giusto approfittare dell’occasione.
Visto che per anni la Tizia non aveva fatto altro che spiarla, ora poteva prendersi la sua rivincita.
Lesse nella nuova casella aperta. C’erano diversi scritti, con appuntata la data di pubblicazione e il riferimento preciso che li aveva ispirati.
“Ha un fascino in fondo la follia. Arriva a comportamenti e a livelli che hanno dell’incredibile”. Pensò.
Voleva memorizzare tutto ciò che vedeva. Stupita più di quanto non lo fosse mai stata.
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La Tizia, non avendo altri interessi nella vita, passava la massima parte del suo tempo “abbullonata” al computer, che alternava con l’uso del cellulare posto lì a fianco … a portata di zampa.
Ogni tanto emetteva gridolini, sorrisi, imprecazioni; per sostenere e confermare il suo operato.
Un operato che consisteva nell’assumere diverse identità. Una vera bulla da tastiera!
Si serviva di svariate maschere per comunicare messaggi trasversali travestiti da poesie a chi era nel suo mirino.
Questa “arte” l’aveva appresa e affinata dal “Decano”, rinomato poeta del web.
La massa che li leggeva naturalmente non capiva.
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Valentina riuscì a memorizzare moltissimo di quei messaggi trasversali.
Ma a me fece leggere solo uno di quei “botta e risposta”, perché convinta che io non le credessi.
Mi spiace.
Ad ogni buon conto e al fine di non dimenticarmene, quale esempio, lo trascrivo qui di seguito:
Botta
…
tenui note
ha la sera che declina
la notte
e pacifica pensieri
l’acqua li trattiene.
Nei pini
il rosso cupo del tramonto
…
Risposta
…
e tu ci sei
mi coli i tuoi silenzi.
nel rosseggiare cupo del tramonto
la resina arpeggia
tra
i miei pensieri e i tuoi.
la notte
trattiene
…
(continua)
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