Riesci ancora a piangere?
e.. dove attingi la tua voce
dove sei arrivato?
Dove attingo la mia voce
è dove sono giunto
Animamia
alla vita al piacere al riso.
Il neonato si consolidava
nell’incanto della voce,
bolla di respiro e insieme suono,
il qi al centro del mio hara,
Appena sotto l’ombelico,
dove l’apnea resiste a lungo
come si sta in piedi?-
Vibra! - Mi hai risposto -
al di qua della lingua,
dimentica parole, nessun coagulo.
Soffia l’ideogramma con il ventre.
Fin dalla tua venuta al mondo
se al dolore profondo di un pianto
fai seguire un grido di gioia
il suono rimane lo stesso
generando la voce più bella-
E' un gran giorno,
dall’esistenza alla vita,
se conoscere è fare l’amore
oltre il muscolo largo e sottile
che separa l’addome dal petto.
Lassù ho tremato, cadendo
per tirare il filo di lana
uscito dal foro al cestino
- all’ovile del suono-
poi salendo come una pianta
ho ripreso a cadere,
tra gli armonici gravi di una persona
e un bambino che indugia agli acuti.
Due vie sono le voci, aria e radice,
mio piccolo cantore-
il duale apparente si risolve
nella triade occulta che Noi ama:
il serpente sputa il veleno
nella coppa in cima al bastone
risplende l’albero di Jule
fiorisce nuova la noce.
Non c’è canto, sai, che non sprofondi
in terra, per essere celeste
forza del grido di un piccolo d’uomo,
come il più benevolo dei tuoni,
e arco umano teso non ancora-
per impregnare la freccia con il qi;
il silenzioso il turgido divino
risuonando con tutte le sorelle
indietro in basso nella parte alta della bocca
dove tutti i suoni prendono il suo posto
come l’acqua nel vapore - se lui canta
fino alla vigilia della morte
per rendere il respiro nell’accordo
del fondamentale, in altre onde,
onde più sottili, in animali
è uno sgorgare calmo e maestoso
il capovolgimento di una stella,
la rotazione del bacino mentre vibra
per cantare nel giubilo il non detto.
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