IL CAMPO ULTIMO
Oggi che il mio sangue ha lastricato strade e piazze
oggi l’imperfetta simmetria sale dal pozzo della vita
perché io senta che non so più amarti.
Per spossatezza o per vecchiezza
provo pudore a manifestare la fiamma che arde
e bagno di tenerezze di cobalto
nel fruscio inquieto di chiocciola ritrosa
ritrosa!
Istigami, affinché ancora possa inondare
con l’onda dell’amore il nostro cuore.
Dimmi dei tuoi gesti intrepidi e delle cadute
dei tuoi occhi lucenti e degli abissi conosciuti
parlami con tra le sillabe il sangue
perché io osi inquietare
con le parole dell’anima la tua e la mia anima.
Stringimi a te, come stringi il cuscino
su cui riposa il tuo capo stanco
come la sabbiosa riva, il mare intriso d‘antri e d’abrasioni liquide.
Io, l’ulivo che dà olio alla tua lampada-occhio
per poter leggere ogni mia poesia
sempre pronto, dopo ogni arresto, a ripartire.
Io, la rosea pesca
mutata in fichidindia da un impeto ribelle ormai sopito
che adesso se ne sta sulle sue rive d’erba
e attende il fiorire del melo e lo schiudersi del fato.
E – mentre l’acque salmastre macerano attorno –
lotta, per non finire
contro la follia di un campo ultimo
che vede nascere dove c’è acqua e limo
e un fondale di sassi
solo di sassi!
Ma tu mi presterai le mani
per spianare la via verso le stelle... e andrò
tra venti tiepidi e colline verdi.
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