I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
Il Figlio dell'Aquila
1
Qualcuno un giorno ci rubò la via Lattea
portò lontano dalla terra ogni piccola stella
e rinchiuse mille ali nel petto d’ognuno
-come sogni iridescenti, senza meta fissa nel tempo-
da allora danzano
diavoli ed angeli
vaganti tra le dune e il brulichio dell'acque.
2
Disse il figlio dell'aquila
“L’autunno impazza
bastarda l'aria, tenera come notte di luna.
Ho chiuso la mia porta verso il chiaro stasera
non più aliti di vento giù dal mare
non più!
Ti uccido aria
non tornare.
Ho voglia di chiuso
della mia anima nera
ho voglia di bestia stanca e di giaciglio."
3
E lui impreparato al fosso
e lui tra il pianto i semi ha trascinati.
Vuota bisaccia porge alla sua luna
freddo alla terra nel suo pianto amaro.
Lui
terra di fibre e corde macerate,
un pugno chiuso che si secca al sole
che pesa il cesto di suolo impantanato.
Lui prigioniero che vive dei suoi echi
che impenitente
sfugge ad ogni senno
credendo in ali d’uccello paradiso.
Lui che c’è ancora intero per metà
spugna corrosa da quest’eterno mare.
Lui
l’illusione,
un involucro di stampelle ad ogni guado
stese su ieri, sull’oggi, sul futuro.
Lui canovaccio dalle mille fogge
che sbatacchiando al vento sino in fondo
picchia da dentro l’illimitato amore:
quell’infinito
ch’egli non trova qui
che non si trova.
“NON PIÙ DI TANTO
NON PIÙ!”.
Lontano
- nel paese dei re -
chissà chi gioca sempre con le stelle?
4
“Costretto tra la roccia come giaccio
v’è un tempo amputato che ritrovo
e a quando quella parvenza di vittoria?
Anche sbrinata
disciolta
avviluppata nelle sue gramaglie.
Da fuori il vento sibilante estende
estende ancora vuoto.
E sull’irto percorso un carro stride
si spezzano armonie
cembali piangono
evoca l’antro un cumulo di ali
e il tempo più non conta
eppure canta!”
5
Ed il nido scompare,
tutto scompare,
scompare l'impronta di chi l'ha costruito
e la frasca si perde:
solo un solco dove poggiava resta.
Là
il figlio dell'aquila attende
stupido attende senza saper più cosa.
Non portate l'infinito sulle sue dure labbra
non portate albe e scie mutevoli del giorno
quando questo giace disperato in un angolo
e poi a sera svanisce
come un inutile fiore
che giacque inutilmente per morire.
Domani è morte
domani per chi vive son tamburi.
6
"Sempre gli stessi uomo
sempre uguali i gesti e le parole:
al muro.
Al muro bende sugli occhi
e fucili spianati là sulla pianura.
Dimmi
chi regge le chiavi delle prigioni?
Forse il despota diavoletto
che inonda di duro queste rocce
o forse la voce del crepuscolo che salta e balla?..
.. e trascina
e trascina polvere e foglie".
7
Sulle verdi vallate
e campi, e strade, e casucce strette per paura
s’accendono di festevoli falò alla vendemmia.
Boccali colmi di risate
e danze su danze si trascinano al buio -
labbra color porpora trascinano il sorriso.
Domani
stanche ristagneranno in lui
parole, canti, scherzi, risa,
domani
solo inseguirà fiele e carezze.
Solo.
E ogni morte s’estende.
8
“Non tornate colori soffusi
e immagini nuvola in sorriso.
Non aprite le valli
e quando v’inoltrate nella notte
spegnete il moccolo.
Sul colle
lasciate che il mosto riposi la sua notte
e libero ogni aroma d'annegare nel fondo”.
9
Raffinato apotema o solo un capriccio
quel vivere che trascina i gesti già compiuti
e i sogni immaginati sulla strada?
Il fatto
il dato
il posseduto
quegli intravisti voli d’acque chiare
quel desiderato mai colto.
O forse solo un battito che vibra?
Pieno
ritmico
sfibrante
simile per pensiero
eppure frastagliato e diverso
unico per ogni stagione della vita.
Da dove vieni o vita
e dove va poi trascinando quel fiume?
Ma scorre il fiume tra la traccia del greto
ed il giorno non libera la notte
e la nottata non si scinde dal giorno
fusi e compatti baciano l'ombre.
Vagano soavi l’aure e l’acque
scuotono miriadi di forme l’erbe e i muschi
e avvilimenti poggiano le falene
dal moto oscuro che appare discordanza.
10
"Vai corrente di cielo
veloce dai fiato alle mie ali
trascina il petto
inoltra il mio becco nel vento
illumina il mio occhio.
Luce
voglio luce sull'ombra
spaccare ogni mia nube
ascendere sino a sfiorar lontano.
Un po’ più in alto
un po' più in alto ancora
e libero in picchiata affondare nell’azzurro.
D'azzurro affogare questa tenebra.
Solo
esser solo sul tetto
farsi grande
da oggi espandersi ed abbracciare il mondo.
Oggi che il petto è scarlatto di sangue
oggi che il petto è un rubino prezioso."
11
Ora zingaro ha il petto
e l’alito sospeso gli ristagna
gli vaga dentro
insegue ogni suo volo
come fornace d’alchimista antico
un po’ per volta trasmuta ogni sentire.
Disciolto d’oro d’amore e di veleno
l’occhio rapace adesso osserva mesto
quanto -là intorno ed oltre le montagne-
v’è di più vacuo che prende in illusioni
e intensamente fa pullular le piane.
Ma sul monte il figlio dell'aquila
come sempre rapisce
sul monte il figlio dell'aquila
è già un mostro divino.
Riecheggiano chiare le strilla del suo grido
e solleva spighe
e prati
e cime innalza al soffio.
Racchiudendo l'alba lucida negli occhi
vola.
Solo tesse fili nella trama dei cieli
scia tra lo scuro e le sete d'azzurro
e tentando
sempre tentando, naviga tra i respiri.
12
“Ma sorridere morendo e andare
-andare contro il petto dilaniato-
è niente sensa colpa.
Il peggio è maledirsi
cibarsi dei venti e del frascume
che adesso solo bruma hanno per volto.
La bruma
-la lacrima non pianta
alla grotta pipistrello aggrappata-
la bruma affonda un dente nel mio cuore”.
13
Non portate l’infinito sul suo duro becco
non portare albe e scie mutevoli del giorno
quando il tempo attende disperato in un angolo
e poi
con lo scuro svanisce incolmabile sempre.
Domani è morte
domani per chi veglia son tamburi.
14
“Non si può vivere dell’ali e dell’ebbrezze
non si può vivere senza una saggezza!
Costruiamo la saggezza
come muraglia ed argine ai funamboli
come cancello a ogni brace sinistra
e creiamo favole e tele
per star nel guscio e non morire.
Fantasmi
stupidi fantasmi!”
15
Nell'anima che parte egli ora porta
respiro dolce e soffio di bufere
profuma credo e vita
profuma prati e steppe
e cerca l’aria
come sirena fa
col suo canto ammaliante di rugiada.
E picchia a scoprire terre
picchia su ali grandi
scivola
irrompe
resta alta con lui.
16
"Ora che fuggo
e chiamo il dolore gioia e ogni gioia il bagliore
chiara contemplazione
mio fiore
punto predestinato già al mattino
dove t' ho scordato?
Lascia che io allarghi l’occhio a ogni momento
è la finestra
da cui intenso mi può inondar l’immenso
è la finestra squartata del mio cielo”.
17
E il suo giorno origlia il vento
e bacia un fiore che tende all'infinito
e il passo suo calca le sue ombre.
Lui vive
laddove il suo orizzonte si fa e si decompone:
scomparso è il giusto attracco nei suoi occhi
scomparso!
Ridategli il suo occhio sereno ed il suo nido
e l'acqua chiara della fonte antica
che lui la porti nella patria dei semi e delle zolle.
Ridategli il silenzio limpido
il respiro paziente
e la carezza tenera del giorno
che s'inoltra e s'abbandona nel sonno.
Ridategli a navigare luce
nella casa dell'oggi e del domani.
Ridategli!
18
“Ogni mattina a dare senso alla vita
ogn'aquila vaga la valle
setaccia la regione.
Come me
proprio come me
prima
quand'era il sole.
Ma oggi non caccerò
oggi perlustro cime..
..e la scure s'innalza”.
19
Ma ha venti sulle voci d’altre ali
laddove la compattezza è breccia
è lo smalto
è dritta via.
Perché vagare ancora? Gli risuona
perché affondare su terre ripiegate?
Andare laddove il ghiaccio è il cristallino
negare l’evidenze d’ogni attrito
negar persino il finir delle stagioni
portarsi laddove tutto resta
crescersi mani pronte ad abbracciarti
ridicoli piumaggi da buffone
che ha bisacce di lune ed illusioni
e là
-come un logoro straccio alle divine corti-
ridere, volare, saltare
anche se nella mente
ristagna ancora intenso
l’antico odore di lavagna
il profumo di un glicine
e la notte.
20
"Vagante gelo
brivido denso che incateni i fiumi
tu non conosci
tu leggi solo la traccia d'una mano.
È quello il solco, è quello il tuo confine.
Il dolore
il dolore e la gioia
han l'occhio tuo a barriera
che prima di vedere ti confonde.
Scivola il vuoto
scivola l’immaginario
scivola.
Ma cosa importa un'ala
ognuno si libra nel suo cielo
ognuno ha le sue pene
e tutto gira ancora
e girerà quel raggio
risalendo la china
arresterà i tamburi di morte.
Vivremo
sì
vivremo degli sfarfallii dell’albe e dei tramonti
vivremo di miriadi di luci ad adornar l'acque
di boschi verdi e di fonti maestre.
Domani
stelle e immenso per noi da questo viaggio".
21
Ma anche tra il gelo
si rincorrono gli astri
e solcano dirupi e piane, disperazioni e gaudi
che bramano la parvenza d’una culla.
Nulla si ferma perché tu non sei
nulla si ferma per ritrovare un giorno
quando a ogni giorno
sudate cresci spighe.
Con l’occhio colmo
-stretto in troppo affanno-
bramando pace
scioglie in alti effluvi
quel suo andante stracciato che ridesta
le ortiche
i gorghi
l’ondulanti brine
caldi tutti i risucchi del sublime.
E si fa gemma di canti e di barlumi
ne fa il suo fiume
ne cresce mille vele
lampare a raggio e sete su quell’acque.
22
L'aria è assassina
ma l’urlo della valle
mi porta essenze di primavera a sera
quando ogni alito si fa rosa sul fiato
e argenteo è il cielo
tanto esteso il chiarore
che mille tenerezze avvolge agli occhi.
Ora gli parlo al cielo delle sere
modula i suoni
raffina lo sgomento
traccia i contorni
di tutto il pianto che s’avvizzisce al chiuso
dei mille volti costretti in un sorriso.
Ora lo guardo il cielo delle nubi.
Ora non parlo
lascio parlar la notte.
Ora percorro le inesplorate piste
di quel pensare martellante e puro
di quel sentirmi in un dischiuso enigma.
E asciutto l’occhio
pozza stagnante il volto
come da ceneri verticalizzo semi”.
23
Ed ora è il Dio d’immenso che lo spinge.
Tende lucente quell'arco della luna
e come arciere di morti e di rinascite
sulla lira del sogno, sul fondale più vero
gli arma di chiaro
la porta d’oro della nuova aurora.
Ora in picchiata
intensa ha la distesa
ed al suo interno un mutamento ispessisce.
24
"Palpita notte
fatti grande
lascia che le stelle siano occhi stesi lì
ad estendermi il cuore.
Togli il chiavistello notte
ed aprimi al soffio della grande aquila
che m'avvolga nella sua tenera piuma.
Notte nera
dura
audace.
Notte
trina d’amore, nel consunto manto
steso al confine estremo di noi stessi”.
25
E lievi danzano i cirri, come i fiori
baciano il cielo
scivolano il tempo
ed il suo azzurro splende sui silenzi
sui passi stanchi mai è stato ucciso.
Riacceso il senno dal morso del Più Grande
appicca frasche e occhi puri alle stelle
crescendo in acque
di tramite immenso ed infinito.
E vedi
pian piano un battito
scintilla un po’ più oltre.
Per te è un battito
per lui è una fatica
ed è così per ogni vita.
26
“Ed ho veduto tanto
e tanto
più che tanto mi riportano gli occhi.
Nel sorriso e nel pianto
quanto colore e suono
quanto dono!
E tutto è stato dono
le altre piume, le corde, il lungo occhio
son stati beni a perdere.
A che serve la voce se ti graffia
se non ti reca un'erba da donare?
A che ti serve?
E sempre si posa il fieno
e si flette nel vento
come l'onda, nel bacio e nella furia
riposa ovunque bagna.
Così riposerò
come la brina, il vento?”.
27
Sui segni suoi ogni tanto qualcuno si china
raccoglie piume morte come un fiore
poi lento le poggia in un paniere.
Ogni tanto qualcuno
si ferma alla valle del canto
là
dove dolori, gioie, gesti, voli
son solo nuovi palpiti a stillare il silenzio.
Là
per chi sa stare al sole
forse sono i fruscii che parlano
i fruscii che insegnano
che incidono sul passo e crescono figli
che sulle loro voci creano dune.
Pulsano svolte
fremono conquiste
arie infinite alzano tra nubi.
28
“Se fosse dato a tutti poggiar le ceste vuote al sole
se crescessimo al sole
se nutrissimo il sole!”
29
Qualcuno un giorno ci rubò la via Lattea
portò lontano dalla terra ogni piccola stella
e rinchiuse mille ali nel petto d’ognuno
però
non mise briglie alle piene dei fiumi
e caricò i venti ad inseguirle.
Da allora -ad infrangere i limiti-
tra quel sentore ogni tanto qualcuno si libra
raccoglie strie di vite come semi
e mestamente ne fascia i fiordalisi.
Ogni tanto qualcuno
-da coltri opache legate a doppio filo-
s’accende aurore e sogna corde d’arpe.
Ali d’uccello stringe ad ogni vento.
Qualcuno un giorno ci rubò…
ogni tanto qualcuno, ogni tanto qualcuno, ogni tanto qualcuno
ogni tanto
un fratello che ci sia.