Sulla lettera iniziale di Pesah
corre un piccolo gruppo di tuniche azzurre,
torce luminose con cappucci d’oro,
e tutta l’età del mare,
bocca a bocca
chiude la tenda un panno morbido di lana.
Una coppia prega, dentro,
si raduna come un pesce,
tutta in fiore, fino al seme,
per l’offerta di conchiglie
e le tre madri. Nella gola
mescolanza d’erbe, di oli santi
nel palato, e sulla lingua
come un canto,
lo stesso del sale quando brilla
sopra i denti,
consonanti inclinate fra le labbra.
Parole sorelle, messe in luce,
di pochi decimi di efa
e un grano nuovo,
al centro della stanza,
come allora
-eravamo nuovi e tutti insieme
antico suono,
nello stesso luogo delle bestie,
a cospargere il secco di rugiada,
fin giù, alla benedizione dei granai,
con una ciotola di biada e al primo anello
il nostro orecchio sulla pelle degli aranci-
con lo stesso sangue,
fa di me la tua mano,
spezzando i vasi rossi dell’ultimo raccolto,
io sono insieme-
e obbedisco,
mentre il fiume copre il suono della voce
sul fuso delle dita, alla tua grazia
-
seppur sfiorando il nulla,
sono insieme,
e la tomba è vuota.
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