● TRITTICO POLACCO
(Il 10° classificato premiato con il Diploma e la Medaglia al Concorso Letterario Proust en Italie - Il Giardino di Babuk, La Recherche; Roma, marzo 2017)
• FANCIULLA (Polonia, 1971 - 1981)
Sono nata nel giorno di San Lorenzo
quando il vento dell'Est
spazzava via le vergini nubi
della tarda estate a venire.
C'erano i fumi dei lacrimogeni
tra le strade dell'antica città di Danzica,
suonavano le sirene del cantiere navale
spalancando le porte alla libertà perduta.
Nessuno contava le stelle
che sfioravano le onde annegando nella baia,
soltanto i volti degli operai
si riflettevano nell'acciaio dei carri armati.
Sono nata stringendo i pugni
come se avessi conosciuto il mio karma,
quello strano trapasso tra i mondi diversi
uniti dalla migrazione dei vari popoli.
Solidarietà e Fratellanza,
l'illusione eterna dell'uguaglianza.
Sono nata all'epoca dei muri crollanti,
destinata a combattere senza alcuna tregua.
• 13 DICEMBRE 1981 (proclamazione dello stato di guerra, legge marziale in Polonia)
C'era una lunga nenia nelle note di Chopin
che sfuggivano dalle finestre degli edifici,
laceranti arpeggi somiglianti agli spari
sparsi e dispersi tra i vortici dei conflitti.
Quelle strofe incise sul pentagramma
come corvi neri sulla bianca neve
calpestata dai passi dei manifestanti
soppressi dal sistema e
dalle grida dei soldati.
Ero una mela acerba
mentre all'apice del lungo inverno
maturavano le gemme della liberazione,
sbocciando sulla fredda coltre
nel rosso scarlatto dei tristi garofani.
E quando calava il buio
sui viali esausti dal turbamento
si confondevano i canti natalizi
col dolente urlo delle vecchie sirene.
Non v'era Pace per noi
neanche nei salmi delle campane.
• ESPLOSIONE (Chernobyl, 26 aprile 1986)
Che ne sapevano i fiori della morte improvvisa
annunciata dall'arrivo di una nube grigia,
gli ingenui boccioli vestiti a festa
nella marcia funesta dell'incoscienza?
Volevano cantare uniti alla folla
fiorita tra le piazze del primo maggio,
abbellire i volti delle fresche fanciulle
posando sulle guance le loro corolle.
Per neve prendevano quella cenere
aleggiante nel riverbero delle scintille,
ignoravano l'odore del tossico fumo
sprigionato dallo scoppio, dall'essenza del nucleo.
Profumavano di gioia negli ultimi istanti.
Che ne sapevano della vita i secchi petali
caduti tra le lacrime sulle mute tombe,
adagiati sui marmi delle fredde lapidi
sbocciate alle porte della triste Chernobyl?
Addobbavano le orme della distruzione
scatenata nei giorni di primavera,
accoglievano le salme delle ragazze
annientate tra i raggi dell'eterno sole.
Ingiallivano storditi da un breve urlo.
Izabella Teresa Kostka, 2017, tutti i diritti riservati
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