Da bambina origliavo il tuo transito
di serafino in volo dal mattino
alla sera. Nell’onda il tuo balletto
correva senza pensiero, né contesa.
Io, te e la lepre nel campo. Io, te e l’assiolo
sul gelso. Io, te e la rana nel fosso.
Che compagno devoto. Che quieta
corrispondenza. Che mondo possibile.
Che stellata frontiera.
Di colpo, in un torto mattino, nudo
hai issato il tuo grugno di gattomammone.
Con il villaggio migrante, diviso,
- case e campagne allampanate -
ti sei fatto tutt’uno. Spezzato hai
il ramo dell’intervallo assopito.
Spezzato le ossa, la vita già poca
di molti. A me una perfetta misura
di sapere inquinato e di piaga.
Ora che del tutto sei compiuto in me,
o mio tempo, ora nella fosca natura
di un dedalo infinito, invano chiedo
ove si volge l’esistenza
neve scagliata a singhiozzo nel vento.
(2008)
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