La città è il luogo del tempo fermo,
un docile frastuono di mete
dove nessuna illusione conosce l’immensità.
E’ una madre che nutre distanze,
stretta nella sua pelle indifferente
odora di immagine riflessa
come l’inutile gara per non essere soli.
Come quando è sera e le vetrine
si ungono di vestiti.
Come l’abitudine della fuga
quando sostiene che i lampioni
sono solo l’ombra sfatta della corsa.
In nessuna porta sa di avere profondità,
vestita di cemento trova nei fiori
solo una distratta generazione d’aria.
Mentre alcune luci piangono confini
sapendo di non avere nessuna alba da difendere
e le auto calate d’asfalto
vivono il muto vagabondare della notte.
La sua assenza è la strada,
un cumulo di passi troppo veloci per durare.
Ma verrà la pioggia e sarà quieta
e per un po’ spartirà la sua acqua.
Così le stelle in un altro giro di sosta,
nelle deboli preferenze del sogno.
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