Non vuole morire lo scandaletto sul principe Harry, terzo in linea di successione al trono d’Inghilterra.
Come ormai sa mezzo mondo, il secondogenito di Lady Diana era a un festino privato a Las Vegas in cui stava giocando a “strip-biliardo”: chi perde deve spogliarsi e lui era nudo.
Quella notte era in una suite con alcuni amici, un nugolo di party girl in bikini (ma con cellulare) e quelle distratte (o ubriache) guardie del corpo che, incaricate di sorvegliare il rosso aristocratico, dormivano in piedi. Lo scapestrato figlio della “principessa del popolo” sta dimostrando da tempo di essere degno discendente del suo casato.
Prendiamo la prozia Margaret: moltissimi amori, prima, durante e dopo il suo matrimonio e, a 43 anni, si trastulla ai Caraibi con un ragazzo di 25. La zia Sarah Ferguson, in topless, si faceva fare lo shrimping (succhiare l’alluce) da un aitante texano e - peggio - prendeva denaro da imprenditori che volevano conoscere il principe Andrew, cioè il suo ex marito.
Harry è gaffeur come il nonno Filippo, che però non si è mai travestito da Nazi per una festa, come lui, ma nell’uso di parole gergali razziste come “paki” per designare un commilitone pachistano, lo ricorda. E che dire di papà Carlo e le telefonate intercettate in cui fa lo sporcaccione con l’amante Camilla?
Ma forse il principino era solo un ufficiale dell’esercito in vacanza a Las Vegas: ha combattuto in Afghanistan (e ci tornerà), fraternizzato con gli atleti alle Olimpiadi di Londra, fatto con onore il suo dovere durante le cerimonie per il giubileo della nonna Elisabetta e ha la voglia di sfogarsi di un 27enne.
La nostra “pecora nera” è umanamente generosa come Diana e come lei molto amata dal popolo, come dimostrano le foto su Facebook dei soldati britannici che si sono spogliati (quasi come lui) in segno di solidarietà. Ora che il tabloid Sun ha rotto l’embargo che vieta la pubblicazione di foto imbarazzanti della famiglia reale, tornano in auge scatti e gossip.
Nessuno discute l’onere di comportamenti ineccepibili in pubblico per chi guida o rappresenta la nazione, ma c’è una questione più profonda da dirimere: chi ha responsabilità di Stato, aristocratico o politico che sia, ha l’obbligo di essere più morale, retto, immacolato del resto dell’umanità in privato?
Molti pensano di sì, ma è un atteggiamento talebano, inconsapevole forse, ma sempre un automatismo ipocrita da respingere. È assimilabile alla convinzione che le sole femmine debbano portare la cintura di castità. Siamo nati tutti uguali, con pulsioni alte e basse. Che si sia eletti o che si erediti un titolo restiamo parenti stretti del resto dell’umanità: con il libero arbitrio si sceglie come (e se) seguire le regole sociali o religiose nella vita privata.
È ovvio, in pubblico è un’altra storia. Se, però, questo diritto alla privacy è violato da pretestuose cacce all’untore, o da foto rubate e vendute ai giornali, chi è il vero laido? L’essere umano troppo umano o chi sta con l’occhio incollato al buco della serratura? Pretendere una condotta esemplare da chiunque nell’intimità del proprio salotto, bagno, alcova, è bigotto, discriminatorio e moralmente grottesco.
Giustifichiamo i nostri porci comodi e censuriamo chi non appartiene al nostro club. Sono di sicuro parole al vento, poiché il comandamento più praticato è quello del doppio standard: «Fai come dico e non come faccio».
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