Quanti sensi hai? Me lo hai chiesto,
e quante le dimensioni del tempo
se basta scrivere, per infiltrarsi
in un passaggio segreto, in uno snodo
confuso di ritardi e anticipi
sull’istante che sarà. E quale senso
può avere la scoperta di un frammento
d’assurdità nello squarcio del velo
del crono a una sola direzione,
nella linea spezzata in un anfratto
a tutti sconosciuto? E’ il tatto,
l’udito, la vista e il gusto, l’odorato,
poi il nulla che ho annusato
e l’idea che è tutto giusto e a posto
chi ho conosciuto e chi amato
nel luogo che ci è stato assegnato
nel tempo imposto dai sensi
e il sogno avverato nelle stanze
magmatiche dell’errore involontario.
Si, ti ho chiesto dei sensi
e delle cose sconosciute,
di un capoverso e del nulla
che a volte non abbandona
e l'abbonamento alla vita
chissà quanto costerà in futuro,
saremo biglietti vidimati
strappati all'uscita del canto
e se andrà bene dimenticati
come l'insofferenza di Van Gogh
alla disperazione e alla sofferenza.
Come lui ci ritroveremo nell'autoritratto di uno scatto
e avremo i colori ad olio a disposizione
per far comprendere come abbiamo dipinto le ore
degli scavi dentro di noi,
i ritrovamenti casuali dati dall'alchimia
conosciuta come magia
e se scaveremo ancora più a fondo
forse poi non sapremo più da dove
eravamo partiti, se da un continente
o dalla sua nebbia
ma non avrà tutta questa importanza
se il risultato sarà che ci siamo
davvero perduti.
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