(Dal libro "Imàgenes Trasmundo")
Verrà il giorno che quell’uomo si alzerà,
ben vestito, col fallo mozzato;
aprendo le tende di biancospino,
ascoltando gli abeti bruciare;
annusando l’amaro odore di sangue
che percorre le strade stellate dell’universo,
mentre le tarme divorano i suoi capelli,
mentre i rospi sputano sui suoi occhi;
quell’uomo si alzerà –
ben vestito, col fallo mozzato – e
urlerà:
<<Basta!>>
e sarà il giorno
che
il liuto sul ventre della cavalla si apra
come un melograno maturo e divori se stesso,
che
il colombre argentato azzanni l’orizzonte per
scardinare le sette porte e
lasciare che la loro voce si innalzi
a baciare le alture di Machu Picchu,
che
il vulcano, figlio della collera d’Eva,
riprenda a piangere sulla meridiana
del Tropico del Cancro,
e che l’incompleto
azioni il rubinetto antartico cosicché
il monsone CO2 sciolga l’emerso
defluendo nell’urna notturna del cosmo,
vagando sul coccodè del primo giorno.
Rimarrà ciò che si dice che in principio fu:
il niente.
Lo sappiamo Michelle:
bravi ad evitare le buche,
molto meno nel coprirle.
Lo sapevano i treni a vapore nello Yucatan.
Lo sapevano i bambini
nelle fabbriche di Londra.
Lo sapevano gli scoiattoli
intorno a Chernobyl.
Lo sa l’ecosistema amazzonico
distrutto dalla soia cinese e
lo sanno a Linfen e a Mailuu-Suu col cancro
e l’arcobaleno color piombo patinato.
Lo sapevamo a Tokyo, lo sapevamo a Copenaghen;
lo sappiamo perché ci conviviamo. Punto.
Nessun assolto. Punto.
Tutti imputati nel grande processo
contro la vita:
uomo contro natura,
uomo contro uomo. Punto.
(C’era cu c’era)
Le promesse hanno fatto rima con le menzogne,
l’indifferenza ha creato uno spazio sufficiente
per renderci amebe vittime,
la tecnologia ci ha illusi
giocando con le parole:
male maggiore con male minore, perché
è semplice credere di essere onnipotenti,
perché
è facile attendere un tempo più rigoglioso,
perché
è onesto recepire un guadagno da un omicidio,
perché
lo sappiamo Michelle
che la pratica meno dolorosa
era quella di non pensare a ogni conseguenza
perché
è semplice rattoppare il presente,
perché
è facile trovare qualcosa su cui scaricare le colpe,
perché
è onesto essere moderni avendo un computer
al posto del cuore e trecento chili
di pollo avariato nel mega frigo
a sensore ultrasuoni.
No Michelle, nessun assolto.
Cadremo tutti nel nostro cilindro rovesciato
e annegheremo nell’acido da noi sputato
per secoli e secoli
come alcool sul fuoco,
come scusa per il freddo.
Riscalda la minestra,
alleviamo i nostri dolori
con un po’ di Malox
e fugaci segni a croce,
ma la febbre ustiona la crosta spellata,
la febbre cinge
le ossa esili dell’ulivo
tremano le foglie,
e trema la terra a ogni straziante squarcio
di tenebra che si schiude
dal centro del sinedrio
dove si pone la firma dell’ultimo atto.
E potrai piangere quanto vorrai,
ma non ne usciremo più, perché
ci siamo prefissati di non chiedere mai scusa;
perché le bombe hanno necessità di mangiare,
come l’uomo, i robot, la rapidità.
Lo sappiamo Michelle
rimarrà ciò che si dice che in principio fu:
il niente.
Allora, ti chiedo un ultimo favore,
prima di salpare sull’eterno battello
del felice occaso:
balla.
Balla fino a quando
ti si scuoino la pianta dei piedi
e non ti baceranno la carne cruda.
Balla.
Balla fino a quando qualcuno scenda
dal suo piedistallo di zinco cromato,
a dirti:
<<Oggi si può stare peggio,
non siamo tutti uguali.>>
Balla sui maiali viziati e le vacche sacre
davanti a donne avvizzite che chiedono elemosina.
Balla sopra le guerre e i suoi giovani cadaveri.
Balla intorno alle discariche d’amianto
con smorfie e gesti di derisione.
Ridicolizza il male, rendilo banale
con le tue movenze insignificanti,
fammi scompisciare dalle risate
per la merda che placidamente ci vive vicino.
Non avere vergogna (come Noi),
non avere pudore (come Noi),
non avere rimorso (come Noi).
Ridicolizza come tutti fanno
con tutti e con tutto.
Renditi stupida e felice (come Noi).
Balla.
Balla e concludi quello che puoi
perché
no, non ne usciremo più -
prefissati come siamo a non chiedere mai scusa
e di non pagare per i delitti commessi.
(A cumbinzioni futti a genti)
Lo sapevamo Michelle:
la natura fa il suo corso:
con o senza interferenze,
con o senza conseguenze. Punto.
E allora balla.
Balla e concludi quello che puoi.
Balla e resisti
fino all’ultimo sospiro,
fino al primo scricchiolio,
perché
quell’uomo si alzerà –
ben vestito, col fallo mozzato – e
urlerà:
<<Basta!>>
e sarà il giorno.
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