Bohumil Hrabal è giustamente ritenuto uno dei più importanti scrittori cechi contemporanei.
Nato a Brno nel 1914 e morto a Praga nel 1997 testimonia nei suoi scritti lo spirito malinconico di questa terra.
Nella sua vita zingaresca praticò mille mestieri prima di approdare a quello di trascrittore, come si autodefiniva, perché le sue storie rudemente ordinarie sono assorbite principalmente dalla vita di birreria.
N’esce uno stile originale, fortemente basato sull’oralità, le chiacchiere e i monologhi da ubriaco.
Il racconto, ambientato nella Boemia del 1945, in perfetto humour agrodolce, come vari piatti della cucina locale, è veramente spassoso.
Milos, incasinato ferroviere con una famiglia di singolari personaggi, è affetto da eiaculatio precox.
Umiliato nella propria virilità, tenta il suicidio, ritorna al lavoro ma sempre col tormento fisso.
S’adopera per un’azione partigiana di sabotaggio di un treno militare tedesco, conosce fugacemente una bella e disponibile attivista e finalmente dimostra la sua mascolinità.
Detto questo, parrebbe la solita insalata di lattuga. No! Perché l’importante è il condimento e gli ingredienti accessori.
Il condimento è quest’ironia, che ha prodotto testi esemplari come “Il buon soldato Sveik” di Hasek.
Anche le pagine più meste sono leggère e riescono a far sorridere.
Il nostro “eroe” è teneramente accompagnato tra le vicende; chiederà aiuto per il suo problema, persino alla moglie del capostazione, fino all’innocente dichiarazione di verginità alla bella staffetta.
Il tutto con una visione della sessualità candidamente primitiva.
Imperdibile l’interrogatorio, da parte del burocrate di turno, del collega, reo d’avere interamente timbrato e fotografato il culo della prosperosa telegrafista.
Questo libro, dal quale è nato un bel film in bianco e nero, vincitore dell’Oscar nel ’67, introduce alla conoscenza di un agire diverso dal nostro abituale, dove pure nel finale scalognato, non c’è la minima traccia d’odio verso il nemico.
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