Pubblicato il 30/01/2017 11:13:19
Affido qualche acerbo verso madido d’animo mio, a questo foglio terso, leggero come un brusio.
Nell’uggioso mattino di marzo trascende la pioggia il silenzioso sollazzo della mia penna e la sua regia.
Fecondo di cieli distanti, arrese alle forze motrici, s’adagiano parole palpitanti: d’emozioni non sono attrici.
Freme la giovane primavera nel grembo della terra dissetata. Ancor riversa la pioggia altera sulle distese di campi e d’acqua salata.
Volubile e ostinato fremendo più forte avanza marzo! Che d’ogni immaturo prato tesse raffinato il primitivo arazzo.
Arcani ologrammi si svestono su nudi sentieri di ricordi. Ambiscono al risveglio lor che odono il rumore dei germogli in giulivi raccordi.
Nacqui nella grandine del mese burrascoso. Spogliato d’ogni redine richiamò il fuoco ombroso.
Nacqui nel profumo di mimosa, che desta la traccia originale della Primavera vanitosa. Lieve la nostalgia ancor m’assale.
L’infanzia dai verdi prati, i giochi, le cadute, i voli e ancor più cari le nitide immagini dei volti amati son ricordi dolceamari.
Disegno adesso con il vento, che spinge oltre le soglie questo ricordo lento. Dolce il pianto qui si scioglie.
Naiadi all’ombra selvosa di fronde, s’inseguono in suadenti richiami, scomposte, il pensier le confonde, finché si stendono in corvini ricami.
E compiuto il loro sfuggente percorso, come fiumi dall’impetuoso corso, riposano pregni d’eterno, riversando dal cuore all’esterno.
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