Pubblicato il 28/01/2017 12:50:28
Pilastri di sogni, le favole. Vuotate del pragmatico abito del vero, indossano il velo della pretenziosa illusione. Fingendosi solidi cedono sotto il loro peso, mentre un abile mietitore ne falcia il gambo col suo braccio teso.
Demolitrice son io con questo braccio: ho cullato quell’idea al suon d’un canto di sirena, che l’ha divorato; annegato nelle viscere di un mare di facili naufragi e dure risalite, di conquiste e cedimento, privo ormai della gioia che animava l’autentico fermento. La paura di affrontare, la paura di cadere son ladre di quel tempo che il passato, poi, trattiene nelle mani ignare e pregne di ricordi, rammarichi e rimorsi. Non incedere in errore un’altra volta. Fisso nella mente il sogno del mio passato e del presente che, rincorso dal tempo, inciampa nel suo vestimento. Un inganno più grande di quell’illusione che vestiva di vero la vecchia passione.
Superstite cariatide del mio tempio, quell’idea e il suo turbamento. Idea disillusa o favola antica, che, bagnata dal sole, riprende vita.
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