Progenitore e discendente
di me stesso, termine fisso
e albero maestro, mi avvolgo
nel baleno che non si siede
e si ripete. L’arcano sono
che l’intelletto umano d’intendere
non cede. Sorrido allo scroscio
di miti e mausolei eretti
sulle vette del sapere
meteore nel ramingo cocchio
della scienza e senza attrito
sul congegno del mio potere.
In caratteri di granito
e a franche sillabe di brace
fabbrico l’imperativo presente
nell’ampolla delle piccole cose
largo quanto un solo respiro
o il canto di un mattino.
Ti nomino pastora
del gregge a dondolo delle ore.
Ciò che in sorte ti ho dato,
hai tessuto e smarrito,
oggi in barocchi ghirigori
giace e si legge sul tuo viso.
(2008)
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