Pubblicato il 08/04/2018 22:30:27
'Lo zoo di vetro' il nuovo spettacolo di L.A.A.V. Officina Teatrale - Via Vernieri, trav. Incagliati – Salerno.
In collaborazione con Puracultura mediapartner www.puracultura.it - comunicazione@puracultura.it cell. 339.7099353
Al Teatro del Giullare - giovedì 12 aprile. Repliche: venerdì 13 e sabato 14 (h. 21) domenica 15 (h. 18,30). Info e prenotazioni: 377 9969033 – ufficiostampa.laav@gmail.com.
'Lo zoo di vetro' dramma in due atti di Tennessee Williams nella traduzione di Gerardo Guerrieri vede in scena Antonella Valitutti, Emilio Barone, Gianni D’Amato, Marina Napoli e Valerio Elia, ha la regia di Licia Amarante e Valerio Elia. Scenografia di Monica Costigliola ed Angelo de Tommaso, costumi Gina Oliva, foto Fulvio Ragusa. 'Il dramma è memoria, quindi irreale: la memoria si concede molte licenze poetiche, omette particolari e altri ne esagera a seconda dei valori emotivi degli oggetti sui quali si posa'. Lo spettacolo inizia e finisce con le stesse parole, con la stessa immagine: il riflesso di pezzi di vetro. È un singolo istante che penetra con forza nell’Io di Tom e vivifica il ricordo del suo passato familiare, quello da cui è fuggito.
Prende forma una dimensione psichica entro cui è il protagonista stesso a ricostruire il ricordo, a plasmare la proiezione di un mondo che non è quello reale, ma quello vissuto: l’immagine della sua casa si distorce fino a ridursi alle trasparenti geometrie della scenografia entro cui vivono non personaggi, ma fantasmi artefatti di un passato rimosso, mai del tutto. Un padre la cui assenza si fa palpabile, visibile, che domina quel che resta delle relazioni domestiche penetrando in altre forme nella vita della famiglia che ha abbandonato. Amanda, una madre asfissiante, legata all’illusione di ciò che le rimane; Laura, una sorella bisognosa di un affetto troppo più grande di quello che Tom può darle. È Laura il centro di tutto, è lei che costruisce quel mondo simbolico fatto di piccoli animali di vetro, che riflettono identità frammentate, riempiendo la scena di una ambigua vitalità.
Da non mancare.
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