Vi aspetto. Vi aspetto proprio qui
a casa mia, della culla stellata
nei cieli d’oriente beati sapienti.
Vi prego, venite, vi aspetto
giovedì. Non potete sbagliare.
In un occidente senza chiavi
per decifrare eventi, in una città,
antica sposa d’antico mare,
sta la mia grotta vinta dai venti.
Sopra non c’é alcuna stella.
Come una belva vi rugghia la bora.
Candele vi accendo numerose
più dei giorni. Alberi cresco e rose
e leggende e rare stelle di mare.
Maree e pleniluni coltivo
e fiori di lontananza pungenti.
Sull’entrata ho steso parole
e promesse e da ogni angolo arruffato
mi guarda il mondo. Non manca alcun volto:
chi ancora mi è compagno e amico,
chi ha in petto note d’amore,
chi non ce la fa e non si difende,
chi, muto, vorrebbe parlare,
chi se n’è andato e non fa ritorno,
chi lotta la vita, chi dolente
una vita agra ha lasciato.
La notte dormo un po’ e poi veglio.
Se un ospite arriva inatteso, penso,
dove va se trova il ciocco spento.
Vi prego, venite. Di non molto
ho bisogno. Mi basterebbe
incrociare il vostro sguardo in sogno.
( gennaio 2005)
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