Quella patina ghiacciata
sul furgone bianco parcheggiato
mi fa ricordare della mia solitudine,
inevitabile, come inevitabile
è l’arrivo dell’inverno.
Tengo più stretto a me l’ampio giaccone,
ma dalle narici mi entra questo gelo,
che cristallizza
i miei organi interni e tutti
quest’altri oggetti in qualche modo utili,
appoggiati fuori,
in questo immaginario mondo.
C’è un bocciolo di fiore a grappolo,
rosso vermiglio, tra i rami
grigi e bianchi di quel piccolo albero nudo;
vorrei spogliarmi anch’io, di tutto, anche
dei minuscoli quotidiani orecchini,
anche delle unghie crescenti, cosicché tu
potessi vedere solo
il grumo rosso del mio amore,
pulsare ancora vivo,
e forte, come
il cuore d’un
sopravvissuto.
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