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Raccolta di poesie di Klara Rubino
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Per chi volli raccogliere Tutti i fiori vi sono di sangue e di lacrime Per chi, per chi, questa lirica nuova,
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http://ebooks.unibuc.ro/filologie/derer/lucini/perchi.htm
*
Attraversò il mare oscuro
e la trovò; adesso
le accarezza la giacca
perché ella sta andando via
stoffa con ferocia attraversata
da parte a parte dall'estate!
Di notte esplodeva di note
un'arietta profumosa,
nell'aria, ancora.
Questo non è amore.
È amore per la vita.
Che ogni morte sia così?
Vibrare tra corde tese
un estatico Goodbye...
*
Fu così che su quel Pensatoio,
inseguito dal glicine rosa
petali ai piedi, il cielo cosparso
di schizzi neri, orientati al
Mar Tirreno, azzurro, rapidi, al di là
dei castani minuti, lumini nei campi,
il mio amico Hermann mi propose un libretto
bianco
ed una penna a stilo.
Sotto la ruota insieme, insieme,
quante parole avevo
sulla punta delle labbra... anch’io
presi un treno un giorno
per andare a finire a fare l’amore
con lo sconosciuto,
mentre un altro restava a casa,
preoccupandosi da sè.
A largo, nel lago
cupo, denso
mi lasciai scivolare.
Attraversai un labirinto di specchi,
allenandomi intanto a giocare
con le sue perle di vetro.
Scopersi una compagnia ineffabile
instabile la poesia irascibile che si impone
come una distesa di papaveri al tramonto tra il frumento.
Crescono prosperi all’ombra del mio petto, sotto,
occupando tutto il mio stomaco.
Allora ecco
Sacra Notte, giace il mondo
spira profonda malinconia.
Brevi gioie, speranze vane
lontananze della memoria
vengono, in grigie vesti
come nebbie, dopo il tramonto
prossime
si presentano
parenti, appaiono
perenni, scompigliano i contorni
liberi pascoli
tra le ordinate coltivazioni.
Fu così che su quel terrazzino
inseguito dal glicine rosa ebbi
petali sui piedi il capo cosparso di cielo;
al di là dei monti castani e dei minuti,
come lumini sepolti nei campi, sementi.
Il mio amico Hermann mi porse un libretto
bianco ed una penna, un calamaio.
Prova, prova anche tu, scrivi,
scrivi anche tu. Hai visto?
*
Ho imparato a respirare
senza il cielo.
Non credevo fosse possibile
e invece sì. Basta andare
sottacqua
in un mondo ovattato, dove
difficilmente
luce entra.
Circondato da creature
assurde
e grottesche. Cambiano colore
e forma a seconda
della circostanza.
E non voglio risalire in superficie: è qui
che ho perso la mia penna.
L'ho persa,
quando
...un bambino passa, è bello e
non glie lo dico; quando
non voglio più
avere caldo.
Amen.
Resto giù e non parlo.
E cancello
una parte di me, come se
mi cavassi gli occhi,
per non riuscire a reggere
il peso dell'aria,
per non ricucire il pulviscolo.
Quanti tu
ho lasciato per strada
come piccole
fitte
grosse, gocce di pioggia
sul vialetto d'asfalto d'un parco,
io cittadino.
Si asciugheranno, sciolte già
non resterà alcuna traccia; Addio.
Un amo è sospeso.
Ammicca l'uncino.
Fende immobile la lenza lo spazio esterno,
senza raggiungere il limite aperto del tempo.
*
https://youtu.be/3Ie0IBlyjxk
*
Mentre Dio soffia da sinistra
l'uomo se ne va remando
placidamente a destra e dice
che lì l'ha spinto Dio
ma chissà se esiste davvero
nell'aldilà, la direzione!
*
Nel mezzo del cammin di nostra vita
Alla fine del volo di vostra morte
mi ritrovai per una selva oscura
vi perdeste, al di fuori di una landa, chiara
ché la diritta via era smarrita.
ma la strada, anche se curva, non aveste abbandonato.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
Che ci vuole a tacere della semplicità di
esta selva selvaggia e aspra e forte
questa landa nuda dolce e mite
che nel pensier rinova la paura!
che, nel riviverlo, non ne avreste paura alcuna!
Tant’è amara che poco è più morte;
Molto più che nettare, amabile è la morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
quindi non avreste potuto narrare del male che non vi trovaste
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.
e di tutte le altre cose che non vi si manifestarono.
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
Sapete senz’altro ridir di come non vi entraste,
tant’era pien di sonno a quel punto
tanto vigili foste in realtà in ogni atomo
che la verace via abbandonai.
che quella meta, falsa, trovaste.
*
https://youtu.be/boNOrM9gRbw
*
Terreno di terrore:
Estremisti islamici
Reclutati via wi-fi nell'appartamento accanto
Ricordarsi sempre che sono pronti a morire
Osannati da mitra innalzati al cielo, ma inneggianti al deserto
Riposa
Incoscienza chè
Se ho una coscienza allora affermo
Mio è il terrore, come ogni altro sentimento, ne
Ostracizzo la manipolazione.
*
Pulviscolo di spilli,
Una fitta nebbia di
Dolori perplessità, angosce
E le nuvole emergono appuntite come
Scuri scogli. Ma...
Sulla tovaglia c'è un'arancia.
Sulla tovaglia c'è un'arancia di
dolori perplessità, angoscia e
una fitta nebbia.
Le nuvole emergono appuntite come
pulviscolo di spilli e uno scuro scoglio
briciole e pagnotta avanzate.
Sulla tovaglia c'è un'arancia,
una fitta nebbia,
pulviscolo di spilli, dolori perplessità angosce,
scuri scogli
Anu ne è coinvolto, s'infrange
e piange, piange
Cautha lontano splende e giace
col volto tondo, d'un rosa arancio
scuote la tovaglia blu,
Cautha dal volto perfetto...una
rosa, di felicità e angoscia.
*
E’ struccata e porta il velo una mamma.
Non parla molto ma sorride spesso
con attraente pacatezza.
Dai hai l’auto, mi dice, lo zaino, lo zaino
dimenticato abbiamo!
Risalgo, inversione
Schizzo, zompo
sul dosso, prendo larga
la curva; ritorno risalgo
riparcheggio, corriamo.
Le mani sul passeggino
la vedo in fila
intima pacatezza! Forse
vorrebbe che io non la vedessi
attraente rassegnazione?
alle scale della Caritas Diocesana.
E sua figlia la ricordo composta e curata,
l’accompagnai ad un compleanno
di ritorno, alla sera
non ci fecero salire in casa.
Mancava anche il citofono
o era rotto; so che
al volo intuì il perché.
Di pacatezza un velo
da lontano in controluce all’improvviso
ho visto travestire
l’ intima rassegnazione
nei docili occhi
di una madre, come me.
*
I fiori hanno annullato il tempo nostro,
perché si limitano ad esistere.
Due colori sciolgono il contrasto
per un’armonia più grande ancora.
Ma c’è sempre un fruscio, un vocio
un flusso, lento, un suono, un ondeggiare
piano a creare, dal principio, appena
a focalizzare ogni elemento, ora
nel suo essere distinto, dal resto
e cangiante nuovamente e per sempre.
... un principio maschile, ché attivo,
disturbatore è della quiete!
*
Ogni cosa mi commuove
se la penso, a te pensando
anche il segno bianco reso
dal reale nibbio, schivo
(in realtà un piccione)
sul mattone popolare
Sarà che quando davvero ti penso
nel seno ti sento scorrere dentro.
Ma ti amo, che sia questo?
'sto prendersi tutto chè
il reale nibbio, l’amore,
deh vorace se ne appropria,
quindi mi nutre, affondando,
nelle vene, il becco e il tutto.
Un ramo bruno trafitto da un raggio,
trasparente il fogliame nella luce,
deglutisco, tra brividi e frescura,
inforcando sospiri di calura.
L’aquila l'io afferra sull’alcova
veleggia al sole l'ombrosa dimora.
*
Perché lo riconos
Perché lo riconosci
Come l’anima il suo corpo
E’ così che la forma di una poesia
Veste la sua ispirazione
Un corpo nudo esiste già
Ma io lo rendo visibile
Godibile a tutti
Anche denudabile in intimità.
E posso aggiungere un gioiello
Togliere un monile
Accorciare l’orlo
Fino a dire
Guardandola allo specchio
Questa poesia leggendola
E rimirandola
Così è perfetta.
Questo Essere Poeta è questo
Creare
Non è un arbitrio
È il riconoscersi.
Allora io dico che questa rosa è composta
Da molti ampi petali celesti
Il gambo sarà blu
Poche lisce spine spesse e acuminate
Parrebbe essere una rosa pericolosa
Invece so che contiene il sole. E porta il tuo Nome.
Perché lo riconosci
Come l’anima il suo corpo
Un corpo nudo esiste già
Godibile a tutti
Anche denudabile in intimità.
Fino a dire Così è perfetta.
E’ così che la forma di una poesia
Veste
Ma io mi rendo invisibile.
visibile.
*
DAIMON POETICO
È uno spirito maschile
Che si nasconde in
Una femmina trama
Una possessione
E rinnegamenti
Lo senti?
Diamante
Tra nera sabbia
Mentre la lava affonda
Nel freddo, nel blu.
Adesso
Se chiudessi le finestre e tornassi da te,
Sul dorso d’ un delfino bello
Col tuo caduceo alato?
Ci inargenta!
Che romantica è
Questa pioggia
Cessa, poi torna
Ha lustrato perfino
Le piastrelle del giardino
Incessante
Respira
Irredenta
Respiro,
Di nuovo piano, fino
All’ Origine e
Scioglie i ginocchi
Traduce il logos
Nel canto degli occhi
Ah che nasca, e
Lunga vita abbia,
Nel mare
Sophia, la burrasca!
Oh mia Ermafrodite,
oh ErmesAmore
Come ballano le margherite
Nell’ebbrezza del cerchio,
abbeverandosi al rischio
d’un concitato languore.
*
Un tonfo
vano...
C’era un volta una bambina
Lo squallore e la pornografia
Un tanfo
Immenso.
E l’isola di Santorini
E le vele di Scampia
Un tuffo cavo, mentre
La madre allatta al seno
La notte dell’anima.
L’adolescente vomita in bagno
L’aurora boreale.
Un tonfo profondo.
Un tanfo vano.
...E' caduto dalle mani
Il libro delle fiabe
Aperta resta la ferita
Scarabocchiata.
*
*
*
I fiori di lino,
il tuo sorriso, ma che sorriso
riempie di polline
E’ Seno e coseno
Quel buon umore e il
Mio orgoglio di felicità.
Questa strada prende
Una piega magica
Curva in salita, come
Il tuo sorriso, ma che sorriso!
Oh tu sei il mio Nilo
Trascini arcaici pensieri
Detriti, che si polverizzano.
Benefico limo,
Mi hai lasciata,
Per affrontare il deserto
Che severo ancora, guarda.
Ti ritroverò biancheggiante
In un estuario dai dieci rivoli azzurri.
Sentiamo entrambi
il richiamo
Del Mar Mediterraneo.
E’ un implacabile sommovimento
Che non rinnega l’intenso freddo
Delle viscere intrecciate.
*
*
La curvatura dell’Iris mi ricorda
Il risvolto a foglia della panchina
Un giovane sporco gatto tigrato
Un calzino bucato una bambina;
Vorrei che la pioggia scrosciasse
Tutta in questa brocca
Leggera come te o quattro veli,
O il fragore della mia risata nella tua bocca;
E che la ruga al centro della fronte
Cantasse, selva, incisa al taglio
Di quel monte dal profilo simile
All' adorato viso oltre il Paradiso!
Ammorbidisciti, dunque,
Schiudi le labbra, se vuoi fare l’amore,
Come aprire le ali a ricevere sole,
Al casolare, le mani alle braci, aprire.
Come spezzare le maglie della catena
Ritrovarsi scalzo, nullatenente
Correre, correre, correre
Col vento, che dallo sfinimento
Ti solleva guance, t'eleva gambe
Affinché come la china dietro carta
Velina, l'anima scompaia alla sera,
Riappaia birichina, traspaia di mattina;
Ché l’anima non è mica matta!
Mai si chiude, vuoto è il suono
Di queste scatole adorne, dipinte
Mal sigillate; sai sembran di latta!
*
https://youtu.be/52g_JOygLAw
*
Noi siamo etruschi o vero non è, babbo?
Abbiamo argilla negli occhi, nel sangue
E nel cognome che, pseudoartista,
Per lo pseudonimo mi sono scelta.
Stasera argilla tinteggia il cielo,
Col tè bollente a scaldare le mani
Ascolti poesie davanti al fuoco,
Palpebre basse; ti mordi le labbra.
Se tornassi indietro, nel tempo, fino
Alla stipula del contratto vita
Con Dio, sceglierei ancora te padre,
Sempre esigerei la stessa postilla
"... la medesima argilla a noi riserva;
simili ossa dacci! E ora… e daje, sputa! ”
*
*
Mentre te ne vai
Sempre più giù,
Minuscola, individuale
Goccia d’acqua
Picchiettando ogni cosa
Per infrangerti,
Ché sei pesante e liquida
Come te divento umida e umile,
Fanghiglia, rivoli scappano,
una fuga disperata, incontro a
Fognature e ratti,
Confluisco al fiume e poi
Giù, ancora giù fino all’ uno, il mare
L’immenso.
Allora torniam leggere
Ed aereiformi siam pronte ad
Abbandonare egoismo e
A …
Adesso io sono
D’acqua molecola incarnata
In un fiore di pesco
Odo e godo, sento
Un soffio di vento spostare
I petali rosa tra i miei capelli castani:
Sto bene!
*
LA RONDINE E IL POETA
Ritornare (acrostico)
Rondine timida, sola soletta
Indaco piume a scrivere "cambiare"
Temporeggi ancora? Temporaleggia!!!
Oltre il monte Amiata t'involasti,
Rosee albe son corona d'alloro,
Nascosta tra l'oro di alti canneti
Ascolti musica… da un’ autoradio?
Riposa il ventre chiaro, le ali tendi
E affidati al gran maestro: il Grecale...
Ritornare
Le case grigie le bigie strade
Ritornare, ai vecchi quartieri,
Il municipio, chiamato Castello
Il piccolo Teatro, finalmente restaurato.
Ritornare a varcare del Duomo, il massiccio
Portone e ritrovare il quadro, dietro l’altare
E il ritratto laterale dell’amico Perugino,
Dallo sguardo scuro e l’ambiguo viso.
Ritornare al Belvedere per ululare alla vallata,
Come quando riecheggiava il latrato del cane;
Passar davanti all’ospedale, evitandone i ricordi,
Fino al bivio della Madonnina
Che è sempre d’uopo salutare.
Ed infine risalire
Lo sterrato viale, tra radici
Di snelli cipressi e tozzi pini, ecco il cielo
Già si tinge di sangue e di lacrime blu.
Ritornare, ma
Implacabile, nella cripta
Un ragno continua a tessere.
Sbaglia chi crede (due terzine conclusive)
Sbaglia chi crede di essere solo una parte,
Perché siamo sempre una parte del tutto.
Questo al poeta insegnò la rondine
Sbaglia chi crede che si possa ritornare
Si può solo cambiare, allo stesso luogo.
Questo il poeta insegnò alla rondine.
*
https://youtu.be/LQU1E8pzMSA
*
https://youtu.be/kkvYaBsNZtU
*
L’umiltà è un terreno bruno,
fertile, umido
e morbido, ivi prolifica la vita,
salendo
germogliando, sbocciando
e appassendo si disperdono
effondendosi vènti
di vénti profumi e colori
come dal vaso di Pandora
così colori tingono le pupille dell’anima
anche il re degli Dei
ammansitosi come maestoso Leone
nella nera savana
è costretto a guardare
a donare un bacio di calore
quella speranza che ti fa
clorofilla
negli occhi a
navigare.
*
https://youtu.be/V9N64GykIpE
*
Ho provato io, già,
C'ho provato io, ma non
Riesco, non ci riesco
Ad abbracciarti!
Una nuvola
Una pozzanghera
Una musica
Una campanula scossa
Sei mai riuscito ad abbracciare?
Una spiaggia
Di cenere un granello
Una cascata d'acqua montana
Un rivolo di cioccolata calda
Sei mai riuscito ad abbracciarmi?
Disperatamente ho tentato io
Sbattendo all'indietro la testa contro
Il muro.
Ma come si fa ad abbracciare la grazia
Dell'Essere-Artista?
*
Ema: Poesia da passeggio
Io: inserita nella retina del passeggino
Ema: Libretti, non pesanti tomi
Io: ché sbilanciano, meglio evitare
Ema: Poesia a colazione, poesia a merenda
Io: una poesia di prosciutto insomma!
Ema: Poesia di strada, poesia facendo l’amore
Io: o in tram in trance come Ungaretti,
da ciò che ci racconta Manuel Paolino, che lo conobbe
Ema: Basta fare il verso alla cultura seriosa
Ema ed Io (insieme): Io me ne sbatto!
Io: Poesia facendosi una risata, ma
Col batticuore, che tesoro!
Ema: Poesia in tram, poesia ai caselli,
Poesia col resto
Io: che cade fuori dal finestrino, mi tocca scendere
E quello dietro già suona!
Ema: Sono in trance
Io: Poesia tanto pe canta’!
Ema: Sì, liberiamoci!
Non pane, nemmeno brioches,
al Popolo…solo Poesia!
Io: E non me ne frega niente di essere un poeta,
voglio essere uno che scrive le canzoni,
*
...più pulita di così si muore,
davvero...
(ops!)
https://youtu.be/5V25UZFZ74c
*
Plasmare la creta attorno al tornio
Mentre scivola il mondo
Come una carezza,
Mentre scivola l’onda
Correndo il vento sulla spiaggia,
Rin-correndo-lo
E scivola dalle mani la clessidra
Lungo le scale del castello
E scivola la vita scivola la carta tra le dita
E scivola la matita come sul foglio la mia vita.
...
Mentre plasmo questa creta attorno al tornio
M'accorgo
Che scivola fatica
Sull'amore che ti porgo.
*
...più sporca di così si muore
davvero
e solo a prima vista parlo
della video poesia...
*
Attira ogni sguardo
La luna divina, quando
Diventa abat-jour,
Calda e tonda che
Sembra vicina.
Consuma il suo tempo
A fissarla dalla soglia
Dell'alone tagliente,
Un pianeta ignoto,
Luminoso e fermo,
Chissà quanto lontano!
Di giorno entra
All'oscuro da tutti quei piccoli occhi
Nella Chilly House,
La tenda tirano e insieme
Spengono la luce.
Buddha Lounge è il cielo,
Conosce la giusta distanza:
La chiave della stanza.
*
Tra un manifesto e lo specchio *
ci sono prprio io:
l'attore e la sciantosa*
La mia corazza è indistruttibile
e gioiosa
come quella di una bambina
che si senta tanto amata da tutti,
proprio come una piccola, graziosa
biondina che conosco bene
dalla voce sempre gentile e che
ama ridere
e divertirsi in modo chiassoso
piegandosi in due.
Io sono come un piccolissimo omino
che cammina sopra
la cornice di un quadro:
non sono dentro, personaggio
non sono fuori, spettatore
sono dove non t' aspetti
e osservo tutti e due,
dalla mia visuale
elaboro la scena,
non la trama.
Chi sono io?
Io sono tua madre.
Sono la Coscienza.
*espressioni riprese da " La valigia dell'attore"
di Francesco De Gregori.
*
Veloce passavo
Come tante altre cose
E persone, come le
Vite e i minuti
Un taglio scuro squarcia il mattutino cammino
Di un’anima apatica e incosciente
Le tue natiche cerulee esposte
Sono la ballata quotidiana
Dei dannati della notte e
Questo mondo di ghiaccio
Piegato in due
Rivolto in avanti...
Venti code di scimmie pulciose,
I tuoi capelli a molestarti il volto,
Ed attaccato al mento proteso, un ammasso
Di bianchi lombrichi,
La tua barba, incolta.
Sull’erba non c’erano ancora
I rigurgiti dell’anima ubriaca;
Zolle che premono,
Sconquassano lo stomaco.
I lineamenti ombrosi
Scrivono sul viso
“Stanotte ho patito tanto freddo”.
La tua casa è a due passi, pareti colorate:
Due ombrelli a spicchi vivaci appoggiati
Al muretto basso e scalcinato che un tempo
Proteggeva la cittadella, adesso
Difende i tuoi reni stremati dal vento,
Proviene dal mare, dal porto.
Sotto l’arco
Il solito puzzo
Poco più avanti una lattina verde e vuota
Forse c’è bisogno
C’è bisogno di aiuto
Quello non è un ologramma.
Il sapone e l’acqua calda di una doccia
Una coperta nuova, salviette, frutta
E qualche parola,
La pasta al pomodoro di un sorriso
Può spuntare in una pozzanghera fangosa?
Un raggio di sole in un angolo del viso.
La mia auto immeritata e sporca
Mi riporta tra le pareti
Di cinque stanze vuote
Dov’è
Scirocco la speranza
Il cinismo una certezza.
*
canuto airone
poesie a mezzo volo
respirerà
pasteggiando la soglia
dai tremuli pastelli
*
Orizzonte latente
Cupi suoni dal profondo
Tuoni taglienti e noi a
Perigliare
In aperto mare
Quietamente
Si avvicina il limite
All'esausta caravella.
Sotto gli stivali vacilla
Il vecchio mondo.
No non è quello che avemmo
Col compasso puntato.
Non è adatto qui
Alle brame nostre perché noi
Noi siamo in ergastolo:
Conquista e possesso il
Ritmo diastolico del passo.
Poi di notte un lontano rullio
La Risplendente si svestì di nubi.
Con lei facemmo tutti l'amore
Intorno allo stesso falò
Dove gettammo, ubriachi
Oh che spigliati, vesti
Ed armi, così
Ci persuase a fare
La luna bionda
Accogliente
Dolce, femmina che ci guarì.
Pietra di ghiaccio lontana
Ella fu stata Compagna di viaggio
Era silente, Selene, la stessa.
*
Ho iniziato a scrivere per disperazione,
senz’altro
verso i quattordici anni.
Mi rifugiavo in cantina
per tirare fuori i miei sentimenti inscatolati.
La prima volta che fu una poesia,
c’era un foglio e una penna,
sul tavolo di plastica bianco,
sotto il porticato della terrazza
color verde muschio la villetta
bella col camino, col giardino
ai piedi d’una collina coltivata
in una città del nord-est nebbiosa,
umida fredda, dove io
non volevo vivere,
ma c’era il cielo serale, viola
e c’era al centro del tavolo una piantina di ciclamini.
E c’era che per me soave significa quel viola,
serale. E c’era la malinconia
per un amore interrotto,
sospeso
che ritrovavo in quel cielo
magico e pure
così triste, eterno.
Indissero un concorso al ginnasio,
ma mai, a partire da questo,
sono riuscita a rispettare
le regole dei concorsi:
come fosse un compito in classe, scrissi il
nome sul retro, la prima volta
che fu una poesia.
L'ultima mi parla
" Mamma guarda cosa riesco a fare?"
e si esibisce in capriole, ruote ed arrampicate;
questa come quella la portai in grembo,
ma non l'ho scritta io!
*
Una formica è perpetua
O perpetuamente contribuisce
All’oscillazione del mondo?
E’ possibile che il mondo sia l’ infinito in gestazione?
E’ innegabile che anche un gatto sia instabile al mondo, no?
Tutti gli individui hanno possibili e parallele conclusioni,
Ciascuno col suo feto di perché.
Tutti i tempi sono un tempo del tutto;
L’intreccio è dotato d’intenzione, come un insieme di api.
Il leone, il tonno, l’amico del senatore
E gli stivali sono in un bazar di Eldorado,
C’è anche Simba ed il Condor e tu?
Tu sei Pinocchio!
Realtà realtà realtà, un bazar che non ha caposettore da mesi!
E l’individuo Mario è l’origine o l’apparenza,
E’ o si spera che sia?
*
Tra i miei argini scorre un fiume
In cascata, denso e innevato,
A tratti, è uno stordire lento
La parete di pietra ombrosa,
Calde carezze consolatorie,
Quasi a scaldare
L’intimo della grotta, la percepisco
Vibrare come in un alito di vento,
E’ vuota, ospitale, sicura.
Tra i miei argini sei fiume.
Ma è nel sotterraneo che
Ti attendo
Libero creatore
Del tuo percorso
Desiderio scavando fino
Ad evadere
Spumeggiante nel
Cielo amaro!
*
https://youtu.be/IIClrnoD3j8
*
Non posso più stare senza
il tuo fiato sul collo, tutto
sembra fermarsi,
all'improvviso attutirsi.
Una goccia d'acqua
sale i gradini
della scala.
La senti?
Lo recitai quand'ero piccola "una Goccia"
di Italo Calvino, no...è di Dino Buzzati!
Ero una bambola,
impaurita, che
di notte,
va a svegliare
la sua mamma e
poi al ristorante cinese vinsi la gara di rutti!
Ricordo un edificio basso, rosso,
nei pressi dell'Università per Stranieri e
si affacciava, quella curva,
su di una splendida vallata francescana.
Non fui mai
più felice di così, anche
se il pranzo cinese, allora mi disgustò!
Adesso,
se avessi,
sul collo,
il tuo fiato
tornerei lì
ad osservare
la prima stella del meriggio
il cielo azzurro ed albicocca
...il mio viso
incipriato
sanguina di sole
davanti allo specchio, davanti a me
le mani di carta.
*
Lancia terribile fende il cielo
In quanto spazio scelgo di valere?
Balbo target di cartone, oscillo,
E se vile precipito a terra?
Rialzarmi non potrei senza cordame!
Tendini dipendenza servono
A stare dritto come fossi un uomo.
Sono vivo però: sento tremore!
*
https://youtu.be/Xxiddugst8Q
*
Riuscirò mai a incasellare in un filo d’oro
Vitree perle e margherite
Scovate, con le mie stesse mani in mari
Verdi ed in azzurri campi colte?
Se vi riuscissi
Avrei composto una poesia!
Riuscirò poi però a consegnare
Senza interesse
Nelle mani di uno qualsiasi che passi
On the road, d’oro, il filo? E quando
Le perle avranno lacerato e schiacciato
I petali bianchi, leggeri, sarò capace di
Gettarla, lontano, nell’acqua buia e fredda
E vederla andare giù
because I will have grown up?
Se vi riuscissi
Sarei anima e donna, scomposta e
Ricomposta, like an old poem!
*
Quello che russa
A questo punto torna ad essere chi sei
Uomo dalle mani grandi
Grevi di lavoro
Mani prateria
Dai tanti verdi diversi.
Lo stelo che meno è stato alto
Al sole, dedichi,
Intimo e fragile a me.
Uomo prepotente
Per paura d'essere schiacciato
Da me che t'amo come vento.
Cantano ancora
I grilli quando lieve viene sera e
Le stelle lentiggini
Possiamo toccare
Sui nostri visi audaci per via
Di quei due sorrisi di luna .
Tutto è chiaro.
A questo punto torna ad essere chi sei
Quello che russa
La mia terra.
*
https://youtu.be/q3VPRPL-ZAo
*
*
Bene; se ieri ti sei fatto cielo
Oggi devi farti mare
Anzi, devi farti maaare
E col mare so già,
Già che mi farai godere,
Perché il mare è così pesante
Ed accogliente
E leggero
Ed invadente, proprio come sei tu
Proprio come, quando
Ti muovi con me
E con la luna
Che ti graffia
La schiena blu.
*
Ho bisogno di rallentare il tempo con le carezze
E di un luogo dove
Nessuno chiede niente a nessuno
Perché potrei rompermi
Se inavvertitamente mi tirassi un solo capello
O se affrettassi un attimo, sono così fragile,
Fai cielo il tuo corpo
Allora disegno sposto e disfo
Nuvole di nuvole sulla pelle,
Lo spazio disteso,
e dimentico
Ogni oggi e
Di ieri e di domani.
Chi sei chi sono è un'affermazione.
Non c'è bisogno d'aggiungere dell'altro.
Ma tutto il tempo
Che vorremmo non c'è concesso
Di restare qui
Ed è così che
Ci accendiamo una sigaretta.
*
Dentro il mio sterno si nasconde un nido
Tenute insieme da un pianto, ibernato,
Immagini, che pungono, davanti al
Natalizio caminetto addobbato
Lanciano crepitii, sono i cenni…
Forse che sta per esplodere?
Noncuranza riserviamo alle Miriam dell’odierna Palestina
Arrogante agiatezza confluisce nelle chiese
Tediosi, sterili, egoistici
Auguri ci scambiamo per la grandiosa ricorrenza
Lamentandoci della nostra realtà quotidiana
E Piccole Fiammiferaie si coprono coi ricordi.
E’ difficile abbattere i confini;
Cosa vuoi? Questa è la mia famiglia
Questa è la mia terra o forse che questi
Sono i doni che tieni per te?
*
*
*
*
Avevo una casetta piccolina in Canada
con vasche e pesciolini e tanti fiori di lilla
e tutte le ragazze che passavano di là
dicevano Che bella la casetta in Canada!
Ma un giorno,
urlo in petto,
il poeta la incendiò
E' primavera, svegliatevi bambine!
Voglio vivere così, col sole in fronte...
voglio vivere e goder ...
l'aria del monte
perchè questo incanto...
non costa niente!
Anche l'albero in
decenni arriva al fiume,
venite, correte!
Stendiamo al sole
braccia e gambe
e tuffiamoci dove
gli occhi tuoi belli
brillano, fiamme di
sogno, scintillano!
*
Il Compito (per lun. 17/12)
Scrivi dieci frasi con il predicato nominale
e dieci frasi con il predicato verbale.
P.N.
1) Dybala è un idolo.
2) Il tempo è fermo.
3) A scuola è vietato ridere durante la lezione.
4) Sarà maleducazione inciampare a ricreazione?
5) E’ mancanza d’autocontrollo bagnarsi il grembiule bevendo?
6) La carta igienica è assente.
7) Tutto è da rifare.
8) Oggi è domenica.
9) Poesia è una donna fecondante.
10) L’Ettore è un uomo in gestazione.
P.V.
1) La Juventus ha segnato!!!
2) A Natale io cucinerò i primi. (della classe)
3) Gli operai lavorano tanto, i vigili fanno le multe.
4) A Novafeltria, il paese di Babbo Natale, nelle strade tantissime luci colorate si accendono!
5) A casa di mia zia, hanno staccato la corrente elettrica.
6) La neve scivola, le lacrime cadono.
7) La risata salverà questo mondo!
8) Che voto prenderò?
9) Ti saluto cara Maestria.
10) Stanotte ho sognato di vivere.
*
Donna polposa e impavida
Eterea è parola troppo artificiosa,
Santa non sei di certo, sì salvifica,
Inutili continui vuoti giri di corvacci
Disordinano forse i tuoi capelli, non gli intenti.
Eri naturale, un parlar cantando…
Ritorna! Come fanno i pettirossi
Avvisiamoci l’un l’altro dell’arrivo dell’ira dell’acqua
Tamburellandoci un rifugio dove riscaldarci vicini,
Alla ricerca di vermetti proteici.
Pozzo che erompi; articolate vene
Oltre gli aguzzi elogi posti, a difesa
Elementare, sul muretto dell' Ego d’Autore,
Scivolano, acqua, e sgretolano la calce vecchia;
Intimamente evadono, intonando un' arietta
Aperta e fresca così da poter spaziare!
*
*
Lacrimoso legno eroso dal vento
Impatti sulla sabbia dei ricordi...
Quel cadere e riprendersi era
Ubertosa Fantasia dell'Infanzia,
Ibisco e Poesia, ceduti al tempo;
Rianimarli vorrei, con la musica:
Imparisillabi versi su corde:
Zigani violini liberi e sporchi!
Ibrida è dell’uomo l’età adulta,
Acciottolato, liso e pietre, sole.
*
Con l'indice piegato
appoggiato a lato
del labbro carnoso ben disegnato,
hai l'aria
riflessiva
del matematico sotto problematica
questione.
Mentre io mi fingo
una letterata e quindi osservo
il nuovo piccolo neo a destra
e quello più grande,
in armonia, sullo zigomo sinistro;
la curvatura tenera a cuore,
al centro, del mento squadrato.
Stai diventando questa
poesia della mamma:
un bel giovanotto,
istruito!
*
*
Immortalità
Protetti dalla saliva del cielo
si spostano in altro luogo
i monti di Rododendro
dal velluto fluorescente.
Amalgamiamo il miele che vi è nato
con l’incorrotta immortalità,
che, nel soffio del nostro abbraccio
evapora dalla liscia pelle
e, rapidamente con la saliva
questo miele diventa
Idromele.
Tra le betulle saliva l’azzurro.
Scendeva quell’ambra che le accarezza.
Estatici e nudi diamo il via
al passeggio delle nuvole,
nel Tempo ciclico dell’acqua.
Caldo è l’orizzonte.
Scostiamo la sorgente: è nostra!
Il tuo miele cristallizza
nel suo scivolare e
qui io sono corteccia.
Qui t’offro di restare
come in paradiso.
Nella danza otterremo anima,
non altro che alta e sottile
acqua sorgiva.
Il Soma è di lei in lenta attesa
come un frutto senza pelle.
Sul mio velo Eterno non c’è nulla da sapere
se non che è il nostro.
L’aria è a tenerci legati.
Tu, mio, sei.
tratta da L'Estatico Idromele
Scostiamo il velo azzurro
Al soffio del tuo passaggio si spostano le nuvole
Questo è il luogo del mio paradiso
Alte e sottili betulle senza corteccia,
Non c’è nulla da cui debbano proteggersi
Ed offrono una pelle liscia da accarezzare.
All’orizzonte monti dal fluorescente velluto.
Qui sei nato tu miele di Rododendro
Ambra, frutta, aria incontaminata
E acqua sorgiva che
Rapidamente evapora e cristallizza.
E’ una calda danza il tuo lento scivolare
Nel Soma, amalgamiamo
Con il sapere dell’attesa
La saliva, otterremo
L’estatico idromele
E l’immortalità.
E noi non vogliamo altro che restare qui
Nudi e abbracciati come miele e saliva
Acqua di sorgente nell’Anima mia legata
Ad un Tempo Eterno
Che è nostro.
*
Dei vuoti
Trafiggono il mondo
Per condurre all’infinito, un luogo
Dove certe volte chissà come
Il reale è capace del reale
E insieme precipitano all’estasi
Si baciano, mentre noi non viviamo.
Questo mondo d’oro scocca frecce che
Nulla hanno a che fare col
Mondo degli io e dei tu,
Il mondo dei non,
Quello del male.
Sogna per te
Perché è poesia
Quel luogo da e dove si è.
Ottenuta dell'estrazione casuale di
" Dichiarazione di folle amore" e
" Al poeta Chanteloup" che mi pareva
potessero intreccirasi dal punto di vista
del lessico e della semantica.
Dichiarazione di folle amore
Questo non è il mondo reale
Questo è il mondo dei sogni
perché il mondo reale è quello
dove viviamo io e te mentre
ci baciamo.
Al poeta Chanteloup
...certe volte scocchi delle frecce d'oro
E chissà dove...
Non precipitano, ti traffiggono,
Senza fare male, all'infinito
Capaci
Di condurre all'estasi,
Poesie.
*
Messa in crisi da una soma
Per il teatro,
Prego, fino a saziarmene
Che possa credermi in pensione,
Scappata al caldo.
Ogni volta che mi circondano
Di premure
Son giorni lunghi,
La voragine.
Oh se, per cortesia,
Avessero deposto certe disarmonie!
Affamata sono
Di braccia focose
Cariche di fiori.
L'universo trema di freddo
Chi sei tu che non ami abbastanza?
Io vorrei vivere volando
Da un corpo due ali
Rosse, sottili e macchie di cielo
Simmetriche
A spaventare i predatori:
Un lepidottero d'estate, verso Rodi!
*
Eppur ti amo
Liquame velenoso
Tu me lo sputi addosso
Non ha nessun effetto
Me lo spalmo, trattansi
Di cosmetico oleoso
L'indifferenza con cui
Di schiaffeggiarmi tenti
Non mi turba affatto sai
Di me stessa il perno
Eppur ti amo, ma ti amo.
*
Tu lo sai
Il Caso ha rubato due versi alla poesia successiva:
A volte mi suicido
stacco la testa dal collo
Di schiaffeggiarmi tenti
a volte, la testa,
la stessa; ma
l'indifferenza
è liquame
senz'effetto;
nessun ti amo avrai così
mai da me.
E' perno il ti amo,
se oleoso, ruota.
Mi turba
il di me ti amo, eppure
me lo spalmo,
è un suicidio, col cosmetico,
partendo dal collo.
E sputo;
non si stacca!
Tu sai-come- abbia
da trattarsi?
*
Acqua salmastra
( rimpastata versione)
Lontano girano arcobaleni
Come in cerca d’un cappello;
forzano turchini sorrisi
i rettili,
intanto, risplende la
Pozza riscoperta,
ed in quel luogo tozzo stanno adagiati.
Pertanto, fumando nicotina
su verdi relitti scivolosi,
inquiete, si stanno bagnando
donne curve al
Sole. Un pertugio...
di meduse all’affanno, bendate
Fate, poco le piante vivono di sole,
in un piccolo mondo che è un campo
in bilico!
Moscerini sull’intorno dei piedi, come formiche
che brulicano sui papaveri,
sotto un fermo lampione.
Hanno occhi come massi.
Una ha sapor di fierezza
di salmastra acqua
vive.
Salmastra acqua
(versione originale)
Salmastra acqua
Luogo di rettili inquieti
Tra relitti adagiati
In bilico su massi scivolosi
Donne sole con
Meduse per cappello
Bagnano i piedi tozzi,
Forzano sorrisi al sapor di nicotina.
E moscerini girano intorno ai lampioni.
Le piante sono curve in cerca di sole.
La Fata Turchina ha una benda s’un occhio.
Poco lontano sta fermo e fiero un campo di
Papaveri verdi, pertanto
Chiusi. Formiche
Brulicano all’affannosa
Riscoperta del pertugio per un mondo
Vivo.
Nella pozza risplende intanto un piccolo arcobaleno.
*
Si morde, non le labbra,
in attesa sporgente, troppo!
Nell’auto di fianco si sta
a gettare prodotti traboccanti
calze larghe!
E’ sottilissimo il condizionamento
in un cappello
fino alla caviglia.
Paziente vuole ancora quel che ho:
elemosine; tristezza; un sorriso
e quelle scarpe!
Non ci saranno fanciulline
a scrutarselo…
ci sono consegne: una baghette;
due euro civetta, una carta.
Mi soffermo:
della cassiera l’inquietudine nei capelli, troppo!
Dagli occhi si capisce
lui non sorride.
In fila lo scorro morbida, tutto però!
*
A ritroso, sul ciglio,
Sentirsi come
Maria,
Con la testa fuori dall’acqua:
Pasqua di resurrezione!
Il portafoglio è il cortile dell’infanzia,
Sì, di quest’umanità…ma
…da qualche parte
Risplendono
Pallide Rose.
Ti cercherò, Blister, orologio
dell’Esistenza! Maledetta mela,
Disincanto che
Sconfini
Nel “ Non sono come te”...
In ogni modo è un dèja vu,
Una tomba tra le nuvole.
Si muore soli, eppure,
Altrove,
Inciampato in un dolore,
Ritrovai tutti noi
Sulla bellezza.
*
In fila paziente
Una baguette tra le mani
E null’altro.
Mi accodo
Scrutandolo tutto.
Maneggia mia figlia
I prodotti civetta della cassa.
Scrupolosamente lo scorro
Dalla cima dei crespi capelli
Alla punta delle scarpe.
Mi soffermo alla caviglia-
La pelle scura è bianca
Intorno all’osso sporgente.
E quelle scarpe eleganti color avorio
Sono troppo larghe,
Indubbiamente troppo.
Gli occhi tracimano
Tristezza, che
Sembrano vuoti.
È sottilissimo di fianco,
Cinquanta centesimi, consegna una carta sociale,
La cassiera si morde le labbra.
Un sorriso vuol dire ci sono;
Lui non sorride però.
La fanciullina saltella:
Ha gettato due euro
In uno sporco cappello
Rovesciato tra mani ruvide,
Un passo al di là
Delle commerciali sliding doors.
Io nell’auto accendo il condizionatore ed ho
Ancora, quell’inquietudine
Nelle morbide calze,
Che prude e che sale,
Un passo fuori
Dalle sliding doors
Dell' agognato aldiquà.
*
Lungo sterrati collinari di crinale,
Ripercorro una storia cruenta
Sul dorso d’un destriero al passo,
Alla destra, il mio nobile scudiero-
La vallata intera copre,
Lo sguardo ambiguo,
Tacendo parole
Fino al lacustre
Litorale antico.
Come l’acqua rifletto
Il baluginare della luce
In un fresco mattino.
All’ altare non segnato mi avvicino,
Con intimo smarrimento:
Luogo d’eterna requie
Del più acerrimo nemico.
Un mazzo ben disposto
Di carnosi, preziosi fiori
E tre felci trapiantate
In vasi elegantemente ornati
Cantano stonati
Amore e reverenza.
Sono piante che gradiscono sempre acqua
La fonte è vicina,
Verso loro nutrimento,
Con simbolica solennità.
Ricordo la punta del naso,
Il taglio acuto dell’occhio,
Fino allo sfarzo dello stivale.
Di far ridere era capace, ma
Egli, forse egli da tempo più non rideva
Un deambulare
Tra ombre e luce è questa vita
Adesso però sono qui a perdonarti
Che tu possa riposare
Nella luce solamente
E serenamente le spalle volgendo al passato,
Due rigagnoli attraversano il campo
Del mio volto, ora fiorito
In un sorriso, per colui che
In fedele amicizia mi stava
Ad attendere:
Le mani intrecciate, il capo chinato,
Si apre il cielo nel nostro abbraccio,
Come in un materno abbandono.
Depongo lo scudo,
Si consolida l’orizzonte, verso il quale
Riprendiamo
Insieme a camminare.
*
Acini d'uva
Tondi di desiderio
Succoso, dolci
Baccanali sillabe
Maturate in grappoli
*
Le case grigie le bigie strade
Ritornare, ai vecchi quartieri,
Il municipio, chiamato Castello
Il piccolo Teatro, finalmente restaurato.
Ritornare a varcare del Duomo, il massiccio
Portone e ritrovare il quadro, dietro l’altare
E il ritratto laterale dell’amico Perugino,
Dallo sguardo scuro e l’ambiguo viso.
Ritornare al Belvedere per ululare alla vallata,
Come quando riecheggiava il latrato del cane;
Passar davanti all’ospedale, evitandone i ricordi,
Fino al bivio della Madonnina
Che è sempre d’uopo salutare.
Ed infine risalire lo sterrato viale, tra radici
Di snelli cipressi e tozzi pini, ecco il cielo
Già si tinge di sangue e di lacrime blu. Ritornare, ma
Implacabile, nella cripta un ragno continua a tessere.
*
Costa forse un po’ troppo
Quell’ azzurra maglietta;
Posso fare a meno, borbotto,
Della succosa bistecca;
…In fondo sta bene con tutto
La mia lisa borsetta;
Attenzione a non superare l’etto,
Togli, del prosciutto, una fetta!
Ma ora che ci passo davanti, non posso
Rinunciare a comprare una rosea
Nuova violetta, pure se son vecchia.
A casa ora, con amorevole cura,
Sistemo la piantina modesta
Sul davanzale della linda finestra, ché
Come dell’aria, la povera bocca,
Anche l’anima ha il primario bisogno
Di contemplare bellezza!
*
- Io non sono nessuno-
E nessuno voglio essere.
Per caso
mi hanno dato un nome,
presto lo dimenticherò.
Dimenticherò il mio corpo,
la mia falsa storia;
questione di tempo
dimenticheranno.
Ma tu, tu sei, come
l'odore del caffè nei sacchi di canapa
al porto di Sao Paulo;
senza quell'odore
il resto del mondo
non potrebbe esistere.
La vita, la morte
il medesimo;
l'amore le riconosce
e le legittima, dando corpo
all'eterno.
*
Rosea e distesa,
L’acqua marina
Se ne sta placida
A contemplare il tramonto,
Come femmina rinfrescante;
Un uomo le sta davanti,
Tendendole un braccio:
E’ questa terrazza di cemento,
Dall’asciutta ringhiera
Tirata a lucido; così
L’umano si offre all’immenso,
L’infinito a ciò che
Già è stato compiuto.
*
Come ci passa il tempo!
Correvamo verso il mare per il bagno di mezzanotte
Oggi, in casa, senza far rumore, richiudiamo la doccia,
Con immutata euforia
Ecco come ci passa il tempo:
Ci supera, senza vincere.
Non riesco a smettere di amarti
Perché non voglio
Smettere di amarti.
Ti amo?
In amore si cambia pelle
E proprio in quel mentre, si scopre
La parte migliore di sé.
Gli uomini più amabili sono quelli
Anche femminili;
Le donne affascinanti sanno
Essere maschili.
*
Il sale
Sul pane
Sta bene.
E quanto sta bene! Allora, tu,
Come sale precipita esuberante e
Lievemente, come sai,
Sfiorami;
Infine accullati tra
Questo mio corpo duro
E morbido, così
Sciocco senza te!
*
...certe volte scocchi delle frecce d'oro
E chissà dove...
Non precipitano, ti traffiggono,
Senza fare male, all'infinito
Capaci
Di condurre all'estasi,
Poesie.
*
Mi sento invincibile
Sia che abbia fatto bene, sia che
Abbia fatto male mi vado bene comunque
Non mi importa ricordo ricerca nulla.
Mi sento invincibile perché riesco
Ad amare la vita completamente
Ed in ogni
Piccologrande oh
Oh che...momento!
*
Petalo chiama petalo e si tengono per mano
Un cerchio chiuso a cupola
Dove gli affini cantano prossimi
Quel coro vibra profumo, vira lo stelo,
Che si dona
E feconda
Rendendo l’aria ancor più pura.
Rotolano le onde
Le nuvole corrono e anche le iene ridono
Il poeta chiude gli occhi; con le dita
Disegna il Vero
Lo tiene tra le braccia dove un respiro fresco è caldo,
Sprigiona colore, e gocce di sole da
Quel Mondo.
*
Scusa, vorrei saperti chiedere scusa
E’ stella polare di ghiaccio
Accolta tra il buio delle braccia
Si scioglie
Ora scroscia e gronda
Acqua fresca e monda
Via l’astio; poi
I sensi
Di colpa.
Ma resta una piccola luce
Una stella nera
In cerca di te.
Un boato, il presente irrompe
A squarciare il velo, un sottile velo
Tela di ragno senza più appiglio
Al vento.
Non più timore
Non più timidezza
Un bacio, boato, caldo e dolce
Come una certezza
Che si posa. Oh
Amore, mio, scusa!
*
L'odore della musica ultimo sole, amica mia:
Scalpellini; atmosfere; umiltà.
Toccami le dita, scriverò altre pioggie.
Da vero?
Piccole gocce di chitarra.
*
Un barattolo di latta vuoto
Che rotola calciato dal vento
E che contro l'asfalto sbatte
Senz'anima
Senz'alcuna utilità
Nessun altro rumore che quello
L'ho sentito dentro, nell'anima
Era un dolore feroce ché
Non c'era niente, dentro
Non c'era nessuno, sull'asfalto
Non altro che questo rotolare di parole
Desolazione; e quell' andare
Avanti.
*
Chi non si è sfiorato
Fantasticando?
Per le donne significa spesso
Amore; per gli uomini...no
Non dico proprio mai!
Come? Ho la faccia tosta?
Può darsi, me l'hanno detto pure al
Sindacato, ché non rispettavo la coda.
Ho risposto :" Embèh, qualcuno ce la
Deve pur avere! ".
*
E’ che a volte lo sai il mare entra in burrasca.
Si alzano maestose e fredde onde scure,
Inquiete.
Ti senti destinato quasi a perire, trascinato
Torturato e sballottato, ma io fendo quei flutti,
Sopraffatta dal respiro affannoso
E incoraggiata dal mio stesso respiro affannato,
Mani come lame,
Determinata a vivere una vita felice.
Organizzazione e leggerezza,
L’ho imparata dagli atomi,
La legge e la direzione.
*
Osservavo due lumache
sulla stessa squama
di corteccia di betulla
la bava cedevano
profumandosi di resina,
procedevano in armonia.
Poi non so cos'è successo
ne ho ritrovata una, a terra
aveva il guscio rotto.
Soffriva.
Puzzava.
Restava asciutta,
anche tra la fanghiglia.
Improvvisi
Mutamenti
Di stato.
*
Apro lo sportello del frigorifero
È pieno di tutte le tue assenze
Sarà ora che butti gli avanzi
E lavi quelle ciotoline
Tanto non li mangerai
Ché tu vuoi sempre cibo fresco
... poi finirà in quelle stesse ciotole
A conservarsi nel mio frigorifero lucido
Bianco e triste, così vuoto di te.
*
Il mare è una massa immobile sotto un
velo trasparente e tremulo,
ma duro e freddo come il cristallo
mi appare.
Così il mare nel modo più
delicato mi rivela che
il passato è passato,
lo sguardo vitreo carezzando.
E quel che torna indietro
è qualcosa di diverso, già qualcosa
di vissuto...
ore ed ore...
Ad osservare le docili
ondine che umilmente
si vanno ad annullare,
spumeggianti appena.
Senza lamenti
si stendono a terra.
Salutano, cedendo
il posto al nuovo presente.
La massa del futuro avanza
compatta senza che ce se ne accorga
attraverso le aperture di un tremulo velo
trasparente
sollevato dall’impeto improvviso
di un maestrale intransigente e
inarrestabile.
Ma io facendomi pioggia, fitta fitta
riesco a picchiettare,
confondendo anche le ore e le stagioni,
con scoppiettanti baci tutta
la tua esistenza.
Le correnti interne si fanno trascinanti.
*
Ombra e luce ombra e luce ombra e luce
La terra è come una monetina
Spazio tempo spazio tempo spazio tempo
Che continuamente ruota su se stessa
Bifronte come il Giano
Custode di ogni varco.
Morbidamente abbraccia il Cosmo
Le due forze contrasti
Verso il basso; verso l’alto
Sprofonda e vola l’essere umano
Ruota come una monetina ombra e luce ed è
Unicamente, una monetina che
Continuamente ruota su stessa
Sostenuta dal morbido abbraccio del Cosmo.
Ce ne sono di preziose, occasioni,
Che si incontrano una volta sola nella vita.
Allontanati Accettati Dona
Amati Dimentica Perdona.
Ora affidati all’unica forma di equilibrio possibile
L’assenza di giudizio.
*
Mancanza di rispetto
superbia ed ardire
offerti in necessario sacrificio
all’equilibrio, cosicchè
tanta la forza è e tanta la fragilità;
così tanto leggera, la completezza.
Poi di nuovo si cade
nella trappola
dell’eterna pretesa:
di quella gioia, ecco
la dissolvenza.
Tra miraggi, duri colpi, malesseri
e tremori, nei pressi di tutti quei
continui varchi, da attraversare
-i più disparati-
ci sarà un custode
Oh è lì, da sempre è stato con te,
Schiena a schiena pescando la vita,
Ora, un po’ spossato
per la lunga attesa
T’insegnerà dell’Amore
Compassionevole
Santo e carnale
Supremo.
*
Lo vedo
Ancora
Anche di notte e senza luna
Nel bosco
Tra sterpi
E le foglie accartocciate
Brilla
Trilla
Tra la brina un diamante
E’ quello
Che avevi negli occhi
E nei tuoi occhi ora c’è
Il bosco la notte, ed è freddo.
*
Sono iridi
Amico mio
Danzano sostenute proprio dal tuo soffio
Lucenti e soffici
Come la neve
Effimere, ma preziose
Sono abissi
Amico mio
Vi scivoli, scavati dalla tua stessa ombra
Duri e crudi
Come pugni
Lasciano segni, cancellali
Prenditi cura
Della tua corazza
Amico mio
Proteggi l’anima
Sono ricordi
Solo ricordi
*
In occasione del compleanno
del nonno Luciano
Nonno già seduto al tavolo col cappello di paglia
Occhi viaggiatori pieni di conoscenze
Numeri infiniti d'amore per tutti
Nonno buffone con le barzellette che non fanno ridere
Onore al nonno migliore del mondo
dal tuo Pallino.
*
Si accatastano gli anni
Come sassi rotondi
Sull’argine del torrente
Le emozioni intense
Non fanno più male
Il sale e pepe sbiadisce
Uniformandosi da lontano
Al tono di grigio
Di una vita come altre; e tante.
Più la luce accecante,
Straniante,
Spaventa
Disorienta che
Restituirsi al buio
Da sempre
lo sento scorrere nel sangue
Mi è Madre il Mistero.
*
Settembre, un poeta...
si muove anche da poeta
tra la panna e la nocciola
che compaiono nel mondo
le nuvole di un bianco più caldo
i campi d'un marrone più tenue,
quando si bagnano d'arancio
le punte delle foglie sugli alberi
che ancora ne son colmi
i bambini giocano sbracciati nei cortili
ma non più affollate sono le strade la sera.
E' tempo di compere
grembiuli e temperamatite
chè, vedi, tutto si consuma
o cresce
anche la vita e settembre
apre la soglia all'autunno e
s'appresta, con un inchino
all'ingresso del saldo e nuovo inverno.
Anche il poeta lo fa
ch'egli si muove appresso alla vita
con tatto nei modi
ed eleganza di pensieri.
Fa di nome Settembre.
*
Cala una nube scura
Che sempre mi assale
È quella paura
Che ti offende e vile
Nel fango nel fango
Ti respingo ancora
Ché ancora mi preme
Un duro dolore
Tra i nostri baci
Di sale di sale
Musica immane
Tra questi due fiati
Acqua di luna
Che ti porto ancora
Ché ancora mi preme
Ti preme Amore
Rubino che sfioro che sboccia
In un chicco di melagrana
L'ho rubato dalla tua bocca
Bella come una foglia di pietra
Dissolvendo paure
Nasce la melodia
Un'onda bianca che
tracima e ci porta via...
E quando sorridi
Ai risentimenti
Mi porti lontano
Dal fango dal fango
Diventi ogni cosa
Perfino l' amore
Che ancora ti preme
Mi prendi Amore?
Rubino che sfioro che sboccia
In un chicco di melagrana
L'ho rubato dalla tua bocca
Bella come una foglia di pietra
Dissolvendo paure
Nasce la melodia
Un'onda bianca che
Tracima e ci porta via...
*
Percorrere la statale
Mano nella mano
Sul pomello del cambio
E quando s' acquista velocità
Le braccia e la faccia
Fuori dal finestrino
Cantare a squarciagola
Inghiottendo la saliva
Che a ritroso procede
I capelli e la pelle scossi e percossi
Penso che un sogno così
Non ritorni mai più
Mi dipingevo la faccia e le mani di blu
Poi d'improvviso venivo dal vento rapito
Così riempirsi d'aria
Elevarsi trasparenti e leggeri
Dall' asfalto scuro,
Granuloso.
Nel blu.
*
Prima strofa:
Il tuo alito nero il tuo alito nero
corrode come la paura
pietra vile nel fango più profondo
lei è ogni cosa, anche l'amore
Pre Ritornello:
Rubino che sfioro che sboccia
in un chicco di melagrana
l'ho rubato dalla tua bocca
ma sei una fanciulla di pietra
Ritornello:
Nel peccato d'amore strana malinconia
un'onda bianca che tracima e ci porta via
Seconda strofa:
Tra i nostri baci di sale musica
immane tra questi due fiati
acqua di luna che le porto ancora
ché ancora le preme Amore
Pre Ritornello :
Rubino che sfioro che sboccia
in un chicco di melagrana
l'ho rubato dalla tua bocca
ma sei una fanciulla di pietra
Ritornello :
Nel peccato d’amore strana malinconia
un' onda bianca che tracima e ci porta via
Ritornello :
Nel peccato d’amore strana malinconia
un'onda bianca che tracima e ci porta via
Terza strofa:
Ma quando dissolvi i risentimenti
mi porti lontano dal fango
più lontana è la fanciulla di pietra
più lontano il mio dolore.
Pre Ritornello :
Rubino che sfioro che sboccia
in un chicco di melagrana
l'ho rubato dalla tua bocca
ma sei una fanciulla di pietra
Ritornello :
Nel peccato d’amore strana malinconia
un'onda bianca che tracima e ci porta via
Ritornello :
Nel peccato d’amore strana malinconia
un'onda bianca che tracima e ci porta via.
*
Se, anima mia bambina,
non si sono presi cura di te
come t’aspettavi
t’amerò io adesso, non temere e
riprendi a ridere.
Sono carezze le mie, forti
tenaci, sicure, aprirò passaggi
costruirò ponti ed aeroporti
per darti lo spazio che meriti.
Gioia, tu,
apri la bocca
mostra i denti
parla canta ridi, a crepapelle
oh come una volta!
Colmerai
gli occhi miei
perché questa è libertà
la goloseria più ricca
senza niente, in mostra il dentro,
incontro al mondo andare.
*
Il gatto all'ombra del fico
Pisolava, ho sentito
Dentro il torace, nel vuoto un
Elicottero passare
E poi, giù, precipitare.
Dondolando sull'hamaca
Io rimpiangevo quel nostro
Primo sguardo
Come se fosse il simbolo di un qualche
Stramaledetto amore,
La luna dagli occhi viola
Che ama velarsi di rosso
In specie al tramonto, quando
È la sera che piove, in stelle
Piccolissime, stringemmo.
Sarebbe un vero peccato
Non commuoversi per questo
Stramaledetto amore, così lieve
S'è fatto nel vuoto
Dentro il mio torace terso e disteso.
*
Salmastra acqua
Luogo di rettili inquieti
Tra relitti adagiati
In bilico su massi scivolosi
Donne sole con
Meduse per cappello
Bagnano i piedi tozzi,
Forzano sorrisi al sapor di nicotina.
E moscerini girano intorno ai lampioni.
Le piante sono curve in cerca di sole.
La Fata Turchina ha una benda su un occhio.
Poco lontano sta fermo e fiero un campo di
Papaveri verdi, pertanto
Chiusi. Formiche
Brulicano all’affannosa
Riscoperta del pertugio per un mondo
Vivo.
Nella pozza risplende intanto un piccolo arcobaleno.
*
Sembrava che tutto di lei
Si fosse ristretto o meglio
Concentrato
La pelle i capelli la statura
La corporatura e perfino gli occhi
Una fessura luminosissima
Eppure avanzava con fierezza
Ed ispirava un che
Di grande saggezza
Era ferragosto
Quella sera fu più difficile dormire
Sul molo jam session elettronica
Riviera…gli anni in cui
Al Cocoricò non si sbagliava
Cosce sode ed abbronzate al sapore di cocco
Di papaveri profumavano i capelli, nella bocca
Rum&Cola; sangue freddo e ventre caldo
Risate chiassose, intanto
Euforici schiamazzi dalla strada; notti di
Porcherie a cielo aperto: alle tre e un quarto
Chi vuoi che giochi in un campo di bocce?
C’è chi cresce accumulando saggezza
Vivendo
C’è chi invecchia
Imitando, morendo.
Tu signora di saggezza autrice
Mentre passi racconti
Ed io t’ascolto
Osservando
Della calma, la pienezza d’argento
L’equilibrio nel passo, la pazienza
Dell’essere attivi, ascolto, la voce dell’acqua
Quieta s’avvicina che dolce tuffo
Potrebbe essere la morte?
Cerchi concentrici poi tutto
Torna come prima, piatto a
Riflettere la luce del cielo
Siamo specchi
Specchi divini
E specchi
Per le allodole.
*
Sal-tel-la-vo così
sillabando le parole con le dita
che alzavo dentro le tasche
inconsapevolmente
me ne accorgevo perchè sentivo
il tessuto come un tetto contro i polpastrelli
saltellavo come uno stambecco
per i vicoli in salita del paese
giravo la testa verso i vasi di gerani
i portoni di legno ed in alto verso
le bandiere dei terzieri alle finestre
le volte e gli archetti degli incroci
e i cartelloni dei gelati davanti ai bar
anche allora amavo giocare a fare poesia
senza darci troppa importanza
quello che contava
quella che contava
e che cantava
era la Felicità,
che può dirsi anche Poesia.
*
Senza fretta abbracciati, lievitiamo
Facciamoci un pancake, dolci corpi
Morbidi appiccicosi, sì gommosi
Sbriciolandoci, cadiamo per terra
Hic et nunc sotto il tavolo e una sedia.
Come i ruscelli scorrono accarezzo
Gli argini del tuo corpo, il vivo odore
Respiro l'acre colore, calda brilla
Nella risacca l'eco, così soave
Della nostra ilarità, questa sera.
Baciandoti le mani ora assaporo
Quel tuo languore nel fondo del mare:
Il dolore.
*
Cosa diresti
se un amico ti domandasse
E tu? Come va, con lei?
Bene
E poi?
Basta.
D’accordo.
Allora ti domando
Che cos’è che pensi e senti
Dentro
Con te stesso?
Encefalogramma piatto
…tutto molto interessante…
Quando penso a te penso ai figli
E quando penso ai figli penso a te
…ci si potrebbe attendere di più…
Per esempio nel furgone e
Capisco la parola famiglia
Come quando c’è stata la tempesta
E allora subito ho pensato ai figli
E a te.
Mi sono domandato
Dove li avrà portati
-Sorriso-
Ho avuto paura per voi,
vi ho telefonato, non avete risposto
Fino a quando non vi ho sentito e allora
Con quella comunicazione
Piangevano, babbo torna a casa- subito!
Ho capito che cos’è il valore di una famiglia
Una cosa molto importante
Che sentiamo fino in fondo, tutti e due.
E’ che tutti abbiamo lo stesso valore
Non uno di meno, lo stesso valore.
E’ quel senso, è senso di
Unità.
Così mi sono svegliata,
le tue parole scritte
appoggiate sul comodino
con la gioia di essere,
da quanto tempo? tanto tempo!
Con la gioia di essere uno e
più d’uno.
forse fa male eppure mi va di stare collegato
*
Oh sì ti ho messo la mano
sui fianchi, per capire
quanto avessi bisogno di me e
ho capito
...per quanti girotondi corse
ed improvvisi arresti tu compia
non posso più lasciarla
cadere
lontano dai tuoi fianchi
perché ho bisogno di te.
È un ridere di nubi
mi stringi stretta a te
baciandomi i capelli.
*
Il lupo solitario
Smagrito e ramingo
Osserva la vallata afosa
Lancia un grido di presenza
Recepisce l'amorevole risposta.
Scivola; non s' arrende
S' arresta.
Fiuta la preda.
Tornerà alla radura.
Consegnerà al centro del cerchio
Il frutto del sacrificio e del coraggio.
Col ventre che lentamente
Respira s' abbandonerà al riposo,
Il vecchio muso è rinfrescato
Dalle lodi del suo branco,
Quell' unguento che monda le ferite.
*
*
Io sono non
Un fiume ma un fiume
Caldo io sono, che non
sfocia nel mare ma
Sfocia in te
Io sono.
*
C'è una parrucca bionda
Sopra una sedia gialla
Che cosa ci fa?
E un gatto percorre
I tasti neri di un pianoforte
Si divertirà?
Segna una presenza
Un raggio che attraversa e
Sul pavimento sosta.
Non ci sono le domande.
*
Se scavi dentro gli occhi
Quanti cavalloni
Puoi trovare, là sotto...
C'è quello della tristezza
Nella signora anziana che
Si è appena truccata e siede
E quello della curiosità
Nel marito che legge la rivista
Con un sorriso stampato
La noia nell'occhio nero
Della giovane dalle unghie smaltate
E grandi occhiali da sole tra i capelli
Forse si aspettava l'arrivo del principe azzurro e non arriva nessuno,
Mentre l'altra lo ha incontrato,
da un pezzo e non è più tanto azzurro,
Ei Pittore dà sul grigio!
Negli occhi dei bambini vedo invece
Sempre solo un'emozione:
Amore che sta per esplodere
Quando sono tra di loro
Amore che chiede di sé
Quando sono tra gli adulti.
*
Sul filo nero
Si posa la Rondine
Rosa è la sera
Seta di cielo
Quel tuo pomo d'Adamo
Sfiorati vorrei
*
Orizzonte latente
Cupi suoni dal profondo
Tuoni taglienti e noi a
Perigliare
In aperto mare
Quietamente
Si avvicina l'aurora
All'esausta caravella.
Sotto gli stivali vacilla
Il vecchio mondo.
No non è quello che avemmo
Col compasso puntato.
Non è adatto qui
Alle brame nostre perché noi
Noi siamo in ergastolo:
Conquista e possesso il
Ritmo diastolico del passo.
Poi di notte un lontano rullio
La Risplendente si svestì di nubi.
Con lei facemmo tutti l'amore
Intorno allo stesso falò
Dove gettammo, ubriachi
Oh che spigliati, vesti
Ed armi, così
Ci persuase a fare
La luna bionda
Accogliente
Dolce femmina che ci guarì.
Pietra di ghiaccio lontana
Ella fu stata Compagna di viaggio
Era silente Selene la stessa.
*
In fondo ad un ricordo,
un cielo nero,
un mare di smeraldo
il capitano austero
pizzica le corde della chitarra
valica le colonne del tempo
nell'amore crede, senza vergogna
senza vergogna
e stai distesa, col tuo sorriso
immagini l'austero capitano
in fondo ad un ricordo,
un cielo nero,
un mare di smeraldo
arriverà quel giusto giorno...
in mezzo alla folla a Carnevale
quei lineamenti tu riconoscerai
ti scioglierai, come creatura di sale
e quando le sue mani sono a pizzicare le corde
della chitarra lui volando, ti raggiunge
e nell'amore crede, senza vergogna,
senza vergogna
Imparerai, oh sarai più saggia
E spinta a rinunciare e spinta a rinunciare
Disillusa
Creatura di sale che in un attimo lui scioglierà lui scioglierà
Capiterà quel giusto giorno e tu tornerai
A giocare a giocare,
giocare ed ad inventare il mare, sarai
Creatura di sale che in un attimo lui scioglierà
lui scioglierà
Sogno navigante, quel capitano austero
sei capace di confondere,
tanto più che lui non smette di sorridere...di sorridere
tu stai distesa nel suo sorriso
ed immagini l'austero capitano
in fondo ad un ricordo,
un cielo nero,
un mare di smeraldo
arriverà quel giusto giorno
e nell’amore credi
senza vergogna- senza vergogna
Sogno navigante, quel capitano austero
sei capace di confondere,
tanto più che lui non smette di sorridere...di sorridere
in fondo ad un ricordo,
ad un cielo nero stava un mare
questo mare di smeraldo.
*
I lineamenti li riconosceresti
in mezzo alla folla carnevalesca.
E’ una bolla di sapone e s’avvicina
provi a toccarla, è vero e su di te
poi rivivi questo film cento volte.
Nell’amore credi senza vergogna.
Imparerai, oh sarai più saggia, sola
e spenta a rinunciare, disillusa.
Può capitare però il giusto dì
che torni a giocare a inventare il mare.
Sogno navigante, quel capitano
austero sei capace di confondere,
tanto che più non smette di sorridere.
*
La casa colonica color ocra
disegno e dipingo
papaveri spontanei nel campo ampio
tulipani gialli
in piccole aiuole
la stretta ferrovia alle spalle, dritta.
A certe situazioni così reagisco.
Rivolto una margherita al Solleone
il polline pulsante
quasi a voler toccare il cuore giallo
e nuotare nel blu.
A certe situazioni così reagisco,
con piccole pacche
dell’anima che crea oppure scrivo
reagisco; non ne esco.
*
Una grande pietra
sul letto d’un fiume
se così fosse il tempo
renderebbe più liscia la sua pelle
come fa l'imperterrito fiume.
Ogni preoccupazione
il sole estivo asciugherebbe
poi le foglie in autunno dolcemente
s'appoggerebbero come figlie
invincibile a febbraio
tutta la natura una moglie
cantante in aprile.
Vorrei che fosse come una pietra
sul letto d'un fiume, mio padre
ora che un inspiegabile dolore
ha portato ombre
ed il suo occhio sinistro fiero
sta diventando opaco.
M’aspetto ancora di vederlo
arrivare suonando il clackson
Esiste il citofono
e ci sono dei vicini
gridavo dal balcone;
invece mi sussurra
è normale; è il tempo;
mentre sobbalza il cuore
annaspando nel fondo
ora chiaro ora scuro del mio sguardo
l'anima pronuncia piano piano
Tu sei mio padre.
E confesso l’amore.
*
Turgido petalo di tulipano
senza rugiada avvizzisce la sera
come una vedova che il nero indossa
da mesi ormai e più nessuno la nota
Vale la pena questa tenue vita?
Dalla più intima alcova esce speranza
di bere ancora all'alba, fragranza.
*
I vestiti da gemelle
Il suo giallo, rosa il tuo
Ma Lei è bionda, tu castana
E pure alta, e magra, di più
Scendi scale; difficile…
Ma che età, domando inquieta
Tu risali e ancora scendi
A fatica; c’è un ostacolo
Combattendo stai, caparbia,
per la vita e tu non molli
Giorgia cadi! Grida il padre
No non cado gli rispondi.
*
Luna piena il bianco seno
Gli vai incontro con le dita
Di falena sembran ali
Quel che resta, sai è la brezza
Come foglia al sole sto
Il tramonto attendo sola
E polvere divento, d’oro
Conta il tempo quella brezza
Il torrente scorre, senti?
Lo sorvoli ora leggero
Ma toccarti no, non posso
E mi resta ancora brezza
*
Tempesta Sciamanica
Leoni immobili, guardinghe lamiere
Lungo il viale d’asfalto ansimano piano
Lo stormo avanza dal fondale scuro
Tra vortici ingannevoli di sabbia
In forsennato volo, come foglie
Ciabatte mal calzate già s’affrettano
Rincorse dagli ombrelloni accaniti
Sirene e tintinnii turbano l’anima
Erompe, ecco, la tempesta sciamanica
Un boato e scroscia la covata grandine
Tavoli al via e posaceneri e sedie
La mano ha sulla testa… quella donna
*
Toni d'arancio
Torni tu? Arranco
ribes, more, lamponi
ride e muore in un lampo
nuvole al vespro
nuovo sole, aspro.
*
Lamiere immobili e guardinghe
Attendono
Dal fondo scuro
Del viale d'asfalto
Tremolano appena mentre
Inesorabile procede
Un forsennato branco di volatili ritardatari
Tra vortici di sabbia
Ingannevole o chiaro è il cielo a Sud.
Ecco schianti e colori
Una barista correndo, la mano sulla testa,
Con l'altra al volo recupera e raccoglie
Sedie tavoli e posacenere.
Bagnanti in ciabatte malcalzate
S' affrettano
In massa ad evacuare la spiaggia,
Rincorsi
Da ombrelloni feroci e da altri giocosi.
Sirene ed alberi piegati
Tintinnii e fruscii inquietano
L'anima; niente
Rispetto alla tempesta
estiva che ho dentro
Ne esce un boato
Erompe la grandine covata.
*
qui dove il sole traspare dall'acqua
proprio come una barca a vela
scivola all'orizzonte e bianche
dita hanno le onde
poi ti fanno il solletico.
qui dove l'acqua ha un'intrinseca mitezza
un dolce diffuso calore
è ovunque oro l'esistenza
intenso e delicato
proviene da te e vola
sereno in giro e il giro
non è mai fermo.
Qui basta respirare
per essere angeli.
*
Troppo bello il pupo dagli occhi blu
che s ' è fatto il ciuffo biondo
da passarci la mano sorridendo
da gagliardo.
Tutti vogliono essergli amici per la pelle,
per le ragazze si sa e
l'aumentata notorietà.
È costretto a fare il bullo
della classe, della scuola,
del quartiere e d'estate
della spiaggia.
Tutto per quella sua
bellezza.
Ti dice i miei non si preoccupano se non torno;
e fa spallucce,
e tenerezza,
Nato con una lama tra le mani.
*
La mia collana di perle
Lo sguardo trasparente
Mi volterò
Come un involucro di vetro
Noterai intorno al corpo
Le mani sembreranno tremare così
Coi brividi sulla pelle delle gambe
Ti dirò che sa di grano quello che provo per te
Ondeggerà il cielo notturno
E l’oro saporito:
Un corpo solo che bussa
Alla bocca dello stomaco, qui.
*
Ali di falena contro
la luna piena
le tue mani, i miei seni.
Foglia assolata, spoglio ramo
distesa, solo
si attende il tramonto
oro, sempre più, polvere.
Avverto
lo scorrere di un torrente lungo
la spina dorsale, sorvola
leggera la riva, quella falena
mi si gonfia la portata, ma
toccarti non posso.
Quel che resta quel che conta è la brezza.
*
Una ghirlanda di fiori di plastica
sulla fronte basta già
per farti sentire una ninfa dai rossi capelli
La sottana bianca svolazza mentre resta fisso il perfetto sorriso.
Servi Spritz
su di un' attrezzata apetta militare
hai un barbuto giovanotto col berretto nero accanto qui
si balla l'ombelico del mondo
dal gigante acquascivolo blu
schizza un divertimento leggero e gonfiabile
e chissà poi domani dove!
*
Quando la carica arriva a destinazione
anche l'onda più violenta s'appiattisce
assume morbidi confini
carezza la riva
in lentezza si ritrae
la rabbia schiumosa diventa ricamo
e orlo vezzoso.
Non dovrei allora distogliere lo sguardo
garruli i richiami di gabbiani in circolo,
ma puntualmente io come
trascinata via dalla dissolvenza dell'adesso
chiudo gli occhi
s' aprono i polmoni e volo
sprofondando in piedi nella sabbia.
*
Il dorso della mano carezzavo,
Le Spalle cinte, accompagnando il passo…
Questa pianura d’argento; i nastri colorati
Un oro eterno, la ruota panoramica.
Le palpebre il collo i capelli la schiena ho consolato.
Aveva gli occhi chiusi
Invece io ben aperti li tenevo sulle mie fortune
Fugaci.
Osservavo quant’è matura questa mela
Sull’albero un libro e un nido.
Mi basta così poco per tornare a respirare
E mi basta così poco per smettere di respirare
Un bacio, ad esempio.
Già! Ché tu sei fresco come la neve
Vergine.
*
Taci, dell'atto intrinseco di un creare
D'una barca adagiata lì sotto le fronde
All'ombra fresca sull'onda più piana
E tre piume colorate alla prua.
Taci perché tutto mi sembra fermo e
La vita intanto si prende la vita.
Deve farlo se qui invece il vento fischia
Tanto che si aprono le porte e porta
D'un uomo fuori di sé, le grida.
*
Color di rosa i contorni splendenti
Dei cento petali bianchi
D’un giglio d’acqua cuore d’oro.
Si è dischiuso questa mattina
Come una confessione
Mi sono comprata una camicia da notte adatta alla stagione.
E questa sera quando l’ho indossata
Mi sentivo anche un po’ sexy.
E’ nata da un quadro
Disegnato dai tratti rotondi e decisi di un gessetto nero
La punta morbida, il colore oleoso,
Sullo sfondo aranciato di una tavoletta di legno.
Narrava della bellezza carnale di un corpo sognante,
Trascinante e non c’era qui e in quella poesia
Alcun morto semplicemente, alcuna differenza
I morti sono vivi insieme ai vivi
E i vivi sono morti nello
Stesso momento.
E mi sentivo bene, questa sera
Quando l’ho indossata
La verità: tutta soffusa e una calda candela, la stanza.
*
Non si scherza
Lascia i segni sulla schiena
Sferza la frusta
Vela
Stracciata, la pupilla arrossata ma poi
C’è il calore di un tramonto dietro i monti
Quando ti abbraccia
E baci
C’è chi ama davvero
Sfiori
I muscoli sinuosi
Lo riconosci dal sudore t’appartiene.
E’ comparsa la stella polare già
A separare
Ieri da Oggi
Il corpo gracida
Alla luna irridente chiede indietro
La sua ombra feroce.
Tutta la vallata appare fiera e rigogliosa
Tra luce e brividi serali si
Muovevano riconoscendosi le foglie e le radici.
*
Sono arrivate
Per lei
Con le mani aggrappate alle sbarre
Urlava
Balenavano
Sopra il campo
Asciutto incolto lampi
In amichevoli sciami
Un altro giorno meraviglioso
E’ la prima volta
Per quanto poteva
A piedi nudi sul davanzale
Una finestra alta il doppio
Anche quella coscienza arruffata danzava
Oh la magia dei suoi sogni
Appare e scompare ed
Esiste
Al sicuro dietro le inferriate scalpita matta
Una voglia
Scavalco il cancelletto arrugginito
e le ortiche sfidare e le ortiche
Vicino
Essere lì
Rincorriamole acchiappiamole ecco
Gli occhi accesi tra i plami le custodisce
Prima di chiuderli
Oggi
Chissà se domani torneranno ancora
Proprio per lei davanti alla finestra della cucina
Della casa nuova le lucciole
.
*
Ombrosi e chiari in controluce
Distesi come carta velina, nuvole
Di zucchero filato da far sciogliere in bocca
Ridendo stupidamente come allegri bambini
Tra le mani acqua di mare
Fredda salata culmine di vita
Siamo quel fascio di luce che sfida l’orizzonte
Con lenta rotazione
E soccombe
dolcemente al velluto della notte.
Lucciole cicale, coccole di ginepro
Ci regala l'universo
Accarezzando quest’amore
All'acquietarsi delle onde.
*
Voci chiassose, palloncini rossi
la Piuma si solleva
alla festa nel parco.
Ballano i bambini e
la piuma danza..
qualcuno con un soffio l'ha fatta volar!
Tanti auguri a te fino
alle nuvole di cotone che
si mangiano
leccandosi le dita.
Correnti concentriche di galassie colorate scansa virando
il canto del cuculo poi ridiscende
tra la schiuma di una risata.
Si lascia tutta accarezzare
iridescenza a pelo d'acqua
una monetina in mezzo ai sassi che
la bambina stringeva stretto
tra le mani...
Un angelo pareva e
il cuore batteva nella schiena
sorride
quella bocca che non morde
come piuma
alta, nel cielo, luna che
gusta
quella fetta d'azzurro anche se
è giorno ancora.
*
Essere desidero liquido vetro
Sapientemente empita del tuo soffio
Con cura estrema, a colpi fermi, scossa
Nella fornace una lucciola sboccia.
Lo sguardo austero di quei leoni alati
Veglia dall’alto sull’idea leggera.
Dammi la forza sinuosa che vuoi
Quel verde-azzurro prescelto da te.
Mastro vetraio alla deriva ti chiedi
Trabocca il vaso d’orgoglio e di grazia?
Poeta vetraio di laguna, ora, siedi e
Per ore ed ore, osservi…tracima
Dal vaso l'orgoglio,
Grazia, custodisce.
*
Ho aperto la porta del tempo
Sì quella porta
C’era al di là
Una piccola stanza
Al centro delle scale
Solo gli spigoli illuminati
Cosicché, alla fine, ti devi fidare
Della fiducia stessa ti devi fidare.
E il tempo batteva un ritmo più lento
Davvero troppo lento
Tanto che mi sono infastidita
Quindi sono uscita
Da quella cucina tutta bianca
Lasciando all’orologio di ferro
Il suo martello
Tic-Tac.
E nel corridoio ho ballato un fluido Tip Tap.
*
Viscere percosse
La lingua inghiottita
Un tuono, fuoco vicino sì
che bruciano le ciglia e
Unghie raccolgo nell’antro
Timori e coraggio.
Sputo di notte
Visioni
Compare e
Risale tentazione
Al collo
Brividi.
Dei diurni sospiri s’impossessa
Tra le mani un sacco di tela grezza
Offrendo
Beffardi sorrisi.
Demoni
Cosparsi di piume ed acuti brillanti
Feriscono solleticando i sensi
E scopro dell’anima
La pelle. Amo
Il Lete osservare, traslucenze e profumi
Tra Paradiseidi e Sterlizie riposa
Con le ali raccolte un drago
Nomi esotici e note di cori affiorano
Rugiada
Alla fonte del tempo
Lungo le tempie
Alla foce del vento
Il mio Tempio.
*
Ho visto
Una coppia.
Insieme non fanno due.
Non gli stessi
che da soli
migliori, allora ecco che
fanno una coppia
che si ama.
Più sicura e luminosa, è più bella lei.
Più distesi più grandi e dolci
gli occhi di lui.
Anche per le scale o per strada
per un attimo, un incrociarsi
lei che torna con la piccola in braccio
lui che scende per andare a lavorare
uno sguardo e quella trasfigurazione li trapassa.
La sera intorno al tavolo di cucina
non ci sono critiche, solo delle
osservazioni,
non c'è dubbio
che l'altro abbia compiuto
il suo dovere.
E con la semplicità che veste
l'amore vero una famiglia
giorno per giorno cresce.
E piano invecchiano.
Un'apparenza come tante,
ma non lo è.
Celeste cielo
Perla di luna
Ed il verde argento
di rami d'ulivo.
Questo ho visto.
*
E ha scavalcato il muretto
brulloso, un pagliaccio
dalle gambe sottili, anzi
sono rami d'albero spezzati
tanto vero che sono caduti
dentro il recinto di un'aiuola.
A terra si sono sfaldati
sgretolati e
poi sono fioriti in una primula
gialla, che s'è fatta grande
e carnosa; volata via
come farfalla.
Su altri rami intanto
foglioline verdi
gemmavano
a gennaio poi scendeva la neve
e tornava il pagliaccio
col naso rosso in mano
e si riprendeva le sue finte gambe.
In fin dei conti
le aveva lasciate solo
un po' riposare.
*
Non un giorno solo
Senz' amarti
Con te, per te e senza te
Senza condizioni
Senza ritorno torna Amore!
Senza tornanti lineare
Il tempo annientando.
Anello d'oro eterno frattale
Che ad est sorge e ad ovest
Non cade.
*
Su di una sdraietta a strisce
Bianche e blu
Davanti al mare blu
E bianco
Osservo le nuvole chiare
Nuotare nel cielo terso
Blu blu, il mio costume è bianco
Di cotone stampato a fantasia:
Piccole ortensie azzurre.
La mia pelle è ancora piuttosto bianca
E contrasta con lo smalto blu delle unghie.
Mi sfilo gli occhiali da sole:
Montatura bianco lucido
E lenti colorate, blu,
Ma non è che anche i miei occhi ora
Sono bianchi e blu?
No, per fortuna sbrilluccica d’oro
Questa soffice distesa cremisi
Sotto il sole e laggiù sta
Spiaggiata una medusa
Gelatina trasparente intrisa di succo alla fragola.
Le conchiglie, tra gusci neri spezzati,
Sembrano tonde fette di torte variegate
A strati.
Per quanto mi sentissi a mio agio
Nel bianco e nel blu preferisco
Questo nostro mondo ricco di colori diversi
E preferisco la mia storia
Entrambi riflessi nei miei occhi marrone scuro.
*
senza una spina
bianca gemma di rosa
nell'aiòn non sboccia
*
Romantica è questa pioggia
selvaggia. Prima cessa
ritorna.
Piano, di nuovo selvaggia
e ancora
piano.
Lustra le piastrelle del giardino. Ed io
irredenta
chiudo le finestre.
E torno da te
origine
sul dorso d’un delfino bello
col tuo caduceo alato.
Ascolta.
Uno spirito femmineo
si nasconde
nella virile trama.
Lo senti?
Diamante
tra sabbia vulcanica
mentre affonda
la lava
nel Blu.
Daimon poetico
che infine ci possiede.
Oh ErmesAmore!
Scioglie i ginocchi è
canto sottile
in tutto il corpo lo
scrosciare dei fili d’argento.
Ballano in cerchio
le margherite
sull’onda di un’ebbra voce
Ascoltala...che
S’ode dal mare venire
un fragore
lontano, mentre io
sono qui, sempre vicino.
*
sta là una stella
fuori dal branco bianco
come un ricordo
ti scruta un desiderio
vibra lucciola ardita
*
Chi cosa sono
A volte mi domando
Se fossi la figlia unica della Luna
Quali sono quelle forze quegli istinti
Che troverei comunque in me?
Che di noi non dipende
Dall'intreccio delle nostre intelligenze oltreché
Dal contesto in cui viviamo?
Certamente sono forze potenti a contrasto.
Cercherei di alimentarmi
Di conoscere sperimentare creare
Di sopravvivere, di procreare.
Sarei stata Vita
Che si nutre di Vita
Che ama Vita che dona Vita.
E non sarei stata io, lontana
Dalla mia madre Terra.
Il mistero di Dio è il riflesso
Di un mistero ancor più profondo
Reale
Chi cosa sono io.
Se chiudo gli occhi
Io vedo il Buio trafitto da raggi di Luce
Questo sono io
Ecco, in un' immagine.
*
Vieni? Giochiamo insieme!
Vedi che
Siamo tornati bambini!
Aiutami a ricomporre questo puzzle bellissimo:
Sono io!
Per riportare indietro il nostro tempo
Sono sceso nell' Ade, mia Euridice e poi
Mi sono fatto smembrare, per te;
Infatti il cuore è rimasto intatto:
Brace ardente, adesso
Questa
La mia nuova immagine
E sostanza.
Ci sei anche tu e tutto
L'universo, ma sotto
Tutta un'altra luce.
Ti piacerà così tanto giocare
Con me che vorrai sempre tornare a
Casa mia e chiederai ogni volta
:" Rifacciamo quel magico puzzle che alla fine canta e suona?".
*
Che frastuono d’uccellini!
S’avvisano perché è imminente il temporale
oppure si godono gli ultimi momenti prima della pioggia?
Sta al poeta interpretare
porre un’intenzione umana
in uno dei canti del mistero
definirlo
festoso od allarmato?
Uno specchio appeso al balcone penzola e sbatte contro il muro
balugina
mentre la luce esterna rimasta accesa lampeggia.
Quando la primavera s’avvicina all’estate gli alberi
assumono due colori precisi simultaneamente.
L’acero è rosso e verde
giallo e verde il corbezzolo
la tamerice del mio giardino ha i rami
simmetricamente dipinti
di fuxia e verde, anche i sempreverdi
come quel tiglio o questo cipresso
hanno le punte più chiare a contrasto,
d’un verde più giovane, quasi fosforescente.
Tutto vive
mi sembra si muova e si venga incontro
tranne me,
seduta
sulla panchina di legno attaccata dal muschio
che fumo una sigaretta lentamente, forte
della mia debolezza.
*
Ricordando la nonna Iole
Una sera
mi lasciasti entrare;
Ti vidi
Alzare le braccia, piegare i gomiti
Estrarre la forcella dalla cipolla sulla nuca
E piovere una copiosa cascata scura, i capelli
Appena mossi sulle punte sfioravano le anche.
A bocca aperta rimasi perché
Ti chiesi ingenua li nascondi sempre?
Con questa pelle chiarissima, gli occhi verdi o grigi
Sai, ero biondissima: sono figlia di una tedesca
Oggi vero
Sarei stata bellissima
Allora mi schernivano, mi additavano, mi schivavano.
E in famiglia venni costretta a tingermi i capelli col catrame
Il catrame? Quello delle strade?
Sì, li copriva.
Io piangevo mi disperavo
Inutilmente.
Adesso vorrei i miei capelli biondi
Solo per non sentirmene in colpa.
*
Osservavo la goccia
Fatalmente scivolare
Verso quella voce
- Ho sete-
Della cornice di legno
Che immobile
Continua a fissarla
In Patagonia intanto
Massi di ghiaccio
Scricchiolano si separano
Dalla montagna cara
L'oceano fa spazio
Abbraccia
Tra un grido incandescente
-Ti amo-
Si sente nell'aria
Un ritorno a casa.
Io prendo esempio da Lui
Ho deciso
Di regalarti ogni giorno
Una violetta
Per non farti troppo male.
Sai mi piacciono i piccoli fiori di campo
E pensare al tuo bene
Come fosse il mio.
*
dalla sua cella
dentro l'attimo evade
il colibrì
gaio e libero sorvola
confini invisibili
*
Questo mio daimon poetico
È uno spirito maschile
che si nasconde
nella femmina trama
(Lo senti?)
Si è allontanato
Rinnegamenti
e una possessione, infine
Anima e mondo.
Diamante
Tra la sabbia nera vulcanica
Mentre la lava affonda
Nel mare, nel freddo
Nel Blu
Thera
Chiudo le finestre
Che romantica è, questa pioggia
Selvaggia.Prima cessa
Ritorna
Piano, di nuovo selvaggia
e ancora
piano
Lustra perfinola passerella
del giardino
scioglie e inargenta.E io
torno da te.
*
E se il cielo fosse da una larga trama di fili
sostenuto, tutta la terra
non altro che una piccola biglia racchiusa
in una rete che un Signore…
un Dio Bambino tiene in mano
tra l’indice e l’anulare?
Se così indulgente fosse con noi da
lasciare che ci uccidiamo un po’
gli uni con gli altri, ma
ci trattasse Egli con cura, se avesse
attenzione estrema per noi, ché
basterebbe così poco,
un piccolo sommovimento,
sbandamento,
una distrazione per
inondarci tutti quanti?
Annientarci?
Se fosse proprio così?
… E che non si stanchi di giocare con noi!
Oh, ogni primavera invece
Quel bimbo grande e benevolo
Getta proprio qui
Petali di fiori!
*
ballano in cerchio
la musica del mare
bianche corolle
*
Questo mio daimon poetico
È uno spirito maschile
Che si manifesta attraverso
La mia femmina trama.
Si è allontanato
Rinnegamenti e
Una possessione infine
Come tra l’anima e il mondo.
Siamo un diamante
Tra la sabbia nera
Vulcanica, mentre la
Lava affonda
Nel mare freddo, blu.
E adesso chiudo le finestre
Che romantica è questa pioggia
Selvaggia, prima
Cessa, poi torna
Piano, di nuovo selvaggia
E ancora piano
Ha anche lavato bene
La passerella
Del giardino di questa
Palazzina da sei
E torno da te.
*
Tra braccia infinitamente care
L’aria è linda
Aperte le finestre. Dall’ Est rondini
In geometriche fantasie sorvolano
Palpebre chiuse.
Note rosse di rose
Dall'arpa d'oro
Mentre dal pozzo malchiuso
Le spine
E finalmente
Sbocciano
Sette melodie:
Il sapore del pane, dell’acqua
La trasparenza.
Tempo che non scorre, ruscello
di sospiri e carezze, essenze.
Della grafia la punta affilata
Un tramonto caldissimo che
…scotta così dolcemente la pace…
E cade
Sale; resta e se ne va, sinfonia
Tra braccia infinitamente care
Nuovo ti ritrovi
Sepolto, qua.
*
La mia Sofia
Insieme ad imparare
Aveva detto.
Non era insieme la modalità.
Non era oggetto la Verità.
Insieme
Da imparare!
Non è la vita tutta un insieme
Come si manifesta fisicamente nello spazio
Come si esprime nei cicli del tempo?
Insieme dà
Euforia
ed Immortalità.
*
regale stelo
da un tombino di ferro;
petali al sole
*
scende il glicine
l'incontro è alla darsena:
l'edera sale
*
Anche se qualche pezzo di noi
Dall' acqua è trascinato via
E lo vediamo andarsene
Centimetro dopo centimetro
È già trascorso, mentre
Si offre il momento
Ed ogni altro
Distendi il braccio
Tocca l'acqua con le dita
Senti che cos'è Pace
Una carezza naturale
Fammi restare
Assaggia
Ricorda
Del silenzio
La pace
La malia dell'acqua.
*
Quando fischia
al vento volo.
E il pensiero plana
coi violini sopra i fili
le antenne, i tetti anche
sopra i campanili e
verso un colle invece, un grande
noce un prato
ché s'è sdraiato al cielo.
E' un bel posto qui
giusto un po' lontano
dal centro città.
Quando dal mio ombelico
ai ciclamini
un sospiro
appena
un attimo discosta la sua mano
e un cinquettio rovista
tra i rami
è un bel posto Colle Desiderio.
*
Quando la ruota della bicicletta
scivola sulla ghiaia bagnata
quando, a penzoloni la lingua gioiosa,
un cane scodinzola poco lontano o
il terrore d’un calabrone ronza
sul più bel fiore, quello alto e colorato
e senti che percorre il corridoio
il carrello carico di panini
spinto dalla bidella: è ricreazione!?
Ecco, tutti questi rumori lievi
sono simili ai brividi che mi dai
O come quando dal ramo piegato
dell’abete crolla la neve.
*
Per Primavera
si veste di gran sera
il Rosmarino
Vita Nuova l'ha colto
e non se n'era accorto.
*
Ecco, vedi, tre in uno!
Cosa tre in uno?
Mutandine, pantaloni e calze: sono tre in uno!
Tu sei la mia collana più bella, quella
piena di pietre preziose quella
che non ho mai avuto perché
non ne ho bisogno
ché io ho te!
Tu sei il sole più luminoso di tutti gli universi.
E chi vivrà con te sarà persona fortunata.
I tuoi figli saranno fortunati, tuo marito
sarà un uomo fortunato e tra tutti
mi sa che la più fortunata sono io
che sono la tua mamma!
Quando ti avvicini a me tutte
le nuvole se ne vanno…eih, ma
che fai? Ti offendi?
Sì, mi offendo perché hai detto
che tutte le nuvole se ne vanno.
Ma solo quelle brutte se ne vanno,
quelle scure, le altre no!
Sì, le altre non se ne vanno, quelle belle quelle bianche,
anzi, si avvicinano e formano tutte insieme
un sorriso, con tanti dentini piccolini,
proprio come il tuo.
Lei mostra le due file di perle strizzando
Gli occhi e le guance.
E dicendo
Questo è il sorriso della bambina più felice del mondo.
*
*
E tu
Come afferrasse di colpo le spalle sfuggenti
Come se passasse la mano aperta tra i capelli
Come accarezzasse le gambe e la schiena
Come se mi guardasse le labbra
Cantami oh Viola
Del feroce Tuono
L ' eco funesta!
*
È sensuale la mia sciarpa
Lasciata sulla panchina?
È sensuale una portiera semiaperta
Sensuali sono fragoline rosa
Sulla cioccolata?
Una donna alta col cappello ampio?
La cintura di cuoio slacciata
Quella tenda a pois che
Svolazza all'aria?
La lentezza di candide nuvole che
Sfiorano appena un cielo deciso?
L'uomo con la bianca rosa
Chiusa nella mano?
*
Questo cielo dorato da
raggi che portano ombra è
Il luogo ove ci siamo radicati
Visitarlo e raggiungerlo
è possibile, anche a
distanze parallele:
sentire di essere vivi e affidarsi
è il meglio
osservare i
disegni che fioriscono nel nel Sè e
poi si sfaldano, come una foglia gialla,
di bronzo striata,
adesso si stacca.
Ostinato il cielo abbraccia
i fiori e la montagna
con pari intensità.
Quello stesso cielo è
il luogo ove
ci siamo radicati dentro me
comprende ovunque
con un senso di sollievo.
*
Sopra una coperta stesa a terra
la Madonnina del Santuario delle Grazie
illuminata come quella del Duomo di Milano
ci guarda
col suo sorriso misericordioso
mi fa sentire in colpa.
Scavalcato il muretto
saltati giù nell'orto di ulivi
dei frati, scelto un alberello
che si confonde tra gli altri
si nota poi
la luce adesso accesa
alla finestra, qualcuno, col
laccio al saio
e un binocolo.
*
Ci scorre dinnanzi
Il tronco d'argento
Dell’antico nocciolo
E poi c’è la sua chioma
Roccia vellutata che
Arpeggia al vento
La terra e il mondo piano
Come da una vecchia nenia
A una lenta corrente, passa
Sotto i nostri piedi nuovi.
Qualcosa che non esiste, fresco
Qualcosa come un volo
Rifugge, ci rifulge dentro
Divampa alle spalle
Un fiero incendio
Tutto è così vasto!
*
Non è più quello che vedi
Madre
Il sogno che sognasti non è più lo stesso sogno
Ora veste ciclamino
Ha una coroncina discreta
A quattro voli di velo dalla
Sommità della nuca.
Una percezione vasta e potente
Dalla direzione circolare e trasversale.
E’ un alone, un manto
Come ali di falena.
I capelli si intravedono appena
Lampanti gli occhi scuri
Due lunghi rami
Come braccia aperte
uno parte dal cuore
l’altro dal ventre:
il padre e la madre.
Un corpo che tocca terra
Come una piramide e
Un grembiule che sa
Di nutrimento e pulizia.
E’ la lava del vulcano
E quei rami zampilli a
Creare nuove terre, chissà poesie!
Ti rincorrevo e t’inseguivo
Scappavi e svincolasti finché
Ti fermasti
Un grande tavolo di legno massello ci separava
Ti lasciasti tutta guardare.
Intanto io mi divincolavo e cercavo
Di slegarmi e scendere dal lettino
L’infermiera mi teneva
Il dottore aspirava le tue radici
Dal fato, m’hanno detto, strozzate.
Al risveglio eri stata estirpata
Come non avessi mai attecchito…
Come avessi io di nuovo quindici anni.
Eppure tu continuamente viaggiavi qua e là
Mentre le onde accarezzavano il mio corpo
Quando il sole scaldava
Quand’ero felice quand’ero triste
Anche tu quello che assaggiavo anche tu.
No, io che avevo assaporato la divina compagnia
Non avrei più avuto il corpo incosciente
Di una quindicenne.
Adesso questo mi ventre nero era
Terra di madre
Reduce da incendio.
Dimmi cosa avevi da insegnarmi
Insieme ad imparare
Allora Sofia scelsi il tuo nome
Promettimi che ci rivedremo
Se lo vorrai.
Mentre girano le chiavi tutto si trasforma
Ma c’è un passaggio che resta sempre aperto.
Nell’anima scura e pura è un luogo
Dove scivolare.
E tutto quello che è accaduto
Come non fosse mai caduto.
*
Questo è un amore nero
Nero nero;
Nero perché
Brucerebbe cento città e cattedrali.
Nero perché
Le palpebre sono
Chiuse sempre
E le labbra
Sempre protese
A un bacio.
Credo che così noi
Amore mio, stiamo
Facendo girare...suonare
E illuminare
Una, delle
Misteriose chiavi dell'universo...stelle
E buchi neri.
*
*
Vino versato
Velluto rosso
Papavero al tramonto
Fiore di pesco al mattino
Lo scoppio di una risata
La rilassante scia di una remata armoniosa
La pioggia di notte batte sulla tenda da campeggio
Pietruzze schizzano dalle ruote della bicicletta
E una farfallina bianca circumnaviga l'aria.
Sei anima questo
Riflesso sullo specchio antico
Mentre la luce attraversa le tende.
*
Sempre lo stesso
Volo di lacrime
sopra gli occhi
di un bambino.
E’ un’ombra
Alla quale restiamo ancorati
E’ la paura
Di essere innocenti.
Un rimpianto
Che sa di eterno
E ci tiene qui.
E privi di meta si va a casa.
*
Odiavo i semafori
La mano di mio padre sulla spalla
Odiavo la luce e chiunque ridesse.
Amavo il vuoto l’assenza
E nostalgia…
Il respiro degli occhi.
Distendendo le mani
Allungando le dita
Avverto che anche fuori
Esistere può
Il desiderio
E’ qui, adesso.
*
L'uomo è latte
L'uomo è muschio.
È acciaio.
Coccinella tra la neve che annaspa
E troneggia
L'uomo è sogno
Come fumo di lago
Raggio notturno tra fronde d'abete
Quel sorriso già spento che
Ancora riverbera dalla foto
Ingiallita.
Una libreria impolverata.
Una scarpa lucida in vetrina.
*
I capelli bianchi arriveranno
con la loro luminosità.
Fuori di casa senza trucco
ancora più bella.
La pancia tonda come
la morbidezza della Luna.
Sarà pulito da cima a fondo
quell'ospitale tuo sorriso.
Le circostanze saranno musica
da te stessa creata.
Respirerai questo urlo nel sole
Solo se è finito
è nell’anima infinito
L’amore
Il presente.
Ne proverai piacere.
Avrai sconfitto, allora, donna, molti dei demoni
quotidiani che
attentano alla tua libertà.
E che l’attendono.
Quando quello che sei ti basterà
Onorerai il sacro del mondo.
*
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
Tranquille
fiduciose
E l'immenso ci cantiamo.
*
Sapevo che eri lì, dietro la porta
Entra pure. Eccoti, con quei
Movimenti seducenti, eppure
Tremolante è
Lo specchio della tua acqua
E le ninfee sono chiuse;
Fruscii di vento tra i giunchi sfiniti
A mezz’acqua una carcassa di barca
Senti, la bambina che
Piange, chissà
Dov’è? Sotto queste stelle se ne sta
Sono aghi, pronti
A precipitare.
Ma tu, resta qui,
Rassicurerò
Ora che sei senza gingilli
Nuda finalmente
La tua pelle smarrita.
Librati
come un angelo passando da me
Come da giorno a giorno fanno
I cicli delle stagioni,
Perché tu sei
La mia ispirazione
Ombra.
*
*
Come quando due alberi spogli
L'uno verso l'altro si protendono
Ci siamo abbracciati
Armonizzando
Il freddo
L'amore
Fino a creare un romantico archetto.
Come sottobosco invernale
Tra dolore
E tepore
Tutti i nostri timori
Si sgretolavano
Sotto le piante dei piedi
Solleticandoci.
Lo Scirocco ci teneva le mani
E noi ci lasciammo condurre
Fino al pianto
Fino all'estasi
Al sacro
Rendendo
Quel boschetto
Di querce
*
Enoch, chi era costui?
E al centro del sette c’è Dio?
Scriverò in settenari
Ti volti e mi sorridi
Folgorante
Oh se lo sai
Che io lo so che Dio è nel letto
Disteso e riposa
Respira il Profondo
Quando mi comprendi
Quando ti compenetro
Quando ci abbracciamo
I sonagli sfiorano
I tamburi percuotono
L’ aria, L’ io
Gli Atzechi, la Cina.
*
*
Vorrei che tu potessi raggiungere la luna
E che ridessi da lassù seduto a cavalcioni
Quando invece da lontano la notte le stelle
Miri e il cielo che tu riuscissi a percepire
Le sue magnetiche carezze, con la calma
E la lentezza delle basse onde ti giungesse
Proprio da lei ogni notte l’invito a chiudere
Gli occhi e che tu lo facessi
con un serafico sorriso.
Quando piove sottilmente
Che tu ti sentissi coperto di baci leggeri
Che una tempesta di grandine fosse per te un abbraccio
Fortissimo;
Quando invece cade la neve e si scioglie tra le mani
Quelli sono fragili sussurri,
Il vento il più intimo degli sguardi.
Io sono una formica di fronte al
Mare che avanza
Troppo vicino ed il mio amore
Così tanto non vale.
*
Oggi che
anche le montagne
piangono
non mi importa nulla dei simboli
mi piace il mondo così com'è.
Tra le curve distese la nascita della gioia.
Riecheggia tra le gole asciutte il richiamo
Serena
Serena dove sei?
E la serenità è davanti a me.
Ho stretto la punta delle tue dita
gemme tenere di piacere.
Alla luce della notte sbocciai
Sirio
del giorno al principio.
*
Scostiamo il velo azzurro
Al soffio del tuo passaggio si spostano le nuvole
Questo è il luogo del mio paradiso
Alte e sottili betulle senza corteccia,
Non c’è nulla da cui debbano proteggersi
Ed offrono una pelle liscia da accarezzare.
All’orizzonte monti dal fluorescente velluto.
Qui sei nato tu, miele di Rododendro
Ambra, frutta, aria incontaminata
E acqua sorgiva che
Rapidamente evapora e cristallizza.
E’ una calda danza il tuo lento scivolare
Nel Soma, amalgamiamo
Con il sapere dell’attesa
La saliva, otterremo
L’estatico idromele
E l’immortalità.
E noi non vogliamo altro che restare qui
Nudi e abbracciati come miele e saliva
Acqua di sorgente nell’Anima mia legata
Ad un Tempo Eterno
Che è nostro.
*
Una spennellata di cielo
e una spennellata di sabbia;
al centro due innamorati stanno,
abbracciati gambe e braccia, che
da lontano sembrano due scuri puntini
E chissà in quante paia di puntini scuri
per la nostra vista del tutto insignificanti
sarà racchiuso e s'alimenta
un universo d’amore!
Giah! E’ talmente grande l’anima,
che ci siamo creati un corpo
per arginare la forza dei sentimenti.
Questo pensavo intanto io e
osservavo la barriera degli scogli,
il mare
ci faceva l’amore!
*
Con te le rose hanno il colore
del cielo e il cielo ha
il colore delle rose.
*
Quanto tempo
volentieri senza pensieri spendo
a nutrire ciocca a ciocca i tuoi capelli,
lunghi sottili ricci;
Passo e ripasso il pettine stondato
che verde è giacché il verde ami,
fino a risolvere ogni nodo,
perché tu possa godere del
profumo e della sensazione di carezza
leggera, quando, asciutti
e vaporosi, quei fili di seta ricadono
sulla tua minuta schiena nuda,
E ad osservarti mentre, spericolatissima,
vai sull’ altalena, lanciando la testa all’ indietro,
i boccoli al vento all’ andata, sulla faccia al ritorno
di nuovo al vento!
*
Vai da solo
a far le fotografie a Rutelli alla maratona di Roma
io resto qui, con una gamba sul bracciolo del divano
a leggere Hermann Hesse " Il lupo della steppa".
E per due giorni non voglio saperne più niente di te,
Amore mio, anche se mi mancherai, lo so.
Indifferenza verso i passeggini sotto i portici della Coin
un serpente che di notte risale le caviglie fino a mischiare la sua saliva con la mia ed il mio primo racconto consapevole.
Lo intitolai " L'ultimo viaggio".
*
Questo non è il mondo reale
Questo è il mondo dei sogni
perché il mondo reale è quello
dove viviamo io e te mentre
ci baciamo.
*
Gli angeli non hanno ali pure, immacolate,
gli angeli hanno ali d’oro, pesanti,
piene di riflessi, che erano macchie.
Non si alzano in volo perché sono senza peccato
al massimo si alzano in piedi
per una standing ovation.
Quell’oro è frutto di ricerca alchemica.
Hanno saputo trasformare
Ed è un segreto come.
Guardandosi allo specchio
Dritto negli occhi, ridono.
Hanno saputo inglobare il mondo
Nelle loro pupille e
In quella luce, nel fondo,
vedono Amore.
Hanno i capelli bianchi, ma
Mica se ne crucciano!
Gli angeli sono sereni!
Hanno raggiunto la meta.
L’amore di Dio in Sé:
Amare con gioia
Senza limiti
E senza possesso
Uno e tutti e tutto.
Gli angeli davvero hanno capelli bianchi e ali dorate e non il contrario.
*
Onda, che con la sabbia hai scoperto il modo
Per essere sempre giocosa
Tu, Altomare, che con l'orizzonte
Continuamente disegni un punto di vista,
La retta sempre nuova dell 'equilibrio
Chiedo infine a te, Sole, che dopo
Tanto pedinare la rotonda Luna
Solo una manciata di minuti all'anno
Riesci a raggiungerla e
Parzialmente coprirla
Eppure perennemente ti mantieni
Pronto e splendente
Insegnatemi,
Voi, come si fa
In questa realtà Incompleta a
Creare e a donare
Armonia Perfetta.
*
Resta a bocca aperta
Tutti i tuoi respiri, ti prego,
Donami adesso.
Cade la mente,
All’indietro, nel nulla
E tutto che va da sé.
E io qui a guardare, ché il Tutto
Va via e gira, da sé, e io qui
Ad assaporare ad occhi chiusi a bocca aperta
Questo mosto, tutto nostro che
Il Tempo mai avrà.
E mi Attraversa, eterno
Calore che scioglie i lacci inutili
Scioglie le ginocchia ora
Più grande si compie un respiro
Che non mi serve più niente
E non mi importa del freddo.
Ho fatto l’amore col tuo respiro
E quando nel mio respiro sei esploso
Ti Ho scoperto
Eri già radicato in me
Ed io intrisa di te,
E ancora. Sì!
Ancora respirami Liberami indissolubilmente leghiamoci ancora
Così,
fragili siamo in amore, travolti dall'amore.
*
Se ne ammiravano di mondi
Guardando attraverso
Gli aculei di quel riccio Swarovski
Sollevato dal tavolino del salotto!
Tutto poteva all’improvviso diventare
La sinuosa striscia di colore variegato
Racchiusa dentro la biglia di vetro
Come, ad esempio
Una testa di drago.
La macchina da cucire a pedale
Era una bicicletta;
Ma la bicicletta era un aeroplano
E se passava davvero un aeroplano
Quello era un enorme gabbiano.
Sopra le nuvole c’era Gesù
Coi suoi discepoli e
Bastava cantare una piccola canzone
A sua madre, Maria, perché
Facesse sì che di piovere smettesse!
La Domenica poi
La dovevo ringraziare:
Un mazzetto ben composto
Di papaveri, violette e margherite
Ponevo ai suoi piedi,
Nella chiesa dove
Fremevo d’attesa,
Per il momento preferito:
Sgattaiolare sotto le panche,
Sbucare ovunque e porgere la mano
La Pace sia con te!
La curiosità
E la fantasia
La gratitudine
E la vivacità
La gioia e la fratellanza
Erano secchi traboccanti
L’acqua fresca
Di quel pozzo
Posto al centro.
*
Veste di scuro e stelle
I capelli tenuti dal cerchietto
Candido, col fiocchetto
Serba le mani come fan le belle
Come latte la pelle
Lui con cura s’è scolpito il ciuffetto
Sbottonato il colletto
Giovani e fiere le nere pupille
La stringe a sé con affetto sincero
Ella accosta la testa
Il portamento mantenendo austero.
L’eleganza dei giorni della festa
Quando il cielo è leggero
E apparecchiata è una tavola onesta.
*
Un telo nero che lentamente si muove
Riflette
Mille e più colori
Lo fa ondeggiando
Si mostra impermeabile
Eppure se hai il coraggio di amarlo
Ti accoglie con tale soavità e dolcezza…
E’ sempre
T’aspetta, senza aspettarti.
*
Leggera e gonfia
Oh così carica di Sole
La nuvola su cui ho sognato di dormire!
Serenità e sorriso
Sul mio viso.
Il rosso e l’oro sotto le mie ali.
La sicurezza di non avere terra.
Aprire gli occhi
Trovandosi in un sogno,
Ammirare.
Ammirare,
Sospesa, anche
Al risveglio, a passeggio, lungo la battigia;
Carica d’amore,
Come quella nuvola
Così leggera e gonfia,
Che il mio sterno comprime,
Mentre preme alla gola,
E il mio corpo espande.
*
Sto attraversando il ghiaccio,
Come attraversare l’infinito
Sibilline, lande di pensiero
E fumi come fiumi e fiumi
Come funi,
Nastri infiniti d’arcobaleno
Mai, avrei creduto potermi avvicinare
E invece,
Tengono la mano,
Fanno danzare roteare
Io da sola un senso d’andare
Ché mi bastò e mi avanzò, oltre
la linea dove?
Cedono il passo a questo mio
Evadere
Orizzonte e tempo,
Onde e movimento,
Solo un po’ più densi.
Ritrovo ogni cosa perduta,
Polvere di stelle,
Ogni cosa mai avuta.
L’universo è un atomo
Liberato
Dalle catene del pensiero.
Voglio andarci da sola, perché
Da sola ti porto con me.
Tu sei quello che m’insegnò
Come si ama davvero la vita
Senza accorgersene,
In istanti
Esserne amati.
*
I Raggi della Luna
le sue spade lucenti
si posano si sposano
s'intrecciano ai rami
degl'alberi d'argento;
e ai tuoi lunghi capelli
che ti sei fatta lisciare
stasera per me
dal vento caro amico.
E' scompigliata la tenda
fresca del cielo che
la tua mano saluta,
cosicché l'infinito possa di nuovo
cantare, sapendo
che lo ringrazierai;
tu, che sei rondine di primavera
che nascosta dalla luna vola.
Guarda, una piccola stella batte il tempo
e una grande tiene lunga la nota
dentro i tuoi occhi.
*
A mia madre che
ieri sera me l'ha inviata
*
Pensando alla dimora
di famiglia in Umbria
Ma quanta uva,
Discende oro,
Sotto questo pergolato,
Quanta ombra e com’è profumato!
Adoro della vite la trasparenza delle foglie
E al tatto questa particolare consistenza,
La foglia sottile,
Il fusto contorto che si sfalda
Eppure resiste al gelo.
Allora togliti la camicia!
Appendi al pomello del portone antico
Il cipiglio austero e la vecchia cravatta
E balliamo!
…Come quella prima festa
Che scrivemmo sui muri i nostri nomi
I miei quindici anni…
Calpestiamo a ritmo lento
Ogni chicco maturo caduto,
Facendo del sangue un
Vermentino,
Alzando al Nostro Vespro
Un pungente sorso d’amore, e poi
Sporcheremo correndo le scale!
*
Mentre mi sbuccio una mela appassita
Ti fai brezza, lungo la curva schiena
Un ambiguo languore mi fa preda
All’indomabile sorriso indifesa.
Se rido e sono felice ti penso,
Cangiante l’oscurità
Ogni cosa si distende.
Nessuna lotta più è in corso,
Come luna e marea complici siamo
I nostri abbracci hanno suono di onde,
Come velieri in procelloso mare
Però verso oriente.
Da un cielo di porcellana in picchiata
Gli albatri sprofondano, come gli occhi,
Tra i marosi, verso oriente però,
Le guance s’accendono di porpora.
*
*
Segni su carta
Quale il significato
Se non siamo noi a vestire le parole
Anche nel vuoto
C’è la nostra presenza
Che veste di vuoto
Quel vuoto che non esiste
Tutto ci appare
E noi diamo a tutto
Il nostro corpo interiore.
*
Siamo nati
Per toccare
Ogni cosa che
Ci circonda
Compresa l'aria
Che ci circonda senza stringerci.
. . . I no, il passare
Negli anni, stanchi. . .
Abbiamo perso così
Questa curiosità, nostra,
C'è! Chiama là. . . tra
I cespugli!
*
Tutto il male che ho ricevuto
Io l’ho perdonato,
Come se ogni giorno da capo cominciassi
Ed ecco perché sono così incostante.
Se qualcuno si comporta con me in modo tale
Che dovrei forse offendermi,
Io non mi offendo,
Anzi gli sorrido e lo comprendo,
Come l’acqua di un ruscello,
Tra le mani di un ladro.
Chiudendo gli occhi
Avrà scordato, per un attimo,
Tutto il male che ho procurato,
Per un attimo, avrò scordato.
*
Eclissi di luna che sa
Di Yin e Yang
Dentro un soffice cielo
Tra nuvole d’angora
La serenità
Una vela chiara naviga
A mezza prua
Attraversa l’oceano come un respiro
Tra fiori che s’aprono a milioni, sì
Gli occhi, che restino chiusi…
Come pioggia sull’oceano
Le mie piccole mani
Sul dorso d’onda
Della tua schiena
Distesa.
Questo diamante
Sfiorato dalla sabbia
È un tamburellare di brividi,
Una danza arcana, e
Gli spiriti sì cantano liberi…
*
Miele di Rododendro
Mi piace il tuo profumo
Fruttato il tuo colore ambrato
La consistenza che richiama
Aria incontaminata e acqua
Sorgiva che rapidamente cristallizza.
E’ una lenta danza il tuo caldo scivolare
Nel Soma amalgamiamo
Con il sapere dell’attesa la saliva,
Otterremo l’estatico idromele
E l’immortalità, allorquando
Le forze Dionisiache danzeranno
con noi e le radici della terra
Usciranno per noi
Aquile e serpenti
Sveleranno misteri,
Ma noi vorremo nient’altro che
Restare uniti nudi
E abbracciati come
Miele e saliva; come
Acqua di sorgente
In un angolo di paradiso
All’ Eterno Cronos.
*
Con la leggerezza dei petali
Ti trattengo
La vivacità e la freschezza del
Torrente tuo ascolto
Ogni giorno più forte.
E dov’è più chiaro l’orizzonte
Randagia altrove se ne va
La stanchezza di vivere.
Aneliti ed attimi s’incontrano
Si posano gemiti nel silenzio
In immensa purezza
I respiri si cercano
Divaricano e divorano
Il più piccolo fremito
Ad essere noi:
Una rosa nel cielo,
vellutata ed ombrosa luna,
nel pieno d’un tenue tramonto,
tra poche e fioche stelline, in questa
argentea dolce sera, ampia e serena.
*
Abbandonare ogni certezza
chiudi gli occhi
Respira il vuoto
Per scoprire la certezza
Riuscire a sentire l'acqua scorrere
Dalla gola lungo l'esofago
E soggiornare nello stomaco
E che nel tuo cuore è custodito amore,
Sgorga amore.
La certezza è lasciarsi
Accarezzare
Le guance e i
Capelli
Perché tu sei
Dentro di me
E soffi sui miei brividi
Quando la mente
Finalmente si spegne.
La poesia ti avvicina a Dio
E ho il potere di generare.
Ho pensato poi chissà quanti prima di me
Lo hanno fatto ed ecco perché
Ci hanno da sempre temuto.
*
Come un antico soldato che fa cadere
La sua armatura
Sono un uomo che sta perdendo il suo
Natale artificiale,
Spogliato e impaurito
Cerca il suo coraggio e
Sono come un invertebrato
Che si sta trasformando in un insetto
E Volerà.
*
Che ogni statua
Che sia opera d'arte
Avesse gli arti e la testa
Mozzate,
Come il Nostro Natale:
Una chiesa senza vetri
Ai rosoni e senza
Altare.
Una cornice d'argento che
Non conservi il ricordo;
Uno sguardo sospeso
Un respiro
Inghiottito.
Trascorsi per niente
Duemilasedici anni
Ché ancora torna in scena
La strage degli innocenti
Su questo palcoscenico
Senza sipario,
Narrazione senza
Finale e
Senza morale.
*
Rischiare la vita
per cause ignote.
Qualcuno pensa di avere il diritto di distruggerti
perché la tua casa non è la sua casa
perché i tuoi figli non sono i suoi figli.
I piedi freddi e bagnati che veloci camminano in fila
ché sei un bersaglio umano,
non sono i suoi piedi.
In casa ci abbracciamo tutti stretti intanto
che l’esplosione delle bombe,
sembrano sempre più vicine,
ci fa scoppiare il cuore,
schegge ovunque dentro, fino alla gola,
fino alle pupille,
ma non è la loro vita, il loro destino.
Allestiscono alberi di Natale,
fanno il presepe,
un ricco cenone a base di pesce su tavole
sfarzosamente apparecchiate,
si scambiano regali,
vestiti , pettinati e profumati con cura,
vanno alla messa,
dopo essersi confessati,
a volte preferiscono di no,
prendono l’Eucarestia;
s’inginocchiano e pregano,
e si commuovono per la Bontà di Dio,
che Caro, Egli li perdonerà.
Mentre il tuo cuore
ti fa sentire quanto sei debole, il mio
dal piombo ricava l’oro e sarà
la mia sola monetina,
sarà uno scudo che scintilla e che risuona
anche quando cade a terra.
E se tu mi porti intorno
la totale distruzione
io scopro che la gioia non dipende.
Mentre intorno a me crollano le case dei miei ricordi,
la vita di quei ricordi è un edificio
che non crollerà se non crollo io.
*
Intorno, tutti i giorni, c’ è un albero
di Natale, riesci a vederlo meglio
dopo che ci siamo nascosti bene
dal Sole, a contare, dall’altra parte
del mondo, non ha precisi confini
ad ogni albero del parco è legame.
Qua e là, tra i rami dalle rade foglie,
sfere grandi di calda luce, sono i
lampioni, ce ne sono a tutte le altezze
ed anche, alcuni, che sfiorano il cielo,
dalla luce più fredda, anche varia è
la direzione, quelle trasversali,
luci dall’alto e luci circolari.
Sulla punta c’è la luna e
come scia ha tutte le stelle.
*
Destinati a comparire per scomparire
lasciando un senso di meraviglia,
fermata di corriera paesana,
a continuare
la narrazione,
siamo giochi di sabbia.
Umidità e secchezza,
riverbero, scintillante, solare,
di cunicoli ombra sotterranea
in ogni immateriale granello
che ci compone;
e che ci scivola via
al ticchettare del tempo
sensibili noi, lui sordo.
Essere leggeri, volatili, allora
e neanche voler sapere
quando e né dove la raffica
ci trasporterà, tanto che
la viva risata dell’aria,
quella voce ricordata,
il suo sorriso innamorato,
delle onde l’armonia, il costante
equilibrio musicale,
altro da noi non è, eterea
solida fragile realtà.
Camminami
e scrivimi
distesa come una spiaggia
senza limiti visibili,
affondami e bagnati
ché non per sempre, è una magia
che ti concedo,
che mi concedi, non per sempre
mi ferirai.
*
Quella patina ghiacciata
sul furgone bianco parcheggiato
mi fa ricordare della mia solitudine,
inevitabile, come inevitabile
è l’arrivo dell’inverno.
Tengo più stretto a me l’ampio giaccone,
ma dalle narici mi entra questo gelo,
che cristallizza
i miei organi interni e tutti
quest’altri oggetti in qualche modo utili,
appoggiati fuori,
in questo immaginario mondo.
C’è un bocciolo di fiore a grappolo,
rosso vermiglio, tra i rami
grigi e bianchi di quel piccolo albero nudo;
vorrei spogliarmi anch’io, di tutto, anche
dei minuscoli quotidiani orecchini,
anche delle unghie crescenti, cosicché tu
potessi vedere solo
il grumo rosso del mio amore,
pulsare ancora vivo,
e forte, come
il cuore d’un
sopravvissuto.
*
*
Segui la scia,
il profumo dell’ortensia,
so che se ti voltassi,
bloccheresti il vento e
le sue mani, dolci.
Alle spalle il mattino s’è spento,
d’ un palcoscenico buio
il sipario s’è aperto,
gli occhi e la pelle brillano di più e
se vuoi, ora puoi dimenticare
che arriverà la sera e poi domani,
come rami delicati e spogli
perdere anche gli inutili ricordi.
E ridere forse solo per
aprire la bocca
scivolarci dentro,
toccare l’anima
con un respiro caldo,
le gemme dal gelo bruciate
condurre liete a rifiorire,
ali di brividi,
petali blu che fremono
oltre un cielo, già cobalto.
*
Come la nebbia,
questa nebbia che
non è mai stata così dolce,
che mi pare zucchero a velo,
così tu stasera, per me.
E m'avvolgi lungo il molo,
non so più ormai se al
successivo mio passo avrò
suolo ancora o se affonderò
in questo cielo freddo e nero che
capovolgendosi ha perduto
le costellazioni, ché quelle
sono solo le luci dei lampioni.
Ho coraggio e avanzo
con il tuo odore nei polmoni
che prima d'uscire
ho scoperto essere
ancora nel mio letto
nell'antro dell'anima mia,
quando si scopre protetta,
sotto le stropicciate lenzuola.
*
*
Vuoi condividere una nuvola?
Condividere il sonno, lo sai vuole
L'amore, essere hamaca, legato
Ai raggi del sole e spinto dalla
Tiepida brezza dell ' aurora nei
Giorni intensi del Solleone.
Trasparente
Come un profumo un calore
Come un crampo un batticuore
Perché è dentro che ti prende,
Giah, l'amore!
Il cartomante alzò gli occhi e li puntò nei miei
" Non lui, l'uomo della tua vita"
M'alzai " sbagli, io sono sicura, non può essere altri che lui"...
Dopo qualche anno ti voltai le spalle;
Ti sentivo: c'eri, immobile, tra i graffiti e
Quel sudicio muretto ai piedi
Dell'antico ponte romano.
Ad ogni passo cocci ferivano le orecchie,
Consapevole che mai più avrei sentito la
Tua presenza alle mie spalle,
Irrimediabilmente lontana.
Sempre più.
A frantumarmi il core l'assenza
Della tua voce calda
Trasparente.
Adesso all'amore chiedo
Vuoi condividere una nuvola
E Dico
Trasparente è l'amore.
*
...ma non trovi straordinario il fatto che,
quando da pomeridiano diventa serale il
cielo e poi, con agio, si fa la notte,
puoi osservare i colori su di una tela cobalto
e supporre che il lillà o il viola scuro, da lassù,
tingerà anche quella porzione di cielo quaggiù,
sopra quel piccolo lampione, sul viale
del lungomare? Non trovi straordinario
che le montagne riflettano la loro ombra
maestosa su altre montagne e su laghi o
grandi lussureggianti fiumi, su lande brulle e
sabbiose, rilievi desolati; e contro l'azzurro intenso
le nuvole chiare pare facciano quasi ombra,
tanta la luce che esse stesse emanano?
E che un prato straordinario dapprima
appaia d'un verde scuro, poi chiaro, quasi
fluorescente e infine giallo, coperto da
steli fioriti?
Non trovi che il mondo sia tutto uno stelo fiorito,
il quadro d'un estroso pittore,
oppure dire
sono soddisfatto?
*
In aria v’è una musica ritmata e soffusa,
Pioggerellina,
Venti scarpette di raso sbattono,
Allegramente,
La punta stondata, sulle assi di legno
Della sala ampia, ricca di specchi.
Le minute rosa ballerine e le coroncine
Piumate,
Si sollevano da terra, anche le onde d’oro dei riccioli
Tuoi, danzano,
Fuori dall’ obbligatorio chignon che tanta
Eleganza ti dona
Luminoso,
Il collo, il volto
E il sorriso, d’un attimo,
Negli occhi mei per sempre.
Piegare le ginocchia,
Come per far entrare la luce del sole;
Chiudere le gambe,
Per sbarrare l’ingresso al domestico gattino;
Il pollice alle altre dita, come la mamma dà
Il bacino della buonanotte, una ad una;
In regalo infine per noi un Arabesche inaspettato
Dalla magica scia.
Quando tu salti la fila per esibirti in un’agile capriola!
E’ calamita ed orgoglio,
La punta di quel tuo nasino
Sciocco, in fondo:
Da lontano,
Come le altre con le altre,
Ti accarezzo con sorrisi e carichi respiri.
Questo non è che
Un ritrovarsi insieme di mamme,
In Pasticceria “Futura
Danza- Fitness e Benessere”!
*
Sempre più mare
fa, l'onda, che arretra e poi
lenta riavanza.
S'infrange il male e già
l'acqua tutta a sé abbraccia.
*
Una campanula scossa
il cui pistillo trema,
Nuda, qui davanti a te
e m' assali il corpo di baci.
Sono come uno specchio d'acqua d'inverno
mai, sarà immobile nel fondo,
Sempre più mobile tu trascinato
dall' infinito sommerso:
Una campana colpita
che non smette di vibrare.
*
Una colonna dorica di un antico tempio greco
Ho capito a cosa simile tu sei
Una carezza sulla testa e sulla fronte
Il vento sfiora i gradini
Danzano in cerchio granelli di terra argillosa
Dioniso ed Apollo si sfidano
Nella sala ampia della Casa degli Dei
Appena dentro te.
*
Le nuvole dapprima
Si son dipinte d’oro
Poi il cielo
S’è come illuminato
D’oro e gli alberi il prato
Le ombre anche e
La stessa mia pelle,
Pur conservando
Il mondo intero in sé
Tutti gli altri colori
In sfumature.
Quell’oro che
Tutte le cose avvolge
Anche le nuvole scure
Portatrici di tenui, tenere goccioline
Rigeneranti come
Le lacrime che mi rinfrescano gli occhi!
Gli uccellini cantano alle mie orecchie,
Mentre le macchine che passano
Non mi danno alcun fastidio più e
Come, come mi sembra piccolo
Questo modesto mondo d’oro
Rispetto alla mia anima,
Lo contiene!
E spazio le rimane.
*
La giostra che gira e gira e gira
Al centro il volante di ferro arancione
Mi slaccio la sicura rido e via
Divorando l’aria tutt’attorno
Alzo le mani e più forte giro
Mi metto in piedi e volo
Rovinando sulla ghiaia
Il ginocchio sanguina
Di saliva, per disinfettare una goccia
E un’ampia foglia di salvia per cerotto
Per dottore, dagli occhi gialli, un gatto.
Il miglior amico mio che aspetta
E’ il Sole alto nel cielo, sereno, mi fissa
Ché noi di crescere, non abbiamo ancora fretta!
*
Come un incubo ricorrente torna
l’immagine delle sette e diciannove
in pixel rossi su un orologio stradale
campi ghiacciati, senegalesi al semaforo,
il motore e i vetri a cui non ho concesso
il tempo del risveglio, per fortuna Ligabue
mi conforta, tira via la rabbia e la tristezza,
mi fa andare avanti, nonostante abbia
il semaforo rosso: quattro minuti d’attesa,
ansia di parcheggiare tra posti riservati e
divieti dovuti alla burocrazia,
nonostante la corsa e le scale a salti,
estraendo il budge, rigirandolo per il verso giusto
e strisciandolo al volo,
solo dopo, guardare e sospirare.
Ecco, basta che segni le sette e trenta e qualche secondo,
per essere obbligati,
a trattenersi almeno quindici minuti in più,
...:“il software funziona così”: ,
a doversi giustificare,
a testa bassa, con il capo settore,
che di solito é rigido, applica il regolamento che
...:"prevede il biasimo...per par condicio
nei confronti degli altri ”:.
Un bel giorno, tutti, li mandai tutti affanculo e che,
che strana sensazione, la vita tornava,
sì tornava, tornava ad appartenermi!
*
*
Come può desiderare una formica
di caricarsi sul dorso una briciola
di pane, colossale, da portare alla tana o
Il baco, lungo la sua avanzata, faticosa,
trovare una rossa mela, l'ape suggere
nettare da offrire, orgogliosamente,
all'alveare; come la nuvola desidera
avvicinarsi alla luce del sole o
rovesciare a terra pioggia quando
tutto è nero e gonfio e la chioma del faggio
rinfrescarsi, il filo d'erba bere;
Il bambino imparare a pedalare
in equilibrio, senza rotelle, sulla bicicletta
nuova, da grande, come la ballerina
robusta di essere lei, la protagonista
del saggio,
così io ti desidero :
come la cosa più semplice del mondo,
fosse, così, inconsciamente, visceralmente,
desiderarti.
*
C'è un mare di malinconia nei miei occhi,
ne sento il sapore amaro
delle lacrime che non scendono,
sento la dolenza del sole
come una rete magnetica,
immersa, a pelo d'acqua,
vuota,
ma dall'altra parte del cielo
sale, alla mia coscienza,
attutito, un festoso canto
di miti, come di sirene che, se
cedo calore alle palpebre, diventa
più chiaro.
*
Come le rondini
prendimi la mano e
voliamo nel cielo.
E se venisse una tempesta io
riderei.
Se venisse una tempesta
io morirei
e ne riderei,
incurante, embèh,
ma felice.
*
Non si basta l'albero,
con la sua dignità,
allunga allunga le braccia
cerca con le dita Nutrimento
sottoterra, per continuare
ad elevarsi,
perché spuntino
nuove gemme
perché foglioline verdi
danzino
con gioia leggera
tra l' azzurro e il bianco
del cielo e così
respirare,
come essere felice e
compiere
la missione sua:
regalare
al mondo I frutti
del suo puro atavico amore
per la Terra,
da cui è nato,
come l'acqua del mare alle nuvole e
le nuvole al fiume e il fiume al mare.
Tutta la natura
è presa da
un' attrazione fatale che
la fa sopravvivere,
ritornando in sé. Questo è Amore.
*
Giorni di pioggia o di sole dove
cammino stanca oppure
sono in forze;
la sera leggo una fiaba, prima o dopo
li rimprovero.
Scrivo, canto oppure ascolto.
A volte son servita, più spesso servo.
Esco; sto in casa e chiudo
gli occhi; osservo.
Ti parlo, mi baci, oppure
t'amo e non mi ami.
È comunque per
il fruire della vita
in cui fluisco che mi sento
Un Grazie Dentro.
E per la gioia degli sconosciuti che,
condividendo una strada e un
momento, mi sono d'esempio, di conforto;
incitamento.
Grazie per consentirmi di essere; e
per questo essere moltitudine e
quella là
protagonista.
*
*
Lieve e felice,
Incorrotta e intensa,
S’adagiava nell’aria,
Attimo dopo attimo
E tra i miei capelli sottili.
Sotto quel piccolo albero da frutto,
Strati e strati di filigrana d’oro,
Sorridevo e l’ho presa,
La più gialla.
L’ho nascosta dentro la mia borsetta,
Al buio, vicino alle conchiglie
E a qualche Fonzies sparso,
Reduce, dall’ultima visione cinematografica.
Nella mia stanza l’ho tenuta tra le dita,
Appoggiata alle labbra,
Premuta sulla gota a lungo come una carezza.
Aveva una striatura triste,
Scura, di dolore, ma perché
L’ amore brucia così,
All’istante,
Tutto ciò che tocca?
Mia dolce, discreta
Stella del Mattino
Non vedi che Luce porta
Nel mondo, con sé, Ombra, non vedi?
Anche allo Zenit del mezzogiorno c’è
Un’ombra invisibile.
Riesci a sentirla, ora?
Ogni desiderato bacio d’amore
Ti affida
Nel suo momento eterno
La nostalgia di sé.
E ti dirò di più, anche,
Ogni bacio desiderato e non dato
Ti consegna il suo rimpianto.
Sole e Terra così da ere si amano
E tu, non è così che fai l’amore
Da qualche anno
Con le parole?
*
L'albero è spoglio.
Il ferro dello scivolo È blu, come il mare,
leggermente increspato, leggermente eroso.
La spiaggia è nuda:
nessun ombrellone dalle frange vibranti
estivi colori.
La sabbia è ferma,
ma tra le mie mani scivola,
caramente mi accarezza: abbiamo
la stessa nostalgia.
Il sole è tiepido, affettuosamente
mi ristora piano.
Ricordi quando ci scottava?
La pelle bruciava, incosciente
io e sembrava ridere
questa inesauribile sabbia.
*
Adesso che ho la Fede per morire
Dammi la Fede per vivere
Perché vivere
È molto più complesso
Che morire.
*
Indelebile quel giorno di tanto
Tempo fa, sempre presente l’attimo
e forse fu più d’un attimo, quando
partecipai alla natura dell’acqua:
scorreva su di me ed io dentro di lei;
poi il sole: penetrava l’inesistente linea
d’orizzonte del mare e dei miei occhi.
Consapevolezza che passa dai sensi,
un punto che attraversa l’abisso
grandezze e dimensioni s’intersecano
equivalgono, uniscono, annullano.
S’affermano, se solo fermi , fermi
l’attimo, se ti fermi dentro l’attimo.
Pensai dopo anche all’amore, al nullo
Senso del cercarlo, nell’altro, in un altro,
ad essere donato, gode, finanche
ad annullarsi, trovando la sua
benedetta eternità
ed un Bene Essere più ampio.
Consapevole del Sé non ha nulla
da chiedere, da tenere o temere
L’Amore: tutto intorno agevolmente
per la durevole serenità
Morirà e troverà
Solo una porta di luce già aperta.
*
Navigare
tra le acque
e le montagne e
le colline
di quel tuo corpo
con il vento che sibila
:" Siiii"...
*
Lo indirizziamo
busta chiusa e francobollo
ma chi sarà così speciale
da meritarlo,
quest' Amore che ovunque vive
e sopravvive?
Posso rifugiarmi in te?
Sono aperte, non vedi, le braccia?
E più mi stringi più ti espandi
come l'atomo del Niente che
tutte le cose tiene,
fino ad esplodere,
un vuoto d'aria,
sull'abisso più piatto:
la tua pelle immobile.
Saranno allora suoni soffusi
e colori chiari e scuri
a boccheggiare.
*
Dove passi le tue mani
tu mi curi
oh Amore!
Come un soffio d'amore qui mi curi.
*
*
*
Quando ascolterà la cascata
quel groppo silenzioso
aggrappato ai suoi massi e
quando, tra il fragore
s’accorgerà della lacrima che
sullo zigomo scivola, lenta?
Sotto il salice raggi di sole s’infiltrano,
dondolandosi,
quietamente sulle foglie tintinnanti
e tra le ciglia, tentennanti, degli amanti
che, lungamente, si attraversano
osservandosi.
Dietro il vetro sottile, tremulo,
compare un arcobaleno nel freddo
pomeriggio, mentre poi a sera legna
di faggio arde là, dentro quelle pupille;
e l’odore si sposa alle ossa, sotto
la pelle che sciagurata brucia.
Risate scroscianti
vetri di colpo infranti
se solo, si lasciassero
bendare gli occhi
gli amanti!
*
Tutta la bellezza che trovi e che incontri
Fuori, là nel mondo,
Ti entra, dentro, a far parte di te.
Poi però, al momento opportuno,
Attraverso il movimento delle dita tue
Tu la restituisci, agli altri, al mondo;
anziché trovartene privo, la rivedi o
Un’altra è, più solida?
E’ l’equilibrio, questo, forse, del poeta;
Così a braccia aperte cammina lungo
Tronchi d’abete, appoggiati a
Guadare le anse del torrente.
*
Si muove il cielo
la vallata si fa più scura
meno triste meno sola.
L’amico vento del Nord
sta adagiando sui suoi
morbidi verdi fianchi,
con divina lentezza,
una trapunta leggera.
Calde candele di stelle
tiene in serbo
per quando finalmente
chiudendo gli occhi
nella stasi della notte
sussurreranno
gli uomini i desideri.
E come allegri chicchi di riso
rilascerà fiocchi di neve
vivacemente
sulle chiome
dei monti degli alberi,
bruceranno gli eroi nelle stanze,
i camini accesi.
*
Delicato il fruscio d’erba giovane
Lungo il braccio e all’interno
Sul velo più sensibile e chiaro,
Questo solletico fresco e gentile
Dal soffio di quale angelo viene?
Perché c’è un angelo, ora, qui,
Sto per aprire gli occhi
Sta seduto, è notte, al mio fianco.
Tra la gioia il terrore
L’entusiasmo, il dolore
L’ho partorito io
Questo biondo cherubino!
Poi, sospesa come un sole e
Come una quercia stavo e
Allungavo le radici.
Cinque intere rivoluzioni
Ruotando su me stessa
Intorno, in tondo e sempre
Più ricca e profumata è
Questa primavera che
Mi chiede soltanto
In quiete e silenzio
Di sollevare il lenzuolo
E farle spazio,
Quanto più piccolo possibile…
*
Tutte quelle ore spese a ripassare
le desinenze dei verbi greci irregolari;
le congiunzioni; gli avverbi o a
discutere di Pirandello
a cosa mi sono servite?
Giah!
Sarebbe stato meglio per me
se quelle ore me le fossi acquistate,
giocando a Beachvolley
sulla spiaggia
con amici nuovi!
Perché
Nessuno
si preoccupa mai
di insegnare e mostrare
ai figli nostri .
la felicità del vivere?
Ho fatto tanto per essere diversa e
adesso io sono sbagliata,
dal momento che
non ce la faccio più a sorridere
a facce truccate; ad iniezioni di
collagene e a vestiti
perfettamente stirati!
Mi piacerebbe accarezzare
un lupo solitario che si ferma
In mezzo alla foresta, sedermi,
intorno al fuoco con uno sciamano
sdentato e rugoso, in silenzio.
Vorrei camminare a piedi nudi
e respirare la verità del vento.
Tutti automi, intorno a me,
Tutti automi e non me ne
frega niente
non c'è neppure
Un' anima,
eppure io ancora
Ostinatamente qualcosa
Vorrei,
vorrei solo la luce del sole sul
Viso:
Vorrei solo che tu
mi abbracciassi.
*
Alle volte, ripercorro
La mia vita a braccia
Conserte, come fosse un sogno,
Tra suoni
Ovattati e
Immagini
Come dall' acqua
Distorte.
Se davvero lo fosse stato
Un sogno? - un baleno subitaneo-
Il tempo
Nella vita
Sguazza
Come una lunga anguilla
Ché se cerchi di affermarlo
Già ti sguilla!
All' occasione giusta
Di rivivere per intero
L'esistenza
È d'uopo che dalla coda
Sì sollevi e lui stesso
Sì porrà Giacendo a cerchio.
Così il tuo tutto
Sarà svolto
In un momento solo in eterno.
*
Titolo:
Poesia senza giudizio, spericolataHo forse scritto, i polsi dalle manetteSemplicemente sfilando, giacchéLa poesia imploravAnarchia,sorridendo la implorava!
Testo:
...già detto,
nel titolo,
detto già!
*
Quel piccolo languore che t’ho dato
Tienilo chiuso nel buio e nel calore
Delle tue mani forti, sudate, bisognose
E tienile in tasca
Quando te ne vai per la strada,
Come fosse per te il più antico e
Segreto dei segreti.
Io quel fiore te l’ho dato con un sospiro,
Una primula piccola e lo sai e lo
Senti sono io, perciò
Tienimi stretta, finchè
Non si sarà dissolto completamente.
I palmi delle tue mani saranno tinti
Di polline giallo
E ancor più, le tue,
Saranno dita d’angelo.
Languore fiore sospiro estasi
Evidente
L’amore lo sai,
Lo senti, lo vedi,
Ci cambia.
*
Fammi scorrere come latte freddo
Patinato liscio compatto candido e poi
Accoglimi nelle tue mani
Sorridimi e bevimi
Fai col mio amore
La carne tua nuova
Io mangio te: mandorle tostate
Hanno un sottile velo bruno
Asciutto e ruvido, all’interno, incorrotto
Aroma di oli speziati e scricchiolano
Mentre si trasformano
In morbidezza.
*
Due punti ed
un filo teso:
un pensiero;
t'accorgi che, non
cadere a terra,
è il vuoto
a fare male,
senza ferite.
Per mentale abitudine
un forse e
si tenta l'equilibrio,
sarebbe meglio
non averne,
perché tanto il pensiero
poi, d'istinto,
si fa flessibile.
Si biforca si propaga e arriva a
ciò che nessuno ha mai detto:
arriva al silenzio.
Ora si distende e s'appaga,
proprio lì, dov'è nato.
La retta s'è fatta cerchio
che il suo vuoto,
abbraccia, caro.
La vita stessa non è che un pensiero.
*
Questa è di mia figlia, quasi 5 anni,
non sapeva come dirmi
" non voglio che tu muoia"
le ho detto " spara, spara una poesia!".
Sei bella come delle foglie
che stanno
in un canto d'amore,
sei bella come un fiore d'angelo.
Sei bella come il fiore incantato
d'un amore superato.
Sei bella come il giallo stellato
di un cielo futuro sposo.
Sei bella come una scintilla
nella notte di luna piena,
e vola nella notte,
come la sopravvivenza della mamma.
*
Il tuo Nome significa infinito,
sarebbe dovuto essere l'amore,
invece è stata la solitudine,
Kholoud, ribelle.
Sul passaporto verde la tua foto,
non lo sapevi, t'avrebbe portato
tanto lontano da quel dolce nido,
da braccia calde.
Senza appetito, sempre e fiducia,
costretta a chiedere e non può bastare,
per convenienza, le amicizie, ma anche,
necessità.
Tanti anni che...non l'aspettavi più,
eppure è arrivata, ma davvero, là...
quella è la tua mamma! Pochi giorni,
perché riparta.
*
In acquatica
osmosi di pensieri e
d'intuizioni,
semimpermeabile
il confine della pelle
tendendo,
aspiriamo
all'equilibrio
del minimo salino
per quel sommo bene,
anche di mali somma,
d'essere un'anima sola,
mareggiando
in amarognolo Destino.
*
Sono qui e mi mangio
Uno spicchio di mela di tempo
E non sa di niente
Ah ricordo quando c'eri tu
Mi sembra di risentire quasi
Quel sapore delizioso di vita
Fresca, aspro e un pizzico zuccherino
Come sul tuo collo la salinità della pelle
E il profumo da uomo
È quello il sapore che al tempo vuoto manca.
*
Se un qualche Dio mi dicesse
Qualsiasi cosa tu voglia sarai
qualsiasi -cosa- dunque…
Allora io senz’altro e subito risponderei
una ninfea;
Uno di quei fiori che galleggiano sui laghi
o anche stagni, o su piccoli specchi d’acqua
contornati da aiuole colorate,
dalle foglie così carnose e di color verde scuro,
che di notte custodiscono petali chiari,
giallo ocra, oppure dai molti toni del viola;
che poi, alla luce del giorno, lentamente
si schiudono, generosi.
E che però, senza dubbio, ci fosse, lì vicino,
un salice piangente che con le foglioline dei
suoi sottili, flessuosi, lunghi rami,
appena, qua, là quasi, muovesse l’acqua dolce,
all’improvviso correre del vento.
Dalla sponda poi e assolutamente,
o dal giardino, che provenisse il suono
melodioso, d'una armonia anche a tratti vivace
dalla voce di una bambina allegra,
non importa se bionda o mora.
No, non potrei mai,
fare a meno
dell’ Essere Umano!
*
Eros? Un cazzottaro!
Ed è egoista e pretende
di essere ricambiato,
col resto;
di essere rassicurato
consolato corteggiato;
sorpreso e adulato, ma noi
abbiamo bisogno di essere amati
così come dovremmo amarci.
Per questo ci inventammo
quegli dei superiori o quel Dio
o quell'agape.
Solo per sposare amore a
libertà e che sia di..
e che sia da...
*
Somaia, mai visti capelli così
scuri e lucenti corposi e ondulati
no, lei non volle mai portare il velo,
mi raccontò
la madre e intanto una treccia le creava...
davanti alla finestra Somaia pose
la sedia, di saltare, minacciò!
Domandava perché, non più poteva
crescere a casa.
Quasi era già un donna intrigante
quando da me per cena la invitai
non la smetteva mai, e mai, di sorridere e
quella risata!
Ha studiato, ma per trovare lavoro
a casa sua, solamente, in Tunisia:
ed un meccanico le ha già assicurato
... la sposerà.
*
Come di una santona ne parlava
com’ella, invece, muoveva le mani,
quando di vicende umane narrava,
a schiena distesa...
Dei gingilli, il tintinnio, batteva il
ritmo, ad ogni rotazione, del polso e
a tratti, dalle schiuse labbra filtrava
quel dente, d’oro.
Pantofole, gonne lunghe e ampio velo,
affusolate dita, snella, chiara,
scrivere non sapeva, e leggere;
ad Est, pregava.
*
Polpa amara, magica bacchetta,
però avara
come preziosa antichità sei,
ma di creta, fragile
o uno sguardo ammaliante che,
tosto, se ne va
come bianca manta allegra.
Resta con me,
alla baia amata di scoscesa beltà!
Sto sola sempre qua.
Scruto la sacra vetta e la notte accendo
una fioca calda lanterna senza età,
poi canto e l’ampia rosea vela
s’alza al vento della serenità.
*
Notturna l'upupa
sul tetto della notte
pare che ululi e chi dorme?
Il mantello del tuareg
sospira l'ombra
dell'oasi verde evanescente.
Con una rotazione
maliziosa, della gonna,
cerco te.
Lungo le tue spalle d'ambra, morbide,
inseguo,
come una farfalla, che segue sempre te,
La tua lenta, lente di rugiada,
che scende, fino alla trasparente
più fresca tua fonte.
*
Odo l’azalea che scivola sul lago, lontano
Amo l’ancora della sera, sembra seta ora
Ecco sento l’aere: era mare
Intanto brilla la manna
Che canto… dal cielo cade o forse sale!
*
L'orologio batte l'ora
Dal tiglio il picchio cade
Ed al suolo un bimbo ride
Vedi amore questo Sole
Come il prato taglia, lì
La terra sembra argilla
Preme sulle tue ciglia
Aria tira e girandola suona.
Cosa credi che sia Amore?
Se non un Sole d'argilla che taglia
l'ora che cade e
ride lì
sulle tue ciglia
dove l'aria suona?!
*
Le calze a rete, sarà stato per Madonna o per Cindy Lauper,
negli anni ottanta andavano di moda. Le donne di tutte le età
in molte occasioni le indossavano; occasioni per cui, oggi, sarebbero fuori luogo: al lavoro o a scuola o per feste di compleanno pomeridiane, o anche matrimoni e cerimonie varie.
Noi, ragazzine delle medie, le mettevamo anche sotto i fusò corti e attillati per fare ginnastica a scuola, ma pure quelle velate o velatissime.
I maschi che svolgevano il loro allenamento al lato Nord della palestra, avevano gli occhi sempre fissi su di noi, commentavano con bisbiglio, e si ritrovavano sconclusionati e disorganizzati in ogni movimento o proposta di gioco.
Durante i giri di corsa di riscaldamento iniziale o defaticamento finale volavano bigliettini con dichiarazioni e proposte.
A fine ora qualcuno s’intrufolava nello spogliatoio femminile.
Erano i tempi delle donne con frangetta e orecchini a cerchio, uomini con capelli a spazzola e walkman a cassetta...
La t-shirt a girocollo bianca della Fruit, alla Nick Kamen, i Levis accorciati sopra le caviglie, da acqua in casa, le Timberland, d’inverno gli anfibi della Dr. Marteens, le felpe delle Best Company, il Bomber, verde per lo più, o il Monclear nero,
quel biglietto scritto a matita cancellato dalle lacrime che cadde per terra e che non raccogliemmo; per guardarci negli occhi;
in mezzo alle luci del Luna Park; la musica pompata dalle casse da disco intorno alla pista delle macchine a scontro;
la tua mano che si alza per accarezzarmi la guancia;
la mia lacrima ed io, in partenza.
*
Questo supremo contrasto
si dischiude una sfera
di petali gialli
io al centro
sono il polline.
Sentir scivolare
la mia guancia
sulla tua schiena
setosa e bagnata,
ti stringo,
uh, eccola, e arriva!
I tuoi occhi scuri,
manifestamente ridono, senza fracasso,
i boccoli biondi,
te li fai passare sopra una spalla sola,
accarezzandoti il collo, perché
giustamente sei un po’ fanatica.
Niente Bla bla bla tra noi.
Ti sei inventata una frase speciale;
e un modo per non dirla neanche,
un codice segreto:
s’incontrano l’indice e il pollice,
come chinando il capo, senza schioccare,
con un leggerissimo
fruscio sordo, significa:
Mamma tu sei bella come un cigno!
E cosa potrei dire io?
Apre la porta il vento
Lo vedi il trampolino?
Salti dalle spalle sulle onde più alte
Così dal cuore all’anima
E ancora.
Questo saper aspettare.
*
Chissà se un filo d’erba ha mai avuto
Paura,
La paura di tremare, e poi
Chissà se poi un uomo
Ha mai avuto paura,
La paura di amare o
Di sognare, già chissà!
Sì, mi domandavo se,
Se uno scrittore
Ha mai avuto paura
Di recitare ed essere vero.
La pioggia di precipitare, la stella di cadere
L’onda di rotolare, la rana di saltare il passerotto
Di allontanarsi dal nido, i salmoni di deporre le uova
La zanzara di pizzicare il fiore di schiudersi,
Il sole di sorgere la luna
Di sorridere.
Infine chissà se Dio s’è mai stufato di esistere
E l’anima nostra di emettere
Quel primo vagito!
*
Dormivano insieme stanotte
Tornerà il babbo?
Mi prese in braccio
Non lo so
Come quando nell'ottanta
Ci fu il terremoto dell'Irpinia
E tutti gli inquilini con noi
Ai piedi del palazzo con lo
Sguardo verso l'alto ad
Osservare se quello crollasse,
Immobili.
E dormivano insieme stanotte.
Con la valigia piena
Dei vestiti arraffati e arruffati
Dove se ne andrà?
Con tutta quella rabbia
E quel sangue amaro
Nei polmoni e dal cuore
Dove se ne andrà il mio babbo?
Dormivano insieme stanotte
Mamma, vedrai che tornerà!
Ancora immobile
Osservo un punto nero
Sul tavolo stanotte
I miei figli dormivano insieme
Sopra le loro teste
Il lampadario volteggiava
Ero pronta al tuffo
Sotto lo stipite,
Immobile,
Da eventuali macerie
Pronta
A proteggerli,
Grazie a Dio
Di svegliarli non c'è stato neanche bisogno
E dormivano insieme stanotte.
Di svegliarli non c'è stato neanche bisogno.
*
La luna bianca di traverso
ha bucato il cielo terso
sembra una boa
che galleggia sul mare
e siamo noi il bastimento
carico carico di storie,
gettiamo gli occhi sulle scie ovattate di nuvole;
molto più in là c'è l'oceano profondo notte:
fiumi di stelle e
fluorescenze marine
vortici lattei e
buchi neri attrattivi
gravita' e magnetismo.
Sicuri in bilico:
tra la vita è
l'assenza,
presenza più profonda,
oh Capitano oh Cuore Invisibile
noi guida e supporta!
*
"Via! All' interruttore del portone!". Le suole dei sandali correvano con rimbombo contro le piastrelle del lungo corridoio e poi " Primo!!", sbattendo la mano carnosa sulla tavolozza di legno, ridipinta di bianco, appesa con uno spago al chiodino sopra un buco circolare nel muro: era uno stratagemma di famiglia che consentiva di spiare chi entrava, o chi usciva, dal portone del piano inferiore.
S'inerpicava aggrappato al grosso pomello per salire l'alto scalino.
Poi lentamente si strascinava per le scale e appoggiando le mani al muro arrivava al tinello.
Qui stava, cercando di contenersi in rettitudine di spalle e aspettava, davanti al grande camino, vicino all'enorme tavolo di legno scuro.
Scostando le tende arrivava dal cucinino la nonna Iole con i suoi baffi radi e gli occhi di cenere; portava un grosso bicchiere in una mano e nell' altra un fiasco di vino buono di casa, rinomato in paese.
Sbatteva il bicchiere sul tavolo e guardandolo negli occhi riempiva con scrosciante rosso torrente il bicchiere fino all'orlo.
Lui se lo scolava come fosse acqua e la guardava; lei ne versava un altro, giù ancora.
Poi prendeva i guinzagli appesi al gancio dietro la porta; scendeva le scale e portava a spasso i cani.
A volte lo incontravamo ancora in giro per il paese, lungo la circonvallazione, o vicino alla pineta o nel viale del bel passeggio ed erano più i cani che portavano a spasso lui, abbaiando oltremodo!
Un pomeriggio lo vedemmo uscire dai bagni pubblici, si era scordato la patta dei pantaloni aperta, lo rincorremmo per un po' sorpassandolo a tratti tra risatine d'imbarazzo; finché ce ne scappammo dalla mamma.
Lei disse " Cosa volete, è un ubriacone; purtroppo ha il vizio dell'alcool ".
Domandai " ma perché se ha quel problema la nonna tutte le mattine alle nove gli dà due bicchieri colmi di vino?", " quella è la sua ricompensa anticipata per l'impegno dei cani ".
Ci rimasi male, io pensavo che tutto avvenisse con regolarità per reciproca amicizia, invece, era un contratto di lavoro!
*
Dopo tanto camminare per viali alberati
un'ultima irta salita ghiaiosa e giungemmo
ad un bucolico civile piccolo paradiso.
Tra aiuole e vialetti raccogliemmo
Margherite e Ciclamini.
Il sole indorava le nostre spalle
e il respiro del cielo ci accudiva.
Mi dicesti che quella piccola Rocca
era stato un manicomio e i nostri gesti
gentili divennero come medicamenti
alle sofferenze e solitudini
di quegli angoli.
Al ritorno eravamo a braccetto e
tu dicesti:" sei il bastone della mia vecchiaia".
Ti risposi " tu non sei vecchia;
sei molto bella; lo sarò,
il tuo bastone, molto volentieri!".
Passammo il tempo del ritorno
ad inventare soprannomi:
per mia sorella Amestista,
viola come la gelosia,
per mio fratello Diamante, per gli occhi,
chiari splendenti, ed io ero la tua Perla:
semplice e preziosa.
Tu eri la nonna Mimmi,
perché di mamma ce n'è una sola,
ma ugualmente tanto bene ti volevo e il nonno?
Il nonno era il Brontolone,
ci vuole sempre un capro espiatorio, no,
e lui non ti faceva viaggiare come avresti voluto,
neanche poi la sera usciva volentieri!
Ma ti ricordi quella volta che in un vicolo
organizzarono il Cinema all'aperto,
era un film comico del toscano Francesco Nuti,
alla prima scena, tanto ridemmo entrambe che
dovemmo tornare a casa
con le gambe bagnate!
Non divenni il tuo bastone
e tu non diventasti mai vecchia
Il viaggio più significativo
è stato a Lourdes:
un profumo intenso di rose
ti sveglio' di notte; una totale
sensazione di gelo fu la risposta per te,
che quel profumo non hai più perduto.
La tua ultima richiesta, distesa su lenzuola bianche,
pochi capelli la pelle gialla e tubi da ogni parte,
fu " portateli al lago, da quella loro zia; ora basta,
voglio che siano quanto più possibile sereni".
Poi mi dicesti " stai attenta all'acqua,
può essere sporca,
o improvvisamente profonda,
più pesante di quanto ti aspetti,
ma divertiti!"
" si " ti risposi e ti baciai,
pensavo " tanto ti rivedrò ti rivedrò ".
A casa della zia pregai e pregai e pregai
tutte le sere e quando una mattina venne mio
padre a riprenderci e disse che la non non c'era più , che
non l'avrei più rivista,
non potevo credere, non potevo credere che
Dio, la Madonna, mi avessero tradito!
Sei tornata in un sogno dove ho
Toccato la tua pelle e sentito il
tuo profumo e un giorno mentre ballavo
mi hai suggerito che gioivi della mia gioia.
E quando ti ho chiesto un dono
me lo hai portato.
*
Gli occhi di mio nonno erano come formiche,
piccoli e neri, ma anche vivaci
e non sono operose le formiche?
Come le formiche era anche scrupoloso:
il suo tovagliolo a pasto concluso veniva
da lui stesso ripiegato con cura maniacale,
liscio e teso come una larga cravatta
in una serata di gala;
gli faceva anche il nodo, infatti!
Usava spesso il pettine per sistemare all'indietro
i suoi capelli lucenti e bianchi
sulla fronte alta e stempiata.
Era abbonato a Famiglia Cristiana,
leggevo io solo le barzellette dell'ultima pagina;
poi dovevo rimettere in fila i numeri delle riviste.
Per tutta la sua lunga vita l'ho visto fare
sempre la stessa colazione profumata:
caffè nero bollette e pane abbrustolito
che inzuppava nel suo personale pentolino;
personale era pure il coltello,
dell'assortimento del primo cassetto era
il più efficace al taglio, la forchetta la più pesante,
il bicchiere suo era quello grande, col manico,
da birra che usava però per il vino rosso.
Da giovane suonava il Sax,
a fine serata rimorchiava;
girava in moto,
saltuariamente recitava.
Un giorno ebbe un incidente,
rimase illeso, peccato
per quel dito anulare
della mano destra
che si ruppe
e che da allora
non si piegò più;
fu costretto
a smettere di suonare.
Sì fidanzò
per la prima volta con una donna sola,
la sposo';
trovò un impiego stabile
che gli consentì di edificare
una bella villetta borghese e
di portare alla laurea il figlio maschio,
di molto fuoricorso.
Negli ultimi anni era spettinato,
non mangiava volentieri e non sparecchiava,
non leggeva più e infine non si alzava più dal letto.
Non c'ero, ma so che è spirato tra le braccia di sua figlia, mia madre.
Non ho pianto molto per lui, perché mi confidò
molti anni prima
che si era stufato di vivere
e che il meglio della sua vita l'aveva vissuto verso
i trent'anni,
con i figli piccoli e tutto da costruire,
quando si sentiva padrone della vita,
l'amore nelle vene.
*
Sfugge, luccica,
saltando fuori dall'acqua
ti schizza addosso
inafferrabile
felicità che, presto,
evapora.
E' l'operare senza
aspettative a condurlo
tra le tue mani,
d'Oro e parlante allora
rilascia l'elemento
nella totalità:
s'appartengono.
Tornerà, crederai,
ma dovrai chiedere
senza l'influenza
della tua sposa presuntuosa:
la ragione.
Ti abbandonerà e per sempre
se quei desideri non saranno
i tuoi, autentici,
desideri a rendere
il vero a te stesso,
il resto a perdere.
Le maglie della tua rete da pesca
non sono certo adatte ad afferrarlo.
*
Ho costruito un castello
di sabbia per la mia
Solitudine;
minuto, fragile, magico
come Lei, che vi entra
senza bussare vestita
come il mare piatto
di sera.
Una stanza ampia può
bastare, oh il pavimento
soffice! E le mura che si sgretolano
allo sfiorarle del tempo!
Il tetto ti lascia
contemplare le stelle,
trasparente e fresco, forse fatto
solo di respiri continui, al
sapor di desiderata...
A momenti, nell' area più interna,
è suonata da un'arpa un'aria
da carillon, ti fidi?
E ti addormenti accoccolato
alla foschia, nella tua
notte, serena.
Al mattino un'onda
distrugge il mio castello
con forza d'Amore
perché questo è il suo
destino
eterno e dolce:
alla mia Solitudine a un tratto
piace essere scossa
e disperdere anche Se Stessa;
unendosi, così, al
vento più vagabondo.
*
Non sta qui,
tra le parole, da scovare,
né dentro l’inchiostro,
una macchia di colore;
il foglio resta bianco.
E’ quando,
chiudendo gli occhi, si sente
forte, eppure è tenero,
un battito, da sordo si fa
così vicino.
E il respiro, così intimo,
dalle narici entra in te,
come di polline tra petali,
s’avverte, nell’animo, un agio.
Gli occhi, lente d’ingrandimento
sulla pelle, amano, tutto ciò
che percependo accarezzano;
e lo fanno così lievemente.
Sono irrequieta ho bisogno
di un vero abbraccio, ma un vero abbraccio
ti viene incontro
senza affanno.
*
In via d'estinzione,
in acque fredde
di sopravvivere, tenta;
obbligata a cacciare,
per ore ed ore,
al fine di sostenere
il suo metabolismo alto;
risente così,
sensibilmente,
della scarsità
di purezza
e nutrimento.
Una pelliccia foltissima,
morbida, dolce
color cannella,
è la sua protezione,
autentica,
in essa incorpora
bolle d'aria,
per proteggersi
dal freddo,
espediente
di salvezza, che
per la specie è nella coppia.
*
Ampie ali bianche spalancate
A prendere velocità
A cambiare direzione
A seguire a contrastare d'aria le correnti
A scendere in picchiata, per un attimo immobile
Sfiorare gli azzurri, a risalire con slancio, ma poi
Anche il gabbiano si riprende il suo posto
Numerato, in fila tra gli altri,
Sulla ringhiera zincata del pontile
A tratti arrugginito, dove due volte al giorno
Si trova ancorata la Lady Cristina.
Neanche i gabbiani allora
Sono simbolo di libertà:
Necessitano prima o poi
Di uno scoglio, un punto fermo che sia.
Ho visto però una forma di serenità in loro
Che pur girando e rigirando con lo sguardo
In ogni genere di uomo no, non ho trovato mai;
È che non fuggono da se stessi.
Certo che per tutta la vita
Altro non facciamo noi.
*
Da ogni mio chakra entra ed esce e
Sale e scende lungo la colonna fino
Alla sommità come uno yo yo,
Agevolmente maneggiato.
Mi ritrovo con il capo del filo
Tra le mani e sono io a
Sollevarmi, aquilone ovunque
Mi accoglie azzurrissimo
Il Cielo.
Quando poi si riversa a sorpresa
Sull' acqua distesa arriva l'onda
Che scavalca la nuca accarezzando
I capelli e mi lascia un senso di
Freschezza, allontanandosi mi tira
Via dalle labbra le minuscole rinomate
Parole che sulle nuvole
Son scritte, lassù!
*
Si trova un alto angolo appartato,
s'immobilizza, di se stesso preda,
lo scarabeo, agli antichi Egizi sacro,
in filamenti opachi si rifugia.
Attende attende finché non sente
la metamorfosi, in atto, solenne
la scorza dura sfalda la catena.
Compresso il torace dai sentimenti,
all'inverso, dalle scapole avverto
come delle ali spuntare e da adulto
esemplare mi ritrovo a sognare,
pupa dormiente, sai, di dondolare
alla vecchia altalena, come al suono
di una languida e breve cantilena.
*
L' intenzione sola m' arriva ,
Sloveno, Italiano o Tedesco,
ogni lingua che sia,
il resto è un rumore,
un solletico d' insieme
intorno al mio ombelico.
Il flusso stesso che trasporta,
il vuoto e il pieno che
in gioco sostengono,
il colpo imprevisto che sposta,
il mare stesso,
intorno al mio ombelico,
ruota, che immobile è,
ancorato, al Centro.
Con un certo più
consapevole portamento
ed un' inconsueta luce
dal viso, cammino, fiera,
questo corpo pure,
galleggia intorno al Centro,
invenzione manifesta,
un richiamo di forma,
giocosa e amorosa
saldato alla Sostanza.
*
Uno che lavora
qualcuno lo comanda
che lavora, per qualcuno,
per chi? per un altro:
Stato
Politici
Economia
Potere Occulto.
Noi
che aspiriamo alla leggerezza
quella delle farfalle,
non ci prenderete.
Noi operosi, oro liquido
generiamo, nutriente,
noi come le api,
non molestateci,
non lo sopportiamo.
Noi che se piove tornerà tanto il Sole,
tornerà tanto Sole eccolo,
spariglia le nuvole,
e getta loro addosso
gavettoni di calore,
bagnando d'oro,
controluce, i contorni,
T-shirt d'allegrezza spruzzate!
Noi siamo attratti dalla Vita
e denudiamo il Terrore:
ogni uomo, senza orpelli
sulla pelle e sulla testa,
chiede in Terra solo,
qualche briciola,
di Vero Amore.
*
Evita, avida di vita e
Lacrima, la cruna del cuore
Lavica sostanza: desiderio.
*
La Fede è il canto di
un coro di mere chimere
finché la morte temiamo.
C'è una dimora antica, presente, e futura dove
ciò che qui è accaduto, accade, ed accadrà
è manifestato
in un'unica perenne verità.
Avrebbe mandato a morire
in crocifissione
il suo figlio unigenito
se la vita non fosse altro che esperienza
fugace e se la morte non fosse
altro che un ritorno?
Ce l'hanno rivelato,
ma noi non abbiamo
Vera Fede.
Continuiamo a masticare
il frutto dell'albero della conoscenza,
non vogliamo rinunciare ad affidarci
a ciò che è materialmente dimostrabile.
Siamo materialisti.
La morte è certo quindi la fine,
sconosciuta, inconoscibile,
semina angoscia e lutto.
Finquando non cesseremo
di temere e disperarci
per la morte
non smetteremo
di essere manipolabili,
carne da macello.
Eppure la Fede c'è;
forse la cerchiamo troppo,
ogni luogo è sbagliato, finché
non l'ascoltiamo.
Tutto è canto.
Il silenzio della mente
il silenzio del corpo
è canto.
*
Un giorno d' inverno dopo un mese di estate è
benvenuto:
si rinfresca il clima, sollievo, per la pelle scottata.
Torna a fluire un' equilibrata
miscela di sali minerali.
Dopo aver buttato la spazzatura bagnata,
di ritorno verso casa e il cancello
mosso da raffiche di vento,
apro le braccia e mi lascio trasportare per destinazioni
di cui non interessa nome e localizzazione,
aliante, che non atterrerà ancora.
L'estate non è finita oggi, ma oggi
l'universo è in sosta.
Domani, come carta e cartoni,
come plastica e lattine, come fondi di caffè e
foglie di insalata scartata,
si va incontro ad
un nuovo ciclo.
*
Riesci a prendere l'Anima,
porla su di un tagliere di legno e
tagliarla sottilmente a punta di
coltello, per infine sollevarla e
gettarla in pentola, dove l'attende
un soffritto odorante di vino bianco
ora ora sfumato?
Magari l'animella, per provare,
si consiglia la salvia, ma l'Anima no!
Sbaglia chi pensa che il pianeta Terra
sia composto da continenti e stati,
è la Terra o
di essere egli stesso confinato in
un Io, tutto suo, di proprietà, no,
noi tutti condividiamo frammenti
con altri, se c'è un'area solo nostra,
è così intima che non ha a che fare con l'esterno,
con la vita reale ed esplicita.
Felicità a discapito
di chi condivide i nostri confini
non può sussistere:
il dolore altrui invaderebbe l'interno
fino ad arrivare all'intimo.
Quell'intimo come acqua limpida, come Acqua Santa,
Benedetta, che resta puro, è
dove l'Amore è Infinito, tanto che
non abbisogna di luogo,
Stella Fissa, tanto che
se la ride del tempo.
Già, cosa se ne fa l'Anima
del piatto da portata?!
*
A me piace fare il bagno al mare di notte,
ma perché c'è la scia della luna sull'acqua,
qualche stella c'è più luminosa dei fari sparati
dai locali notturni ad annuncio ed anche
i riflessi caldi dei lampioni del porto turistico.
Ecco perché continuo a mettere le mani
a proteggere, con le nocche raccolte,
anche se è piccola, fioca,
la cera ormai tutta si è ricomposta
in stalattiti:
il tempo è quasi scaduto, eppure,
ho paura di scottarmi, eppure,
non voglio che si spenga...
È che non voglio stare al buio davvero.
Poi sogno di continuare a custodirla e al mattino è
ancora
accesa.
Accade da settimane, che mi rifiuto
di contare.
E di giorno in pieno sole, dicono non si dovrebbe notare,
ma la noto anche
da lontano,
non la grandezza o la solidità,
la scintilla
presente.
Non conto le settimane, non voglio dirmi
che è un miracolo.
Ho paura di scottarmi, è che
anche i miracoli finiscono, poi
ti chiamano pazzo!
*
Perdere l'orientamento ,
Ma poi riconoscere dove batte
Il sole dal calore sulla pelle
Lasciarsi cullare dall'infinito ritrovato andando sott'acqua
Ad occhi chiusi con le mani sulla faccia,
Un' onda piccola arriva proprio verso me con poca schiuma
Ad ornamento.Vieni, vieni ti accarezzo, ma non ci riesco,
Tu accarezzi me, ma non ci riusciamo, perché io accarezzo te.
Sei il mio mare ed ecco che di nuovo mi tuffo addosso a te e
Tu entri dove non dovresti, ma sei dolce , anche se sei salato e
Mi volto e piego le ginocchia, stendo la schiena,
Sono sirena e sei tu che mi allontani a piccole spinte
Riconsegnandomi alla riva.
È stato bello, ora sto meglio.
*
Quanto ti ho accarezzato,
nel modo che sai tu, quanto
un bambino! Quadrato e solido,
ma io so come prenderti, da quale
angolo scaldarti dolcemente
a fuoco lento e
inizi a smussarti fino a
scioglierti, diventi liquido,
con l'istinto di inondarmi fuori
e invadermi dentro;
mentre mi rotolo scivolosa
ci assorbiamo
ancor meglio ci leghiamo,
con grandi boccate di
ossigeno, saltando
insieme, con ritmo irregolare
e costante intensità,
panetto di burro tu
io pennetta al dente,
e su di noi quanto pepe!
*
Assomiglia a
Nel frinire martellante
Delle cicale di luglio
Nell’intesità e vastità
Di questo cielo tanto terso
Negli schiamazzi e negli schizzi
Continui dei bambini in piscina
Elettrizzati dall’arrivo di luglio
C’è qualcosa che assomiglia al mio amarti.
Nelle ore mie
di te vuote
Mi ci appiglio
a quest’abbaglio
Tipico di luglio.
*
*
Dov'è la sorgente del Gange?
Nel ghiacciao d'altura che ho dentro,
tra lo sterno e l'ombelico si estende;
da lì fluisce cristallino con interminabile
spontanea spinta, verso l'esterno, attraverso
le braccia, le gambe, il collo;
si ramifica percorrendo le dita,
esonda a terra, permeando
le piante dei piedi
e sgorga, dalla nuca, verso il cielo.
Dopo un sacro, non causale
girovagare, come nastro
che si annoda, si ricongiunge
al suono di un sospiro antico;
indi si sposa all'attrazione universale
che l'acqua ha verso l'alto, fino a
confluire nel blu dell'arcobaleno,
così raggiunge praterie di spuma.
C'è una sedia a sdraio, vuota,
guardata a vista da un Iris fulgido
e un tepore aromatico che
non invita al torpore.
Io sono qui, tu?
Le mani poni sui miei fianchi, sì,
hai odore e suono di
oceano e nell'abbraccio nostro
infine siamo del Bengala il Golfo.
*
AL MARE
Le gialle frange di ombrelloni arancioni
fanno il solletico all’azzurro del cielo.
Si dimenano a vuoto le bandiere delle
Nazioni Europee dietro la casina variopinta
del bagnino, quelle dell’Italia però
sono due, cosicché applaudono,
in attesa della partita pomeridiana.
C’è un forte brusio confuso,
composto da voci di diversa età:
preadolescenti cantano in coro la hit estiva,
giovani madri esortano con costretto tono a
lavarsi le manine; cinquantenni spettegolano…
circa un taglio di capelli malriuscito,
amichette offrono in giro gelati alla fragola,
fatti di sabbia. E’ il momento questo di
alzarsi e dirigersi a passo deciso verso il mare.
Galleggiando,
chiusi gli occhi, vedo
arancione un lenzuolo,
se li stringo un po’ di più, diventa rosso
e se li apro, prima coriandoli bianchi volano,
poi, c’è solo oro.
Il morbido, ritmato suono del profondo e lento
mio respiro ascolto, proviene dalla cassa toracica
ed è amplificato
dall’abbraccio che tutto il mare mi concede.
I rumori gli altri, invece sono molto
più lontani.
L’unico a farmi compagnia è causato dal
movimento di caviglie a pelo d’acqua,
emetto alti spruzzi, come fossi io
un geyser islandese, ed è simile a
risatine tenere di fanciulle timide.
*
LA NOTTE
La notte è quando
ti cade un oggetto qualsiasi
dalle mani e questo già basta
perché una voce dica alla tua
mente “Vedi, non vali niente!”.
La notte è quando gli altri
sono tutti una minaccia
ché tu riesci solo a confrontare
E vedi sempre quello che
ti manca.
La notte è quando non
sei quello che vorresti ed
è quello che vorresti ciò
che veramente sei.
La notte è quando ti
immergi nei tuoi sentimenti eppure
non uno è chiaro e coerente
e sprofondando nei tuoi
desideri capisci che non puoi
fidarti nemmeno di te stesso
giacché ti manca la forza di volontà.
La notte è quando ripieghi la tua
vita giornaliera e la poni in un
cassetto, che delicatamente chiudi.
Il giorno dopo la indosserai di nuovo.
Adesso però ti abbandoni e lasci
disteso come una pietra il tuo corpo
sempre più immobile e pesante.
Ora sei la notte.
Questa notte sei fredda,
come sono le notti del deserto fredde,
tanto calore hai assorbito di giorno che
ora respiri venti gelidi senza nessun ostacolo
e quei venti ti portano vicino a milioni
di stelle pungenti, ma luminosissime.
Non esiste luna più fascinosa
che da qui.
Ed essendo notte, spesso
tempeste di sabbia elettrica
spazzano via la noia e
ti scombinano le dune.
Ora se sei la notte attendi
il corso del pianeta che ripasserà da te;
non sei che il preludio continuo di
un acceso orizzonte.
Ora che sei la notte
sono già
la luna e le stelle
simbolo di Fede.
*
TSUNAMI
Un attimo prima strani,
cupi voli su
correnti senza posa,
controsenso,
controvento,
contrarie.
Anche la sottile
primaverile essenza
ne fu coinvolta;
e raggelata.
Marmoree tenebre precipitarono
a terra. La terra tuonò.
Fu tremore, cavernoso fragore.
Avanzarono lente e torbide
le inesorabili acque sequestrando
il cemento e le mani alzate,
aperte, dei bambini.
Anche la pura e
cristallina essenza
si mutò in buio.
Sei sulla collina.
L’anima ti è rimasta
attaccata al corpo,
anche se non sai dove dirigere l’istinto
d’ andare, come se
fissamente sempre,
nel vuoto
penzolassero i piedi.
Solo per un attimo,
quello, l’attimo prima,
se n’era evasa,
poi t’ha aiutato, più
ch’ ha potuto t’ha aiutato e
ora sai che il sole
asciugherà, anche le tue ossa,
che torneranno su
quei campi sconnessi e
sconvolti, alte e verdi,
le profumate spighe di grano acerbo.
Se ne farà di nuovo pane e
senti già sapore
di desco familiare,
d’amore.
Intanto l’ultima
colomba, che ti pare ancora
grigia, scrive in etere col
suo angelico nero becco
Finché sei uomo
non sfidare
le forze di Natura.
*
Ecco, vedi mamma,
sono queste le carte importanti,
aggiustandosi soddisfatto il mazzetto,
con sguardo provocante.
Come? Cosa?[ io]
No perché prima, sembravi
felice, così felice, sorridevi,
ma avevi raccolto solo figure che,
guarda che non contano niente!
Ah sì? Non me ne ero neanche accorta.
No, non era per le carte che ero felice.
...che tenerezza, amore che mi fai!
*
Non ti chiamo mai
Neanche ti saluto
Perché né ti perdo né ti ritrovo,
Anima mia!
Ho dovuto abbassare le serrande;
Ho chiuso la porta,
Assurdo,
Come a custodire dentro i sospiri,
Come per proteggerci
Dagli sguardi.
Folata a precipizio impietosa,
Alle spalle,
I capelli alzati sul collo le mani
Addosso, velluto ora sulla schiena
In tumulto, le gambe folli, folli, e folli
I sorrisi che spezzano,
Ti spezzano le ginocchia.
Fortunale sei arrivato a
Mettere a soqquadro
La cucina di casa mia,
Come vortice contrario
Che vibra attraverso le pareti
Le più intime
Pareti di questa Nostra Anima
Saggia, ma Libera, come
Un' Aquila, Fortunata lei nel Fortunale,
In pochi Immobili Istanti.
*
Ai miei genitori, oggi, giorno
del loro anniversario di matrimonio.
Eravate certo molto giovani,
incoscienti forse troppo, quando
vi siete lasciati innamorare,
la ragazza snella dai capelli ricci
e l’eroe dei tornei di braccio di ferro.
Perché mi ami, domandasti,
gelosa di quella sua ex formosa,
perché mi fai pena, rispondesti maldestramente tu, babbo.
Intendevi un sentimento di leggerezza femminile che
ti faceva sentire uomo, non una curva fisica,
ma lei era insicura e adesso,
che ha quasi settanta anni, te lo rinfaccia ancora
durante i viaggi in macchina.
Ora che avete scoperto insieme cos’è l’amore,
ora che avete scoperto insieme cosa è la vita,
perché è la vostra vita, siete certo molto meno giovani,
incoscienti forse troppo poco; così vi amate forse più e
forse meno di allora.
Vi manca
quell’illusorio sogno
che non si può più sognare,
che terminerete però di vivere, insieme.
*
Un’altura candida,
posta al centro della linea del Drago,
scivolosa, alla sua sommità
un sito di pietre circolari,
un menhir centrale, stranamente,
tutte sono assai piccole;
negli equinozi e nei solstizi
il pianeta Venere è perfettamente allineato,
puoi percepire intensamente
l’energia ascendente e discendente;
su quell’innevato suolo che sotto arde,
distendi quel tuo bocciolo
di rosa senza spine;
candida altura che
si intravede, ora,
ché io ti sento, così vicino,
sotto la sottile nebbia
di cotone bianco.
*
Come può esserci
un campo arato
cosparso di, giocosamente rotonde,
balle di fieno dorato,
dietro un grande autolavaggio
automatico, come può,
il cielo, essere di un rosa
tanto intenso e vellutato
sopra gli alti lampioni grigi,
lampade come capi chinati, allineati, sulla
statale rumorosa di una periferia urbana?
Come può esserci
Viva Speranza
nel battito accelerato,
dalla fatica,
di un profugo
che, come agnello
d’allevamento al macello,
ammassato, ad occhi fissi, sta?
*
I nostri titoli uniti da Un fil di fumo
Oltre l'aspro confine di ragione
Quel prato verde:
Restituire la vita,
E' ora di amare!
Preghiera, per non sbiadire.
E' d'un elica a girofolle la costumanza fastidiosa.
Nuova immagine!
I baci tra le dita...
Lei è felice
Quando un uomo si spoglia
Prima del sonno.
Il confine è un palco assolato:
Lucciole e gelsomini;
L'alta spiga.
Dammi un bacio,
Amata tela!
L'aquila innocente
Scusa Amore.
*
Quando un uomo si spoglia
Sente incrinarsi la dura corazza della sua pelle,
Ne ha un altro strato, squamoso, che
Si sgretola in frammenti che magnetici volteggiano, quando,
Come un fresco lenzuolo lo sfiora
Lo sguardo femminile.
Adesso, trema, come un drago tracotante,
Così, con il cuore scoperto,
Esposto e palpitante.
L’occhio, la bocca, la lingua nascosta,
Le braccia di lei, i seni, le sue gambe
Sono ognuno una freccia,
Direttamente, puntata.
E c’è ardore di morire.
L’attesa dell’ineludibile,
Cremosa dolcezza, consolatrice.
*
Stesa, come una rosa spampanata
come la neonata che dev’esser cambiata
come una rosea fettina,
di fesa di tacchino.
Stesa come una nuvola striata,
come una donna sul divano,
in attesa, come la pasta all’uovo,
appena tirata.
Stesa come la landa desolata del deserto dei Gobi,
come l’artigiano che ha perso l’uso delle mani,
come nel fondo della pentola i sali
quando si sciolgono i dadi.
Stesa come un ampio pareo sul bagnasciuga,
come la volta celeste sulla pianura
della tua schiena;
come una crepa che cresce come un ansimo,
d’incanto,
che inedia procura.
*
Una volta, poco più che fanciulla,
scrissi una poesia di poche righe.
Adesso, che strano, mi pare di avere la stessa calligrafia di allora.
Diceva che può esserci più gioia
negli occhi di una bambina malvestita e scalza
che in quelli di una signora agghindata in crociera,
tutto dipende da come noi guardiamo il mondo,
dai nostri occhi interiori.
Questa coperta mi ha accompagnato in tutti i miei anni
ed è con questa scoperta sulla pelle e
nel calore delle mani che mi stringo
nell'accappatoio rosso e osservo
le congiunture dei ricordi nichelati
sotto il lavandino.
*
‘sta forza che sento in me
poi finirà a mare.
L’accoglierà, l’abbraccerà e riabbraccerà,
la consolerà rotolerà, solleticherà
fino a farla sorridere e così
accadrà che la conchiglia
finirà nel secchiello di Winnie the Poe
di un paffuto bimbo biondo senza costume.
:“Tao!”.
Ne farà buon uso, come recipiente d’acqua,
di sabbia, poi qualcuno mostrerà, racconterà,
che si sentono le onde del mare e
proverà e si meraviglierà, poi la perderà.
Tao ‘sta forza che sento in me
Può farmi espandere e fiorire
In consapevolezza
Perché voglio vivere
In eterno o in adesso
L’io sono.
*
Sciolti e lunghi
Porti i tuoi capelli castani, leggeri
E un'ampia blusa grigia;
Non ti serve nient'altro
Per essere bellissima,
Se non un enorme bianco cane che
Vi osserva, seduto paciosamente,
La spensieratezza poi:
Gli getti le braccia al collo e lo baci
Allegramente,
Nonostante gli istantanei
Sbalzi di temperatura
Di questo Maggio bizzarro,
Influenzato sarà da Marte selvaggio,
Mentre io ho un gran cerchio
Alla testa.
*
Per chiuderli un giorno,
ho avuto come dono gli occhi,
i polpastrelli per toccarti,
la linea retta del naso per
sfiorire
col tuo collo stanco.
La facondia della lingua
per plasmare in
armonia il
desiderio in
reale fecondità,
senza uso di parola.
Per chiuderli quel giorno
t' ho dato in dono gli occhi miei,
quel giorno che
tu, chiudendoli
m' hai dato i tuoi.
*
Una stella alpina
Il cielo è terso, azzurrissimo
Sorridente e sola, candidissima
Il suolo è impervio
L’aria intorno fredda
Attende il romantico eroe
Godendosi la splendida veduta.
Sarà colta, come dono d’amore, non si cruccia
Di sacrificare la sua libertà perché
È libera
Dalle illusioni.
*
Il concerto l’appuntamento
La schiena scoperta la birra rossa
Il locale sul molo la scia lunare ondulata e infinita
I ratti sotto il pavimento consumato di parquet
Percosse alla batteria e pescatori notturni
Col secchio vuoto.
La tua metropoli le conoscenze di tuo padre
E i tuoi, divorziati
E i miei che litigano sempre,
Scatta un lampo
La foto ai baci appassionati
O era la torcia del vigilante sulla spiaggia…
La trama ruvida della sdraio
In fretta aperta graffi sulla pelle
La mie tra i tuoi dita ricci e boccoli scuri
Invischiati insieme come le
Zampe di un orso in un otre di miele
E mi dicevi tu come muovere le mani,
Annodati, da non riuscire più a scioglierci
Le braccia, neanche quando
Due giorni dopo
C’era la musica sotto la terrazza di casa
cadevano le stelle tra i merletti della rocca
E mi domandavo come poteva non essere quello un noi?
*
Uno spazio distorto;
palloncino chiuso in
una scatola, sbatte, contro
le pareti di cartone; oceano
che s'accozza, luna
di spalle e stelle,
pettegole comari già da un po'.
La sabbia su cui distesa
me ne sto
è umida e fresca, però.
Scorre dolcemente sull'arenile
come te tra le mie dita.
Respirando il vuoto
ascolto la mia marea cupa
assaporo anche l'odore
sgradevole degli scogli.
E mi concedo ai brividi
di una cercata solitudine,
perché è pace il mare,
anche quando è nero
e tutto pare solamente,
solamente pare
ostile.
*
I gabbiani vengono a garrire
davanti alla mia finestra
fuggendo dal mare
probabilmente in burrasca,
e ti volti verso me.
Non mi devi guardare così,
troppo, lontano da me.
Ho cercato in giro occhi
del tuo stesso particolare colore,
li ho trovati,
ma quel riverbero, in altri sguardi
no; se non
sotto il faro in mezzo al mare petrolio,
in un angolo di scoglio
grigio sapienza,
puntellato di muschio dorato
che solo la luna
spesso bacia.
*
Ti sei ritrovato con un corpo
Sproporzionato alla tua età.
Dormivi tu al centro del lettone
Tutto il giorno un tutt'uno, nel marsupio,
Vola vola o lanciato per aria.
Ora nessuno c'entra più a
Dormire, di notte, con te e la
Mattina, se ti alzi dal banco,
Sbatti sempre e fai cadere
Qualcosa, qualcuno.
E nessuno ti solleva più da terra, mai.
Le mia calda coperta, ora
È corta, per avvolgerti tutto.
Dentro questo corpo sei rimasto
Leggero come un soffione,
Delicato, fragile come un soffione.
Lo vedo, a volte, com'è
Spennacchiato, ricordando
Il giallo acceso di quel fiore
Rigoglioso.
Ma lo sai che quanto più
È spennacchiato, un soffione,
Tanto più il desiderio si
Avvera?
Non avremo paura di crescere,
Figlio mio,
Dolce è robusto.
*
Ho visto i tuoi capelli
Farsi prato
I tuoi occhi farsi lago
Uno stormo di colombe i tuoi denti
E le tue labbra,
Catena montuosa a
Fare da sfondo a quel volo.
E un ponte, di edera
Le mie le tue, spalle.
Pensavo intanto,
Scrupolosamente osservandomi
Allo specchio...vedi come
È tutto falso,
Il battito del cuore
Scavava un vuoto dentro me
Rendendomi
Convessa.
*
Polvere
O diamante
Scegli capelli bruciati dal sole o mesciati
Crespi o setosi
Riccia bambina africana sorridente,
Sorridente, signora borghese europea.
Erba nelle mutande o prurito sotto calze di nylon
Ginocchia sbucciate o rossetto sui denti
Pallone incastrato nella rete
O raffica a scompigliare i tavoli della cerimonia
Scegli il pane di ieri o i ravioli di pesce scegli
Oggi è il giorno seguente;
Ricchezza o povertà?
Scelgo la povertà:
Con fermezza la scelgo,
La libertà interiore.
*
Si è tagliato un ciuffo di capelli
e ha comprato nuovi occhiali da sole;
nella tasca dei bermuda la musica perfetta.
È rimasto ad aspettare,
di fronte a un faggio a forma di cuore,
che tra il polline piumoso
avanzasse sorridendo una porzione di cielo,
oggi così terso…
una mano si sarebbe passata
ad accarezzare i lunghi capelli ondulati,
ma non è arrivata
ancora.
Adesso sul castello
con un bastone gioca
a proteggere la sua prima principessa:
la sorellina.
Ecco, due femmine-maschiaccio, finalmente!
Una addirittura adora la sua canzone preferita.
Così, sei volato su una bolla di sapone,
grande e leggera,
caduto nel prato,
hai incontrato poi, un paio
di simpatiche coccinelle.
*
Scivolo, disgregando lastre di ghiaccio,
sulle labbra goccia d’acqua che scorre,
affondo nella mia profonda metamorfosi,
esposta in centro, tra luci di Silenzio,
mi cingo con le braccia in un bozzolo,
sono Luna d’argento e attonito Natale.
Pronta a riacciuffare il mio mantello di stelle omniscienti,
sulla sedia accanto alla tenda che separa la cucina,
radici contorte si spezzano, ne spuntano altre sottili ed elastiche,
sono sciarpa, lì appoggiata, di fili di scie di comete.
L’ombra che albeggia, al lento movimento delle nuvole,
avvinghiati, abbracciati al centro nero del pozzo,
è iridescente, il tocco che mi attraversa è puro Spirito,
dove si sente zampillare il tepore della Primavera.
Fumo che evapora dal punch al mandarino.
Si spezza il tergicristallo sopraffatto da petali bianchi.
Nel parcheggio il ritmo suonato dall’orchestra dei pianeti.
L’odore acre che risveglia i sensi assopiti;
Il tuo piumone il tuo cuscino;
un corpo affidato alle onde nelle cui correnti ti ritrovo;
il piede che struscia il lenzuolo, i capelli tra i denti;
e un bacio accorato disperato,
ancorato, mai disperso, sono io.
*
Senza neanche rispettare
La prevedibilità delle stagioni
Nuovamente germoglia e
Ce l’ho piantato proprio qui
Senti che profumo e guardalo
È già rifiorito ed io non riesco più
A distaccare lo sguardo
Dalle tue ciglia lunghe
Lucente timidezza
Insito piacere
In qualche ovunque
Del corpo sfiorarci
Senza accorgertene abbandonassi
Coi vestiti anche la pelle
Per poterti coprire e riscaldare
Più intimamente ancora
Che impotente reclinassi
Il capo sul mio petto
Ed espirando raggiungesse
La tua fiducia i miei polmoni
Empiti ormai di empio Amore scempiato perché inviolato
Così vorrei che fossi un sogno
E al risveglio che
Dimenticarti potessi
*
Davanti allo specchio un gatto
curva la schiena a coda dritta
tira fuori le unghie.
Devo trovare un pertugio,
un sistema per andare di là.
Pare il credente in rapporto con Dio
che cerca la chiave per il Paradiso.
Davanti allo specchio un bimbo
s' incuriosisce e gioca
poi si spaventa e piange.
Fa le cose che faccio io
vuole giocare o mi prende in giro?
Pare il soggetto ad un passo dall'orrido:
osserva atterrito, sbilanciandosi.
Davanti allo specchio un vecchio
si liscia la barba s'aggiusta
i capelli a coprire la calvizie.
Con le debolezze in accordo bonario:
Quello non è l'altro; io non sono quello.
Pare coscienza infinita che fluisce
nei corpi la vita, lo specchio.
*
Sporgeva il mento mentre quelle labbra
certamente un dì carnose e belle
si curvavano verso i solchi accanto ai
tuoi occhi grigi e nebbiosi, la luce
dei ricordi felici dell’infanzia
apre le narici e la tua pelle appare
liscia come porcellana.
Ti faceva trovare ogni mattina
il moscone a riva e metteva i cocomeri
nella botola perchè si conservassero
freschi nella sabbia umida e ombrosa,
a fine stagione la gran fatica di
smontare la cabina, nelle orecchie
i primi frastuoni ondosi della
stagione della malinconia.
L’amore ricevuto da tuo padre
no, vedo che non l’hai perso,
produce nel continuo
i suoi frutti: sorrisi.
*
Ondeggiano con moto discordante
i gambi alti dei fiori selvatici;
gruppetti cinguettanti di uccellini,
con controcanti armonici sfidano
la robusta, impettita gazza ladra,
lunga coda da frac e foulard azzurro.
Tra le malmesse reti del campetto
da calcetto fangoso, passerotti,
correndo, vermicelli si rimbalzano.
Al sole e al vento più pallidi e freschi
danzano intorno a me panni spiegati.
Un clackson nervoso è lontano.
Lo scarabeo blu s'appoggia al muretto;
alla farfalla gialla il pisciacane e
la margherita a quell'altra bianca:
ogni cosa è, così pare, al suo posto.
Anche quelle due amiche che intravedo
procedere e rientrare, tra rami d'alberi,
con le mani aggrappate alla catena
dell'altalena, sedute, veloci.
Nella scassata, consumata, sporca
pure, scrivania verde di Ben Ten
incastrata io, sento che il più grande atto
d'amore che possa dedicarti è
descrivere quest'adesso che vivo.
Non perché sia migliore di qualche altro,
come l'arcobaleno sul Niagara,
ma perché esiste, tutto, per me; ed io
ed io per te.
*
Quella vocetta un attimo infantile
leggermente canzonandomi,
allegra ed affettuosa,
ora svegliandomi
:" Dove vai?".
Giorni passano cercando di interpretare il senso della domanda.
La risposta è più semplice,
subito sono scomparse le false destinazioni: niente
gruppi o scuole di pensiero, filosofie o sedi;
scienze occulte e religioni o libri.
Non era un angelo o Gesù o forse sì,
ché fa lo stesso ché
ero io e vado a me, da me,
ché ci vado da me!
Cercavo un riferimento per come mi sentivo:
indegna, perché avevo paura.
Sacrosanta paura della
più semplice
magnificenza!
Ebbe origine tutto con la
paura della morte,
dell'altro, per la sopravvivenza.
Difendiamoci, istituiamo anche
il diritto di proprietà e
organizziamoci in società,
che si sappia com'è d'uopo comportarsi,
altrimenti c'è la legge e la punizione!
Il diritto morale e la
punizione di Dio.
La morte fa ancora più paura.
Paura a difesa della paura a
creare paure più grandi.
Avessimo avuto compassione,
empatia, avremmo accudito
quella richiesta d'aiuto.
La paura è una richiesta d'aiuto:
voglio essere più forte insieme a te
e invece che tracciare un confine
avremmo aperto le braccia.
Eppure tardi non è!
Amare questo mondo esterno è non averne paura,
riconoscendoci, perché
non è tardi per conoscerci
nuovamente gli uni con
gli altri e quindi
non è tardi per conoscere
Noi Stessi Verità.
*
SI PERDONO LUNGO IL PERCORSO
CADONO LEGGERI A FIANCO DEL
PIEDE CHE SI SOLLEVA AVANZANDO
FRAMMENTI DEL Sè CHE GIACCIONO
MAI INERMI, SE PURE COSì
APPAIONO.
VERRANNO SOLLEVATI
DAL BECCO DI UN UCCELLO
O CARICATI SUL DORSO COLLETTIVO
DI FORMICHE DALLA TESTA ROSSA
DECOMPONENDOSI IN VENTRI ALTRI
O PER VENTI.
CE NE SONO DI IMMORTALI
CHE ASPETTANO IL RITORNO.
MI CHINERò A RACCOGLIERTI
E TI TERRò STRETTO NELLA CARNE,
LA PIù TENERA E CALDA , LA PIù
RICETTIVA
PERCHè SEI IMMORTALE,
PICCOLO SALE, SASSO,
OH POESIA CHE NUTRI L'ANIMA.
TUTTE LE NOTTI
RITORNO.
*
In quanti cercheranno
di attraversare il ponte,
fatto solo di foglie,
non sanno che sfidano
la legge di natura e
gravità riderà!
Affondare, io devo,
come canna smussata
che fa il canto col vento,
giù nella terra umida,
come fosse carne mia e
acqua zampillerà,
sì come fossero lacrime.
Quella pozzanghera nel
cui fondo tre giacciono
sassi di luce bianchi,
come quegli antichi occhi
in cui mi ci innamoro sempre,
il luogo della vita,
una nuvola densa
copre, come palpebra.
*
Tu sei come la ghiaia che s'insinua nel costume
quando l'onda del mare ti rivolta a riva,
lo scoglio che graffia il ginocchio e cadi
nell'acqua improvvisamente alta,
il moto che alliscia i capelli
scoprendo la fronte, la goccia sulla punta del naso
la scintilla brillante sull'incisivo scheggiato.
Sei il calore del sole che avvampa il cuore
e amore scioglie come quel cane che scodinzola
corre e si sgrulla e si rotola e si tuffa.
Sei amore randagio, ma buono
libero e fedele.
Sei un fiore viola e giallo o un mazzolino di
mughetto margherite menta e violette.
Sei assai bello e bella ciao,
bella ciao ciao ciao.
*
Bruxelles brulicano gambe
che tuono il cuore scoppia in gola
inghiottita dal bianco si dilata
la pupilla
c'è chi cade e
s'accascia
c'è chi corre corre e
scappa, chè vivo è
e c'è chi è morto.
Questo terrore predeterminato:
il boato il sangue un corpo
e il vuoto.
*
La fiamme dell'inferno per i peccattori,
eppure, aggregandosi le lingue di fuoco
reciprocamente si alimentano,
sostengono e acquietano in equilibrio
aleatoriamente aleggiante, un fuoco sacro,
un sole che bruciando dona calore
protezione luce, purificazione,
comunione.
Tutto il resto è il buio di un cielo stellato
il vuoto di un cosmo viaggiante, bisogna
attraversare non il fuoco, ma il vuoto
all'interno del cerchio di fuoco: la materia;
l'ego.
*
A briscola tre sette e per concludere allo
scopone scientifico giocavano intorno al
tavolo circolare su piastrelle sale e pepe
di granito e il posacenere a lato gli adulti
di famiglia, con le carte antiche e ingiallite
fino a tardi; il ritmo delle sbuffate vulcaniche
di reciproche accuse di ingenuità e mosse
fallaci o segni mendaci aumentava con
l'aumentare della staurazione dell'aria:
da fine partita a fine mano ad ogni giro di carte
ad ogni mossa, fino all'isostenibilità che
portava qualcuno a raschiare bruscamente
con la sedia il pavimento spezzando
definitivamente il cerchio, frattanto
il bambino dimenticato risaliva le ginocchia
della mamma e si accucciava appoggiando
l'orecchio al familiare sterno.
Cullato dalla voce intima risonante nella
cassa toracica e affascinato dalla visione delle
ellittiche e vibranti nuvole di fumo, col loro ritmico
e spontaneo farsi e disfarsi sperimentava
l'arte dell'essere nel non esssere; un senso di
reminescenza di sensazioni cullanti forse
provate in gestazione nel grembo materno.
Adesso che ad ogni respiro consapevole
faccio nascere quell'eterno bambino indaco
riconosco la reminescenza della rei scientia,
le configurazioni dinamiche del continuo
flusso di energia vibratoria dell'Amore e
nel vuoto creativo so la nenia ho la culla.
*
Se sei bendato
hai bisogno di qualcuno,
che ti guidi;
se conosci la strada,
interiormente,
non hai bisogno di
segnaletica stradale,
ma se non la ricordi,
senti ora dunque di non
conoscerla,
allora sperimenta!
Per raggiungere una destinazione
esiste un' unica via?
Non per forza il percorso
più battuto è il
migliore per te;
gli imbroglioni anzi
i ladri si apposteranno lì in
gran numero, venditori
di amuleti, idoli.
Deviare per il bosco ombroso
costeggiare il melodioso ruscello
attraversare selvaggiamente campi di grano o
scalare una parete rocciosa caricandoti fiducia
sarà più emozionante
risveglierà la tua attenzione,
il tuo intuito e
la tua consapevolezza.
Il tuo viaggio sarà
la meta
quando infatti non sarai più tu,
tu, non sarai più
la metà
di ciò che affronti
di ciò che ti è
a fronte.
*
Frecce di colore,
cosa sono le poesie
se non frecce di colore,
con un' invisibile faretra
all'ala sinistra,
apparenti perdigiorno,
girano i poeti per strada
o affacciati alla finestra
stanno, specialmente la sera;
cacciatori in attenta
attesa della preda
acuiscono la vista,
sfocando e rifocalizzando
l'orizzonte, repentinamente
dal macro al micro,
all'mprovviso compare
subitanea scompare,
era sempre stata lì
o soltanto immaginata;
non resta altro
che, tendendosi,
puntare la penna e scagliare e
la notte compare,
agli infrarossi in pieno giorno e
l'aurora boreale si compie all'equatore,
mentre le mani sono calde
i piedi come stanno
in rinfrescante pediluvio.
*
Ti sento
mi accarezzi gli avambracci
mi baci il collo e col tuo respiro mi avvolgi
mi abbracci l'amore non si nega
anche quando ti dico ti odio
ti amo lo stesso l'amore non si nega
so, che, te, lo,
dissi con amore.
*
Biografia o graffi di vita,
se e che senso abbia ripercorrere il passato,
certo non con le gambe, neanche con la mente,
ma solo con il cuore, può averne! ?
Io con un cuore rinnovato,
Perdono l'ostetrica
che mi fece sfiorare la morte nella nascita;
perchè in fondo erano le quattro del mattino
di una domenica di fine novembre;
Perdono mia madre
che non ebbe la possibilità di dedicarmi se stessa,
perchè ero il suo terzo figlio e il mio predecessore
aveva appena quindici mesi di vita;
Perdono quel mio fratello
che a volte mi sottometteva,
perchè è stato il mio compagno di giochi.
Perdono gli adulteri e le loro litigate e l'inizio
di tutti i nostri trasferimenti,
Perdono quella me stessa che non ebbe la forza
di reagire sempre,
perchè con il tempo necessario,
ho capito in modo definitivo,
l'assurdità dell'attacamento al passato,
dell'orgoglio, della ripicca, del giudizio.
Perdono l'assalitore che mi incusse paura nell'anima perchè
quando domani porterò un fiore alla sua tomba
saranno migliori tutti i miei giorni e
in altre occasioni cercò anche lui
di essere una persona migliore.
Perdono la mancanza di comprensione e
di solidiarietà di fronte alle mie felicità e alla mia ricchezza,
la mancanza di fiducia, inculcatami nel profondo,
perchè ho visto che sono io a non scommettere su me stessa e
questa, la causa, dei miei ponti interrotti.
Perdono il mio primo amore
che dopo anni condivisi non volle legarsi,
perchè capì poi,
col giusto tempo che
si può amare senza essere dipendenti,
come per dono: perdono!
Quando arrivo a te al giorno che
guardandoti negli occhi li riconobbi e ti dissi Sì,
mi va un caffè,
non ho niente da perdonarti.
Ho da perdonare il non essermene resa conto, che sei stato
sempre positivo per me.
Mi hai accettato, accudito, fatto fiorire, appassire e rifiorire.
Ho sofferto spesso, l'ho voluto,
per le tue spalle voltate a un monitor,
le mani che accarezzavano la tastiera della pianola
e la mente rapita dalle cuffie,
ma tu sei determinato e lotti per ciò che ti rende felice.
Ho da perdonare me stessa per non averti fatto sentire
amato come avresti meritato, e tu
mi perdoni?
Mi dici Sì con la Voce Flebile dello Spirito.
Così perdono col perdono
quei graffi acrimonia
e già sono antichi e sacri graffiti nell'anima
concava che ha voglia di fluire
vivere senza accattamenti, né riguardo cose, né persone,
né emozioni, è l'ora questa che
scommetto su me stessa!
*
La trasparenza leggera
la purezza delicata
di ali di libellula
di petali di margherita
il calore la tenuta
costante tenera
del mantello del monaco
sono come il sorriso tuo dolce
allegro che è nell'aria.
E' così infinitamente
perfetto il creato nostro e noi
a volte così stupidamente infelici
che i miei occhi si commuovono,
comme baccelli si piegano
schiduendo
il mistero di vita che contenevano.
*
Il luogo ove ci siamo radicati
è d'un cielo dorato
non assoluto, bensì
armoniosamente intervallato
da raggi ombrosi,
su cui si stagliano
rami e radici di
millenaria quercia
dalla corteccia sottile
apparentemente fragile,
in realtà indissolubile.
Visitare e raggiungere
è possibile
le distanze parallele,
scoppiata è
la bolla e gli universi
non hanno obbligo
di ricongiungersi in
un cerchio perfetto
Alfa ed Omega.
Non c'è ansia
d'un punto focale o
di coerenza intellettuale dimostrativa;
non devo decidere se tornare indietro o
guardare avanti, come una volta,
adesso con questa consapevolezza
sentire di essere vivi e affidarsi
al flusso presente è il meglio;
senza ansia la libertà si espande:
osservare i disegni che fioriscono nel Sè
poi si sfaldano,
perchè la vita è così
in perpetua armonia,
come una foglia gialla,
di bronzo striata,
che finora è stata nutrita
adesso si stacca,
per andare ad addormentarsi,
nutrimento , ad un fiore nuovo
che, ostinato, tra mille difficoltà,
spunterà, fino al suo massimo cielo,
chè il cielo abbraccia
i fiori e le montagne
con la stessa intensità
ed è proprio del colore
di quella foglia o la foglia
del colore del cielo.
Ecco è quello,
il luogo, dove
ci siamo radicati,
dentro di me
e quel luogo comprende ovunque
con un senso di sollievo.
*
Una lunga pennellata pastello all'orizzonte,
il tranquillo e tremulo, argenteo mare,
un anziano signore solitario che
scatta sorridendo una foto
a due bambini imbacuccati
che s'inzuppano i pantaloni, rincorrendosi
a piedi nudi sull'acqua gelida.
Tu stai a guardare luminosa come un lampadario
di chiara carta di riso.
Sono venuta al mare, è una giornata mite,
pensavo di trovare il sole,
è alle mie spalle invece,
in lontananza, aranciato,
mentre tu sei qui e come sempre e davanti a me,
offrendomi di vivere
questo paesaggio lunare.
Allora richiamo i due innocenti e
insieme ad occhi chiusi
ci ruzzoliamo tra le dune di sabbia,
Pronti, adesso, per essere fritti!?
*
Come un tamburo djambè
reagisco agli accadimenti a volte improvvisi,
altre lenti, della vita,
il suono può essere sordo
oppure è caldo,
tonante o vibrante,
rimbomba e poi schizza via rapido e asciutto.
A volte tesa,
altre morbida sono.
Da me tutto è a tornare.
Ho bisogno però di quell'aborigeno,
che mi nutra,
con alchemici balsami,
a volte, senza pretendere
alcun suono di rimando,
è per questo che mi lascio trasportare,
alla tenda del deserto
e sento che a permearmi è
la sua intenzione,
i movimenti circolatori rispondono
alle mie non udibili vibrazioni,
sottili,
Sono le mie le sue mani?
Alla vita rinnovata torno,
senza calcoli
e respiro a cantare
amen horam.
Attraversano me,
strumenti innumerevoli
d'un diverso ritmo,
in un'unica voce.
*
Tutti i nostri timori si sgretolavano,
come, sotto le piante dei piedi,
il variopinto sottobosco invernale:
solleticandoci.
Nudi, ci siamo abbracciati,
come due alberi spogli si protendono,
fino a creare un romantico archetto:
armonizzandoci.
Avevo bisogno di chi mi conducesse,
mai avrei creduto che, calde e delicate,
lo Scirocco avesse le tue mani,
fino a diventare la fata del bosco.
*
*
cemento cielo
deprivati di vita
alberi in fila
le tenaci radici
soverchia il nero asfalto
scampanio lento
un ritmico sgocciolio
docile flauto
più sotto ancora dentro
li nutre la sorgente
lucciola lieve
ecco spenti i lampioni
in accordo va alla grotta
risuonando la giostra
e s'adagia alla riva
*
Se chiudo gli occhi posso sorriderti.
Tira giù la zip del mio cuore ed abbi pazienza...
CHE NON FINISCE MAI!
Scoprirai che quello che voglio da te non si tocca.
RICORDI QUAND' ERI FELICE?
Non ti stringevo la mano bambina durante la spensierata corsa,
ero nella carne stessa della tua mano, paffuta.
Siamo per un attimo appena, ricordi quand' eri felice,
è ADESSO.
*
Dilaga e si schiarisce
il castano dei tuoi occhi
se solo mi fermo un attimo
salendo magari la spesa in ascensore
a guardarli, a guardarci dentro e
tu ne sei felice e
si allargano e si schiariscono ancora
stretti dalle tue gote che si sollevano
aprendosi, un allegro sorriso,
fatto di denti nuovi e dentini da latte e piccoli
ariosi intervalli di felicità.
Innocenza profonda che spinge a guardare oltre.
E' ora di adagiare le forbici cesoie,
utilizzate a lungo per rifinire la siepe del nostro giardino,
ché mi interessa l'invidia del vicino,
per sentirmi importante,
la pulizia l'ordine; il buon governo della casa,
gli abiti stirati, i figli educati, i compiti ben svolti i disegnini colorati dentro le righe.
Atrove bambini scalzi, sporchi, spettinati,
purulenti, occhi appannati, capelli radi, arti mutilati,
poveri, abbandonati, abusati, venduti, maltrattati, picchiati,
orfani e con armi al braccio.
Ignorati un po' ovunque,
un po' ovunque non ci sia qualcuno che li ami;
amore chiedono, amore conta
amore costante; amore gioioso
e pace.
Condivisione i bambini tutti.
*
...sibilava
il vorticoso gelo
attraverso il timpano
vibrante e
bussava
alla porta dei sogni
la soffice neve
che non si adagiava mai...
ho osservato un terreno
ove il ghiaccio avanza;
contadini
meccanicamente
rompevano zolle;
praticavano piccole buche
e innestavano piante
altrove già spuntate.
Avevano tutti
lo sguardo fisso
la mia pupilla
attonita pulsando
al cielo invocava la primavera,
quando spontaneamente fioriscono
i peschi e le anime bambine soffiano
pollini e semi.
*
Atea intellettuale francese
leggermente avvizzita dagli anni
soddisfatta del proprio suo vissuto
svogliata del tutto di percorrere
il sentiero del dolore che fissamente
le si prospetta dopo la diagnosi
di una malattia cronica degenerativa.
In Svizzera, per la morte dolce.
Capelli ramati corti, occhi verdi,
sterile rossetto sulle labbra.
:" Hai un ultimo desiderio?":
:" Sì; due: un cioccolatino e
la musica di Shubert".
La dose altamente concentrata
di barbiturici affonda piano piano
la luce dei suoi occhi.
Scendono lacrime.
L'angelo in camice le stringe la mano
e accarezza le spalle.
:" Non temere".
" No, non ho paura, non ho rimpianti, sono sicura.
Non è per la morte a minuti che piango;
è la bellezza della musica che sempre mi commuove...
della musica, la bellezza, commuove, sempre."_
*
Ci volevi tu a sorvolarmi l'anima
carezzandomi il viso!
Mi mostri che a chiedere scusa
si guarda al passato, come curvare,
per un sottopassaggio, poi finire
contro un mucchio di foglie secche.
Se invece con leggerezza si passa la collina
c'è un cielo rosa carico di maestose nuvole
alcune purpuree, dove addirittura
crescono alberi beati.
E Noi a mani aperte e braccia
spalancate a cavalcare come su tavole da surf,
con il vento tra i capelli,
a crepapelle ridono i lunghi nastri bianchi,
che vi legammo, in segno di libertà.
Ci volevi tu, mio amico, mio compagno
e ancestrale e sempiterno istinto
di sopra-vivenza!
*
Quanto mi piace quando
all' improvviso forte sento
bussare, alla gola il cuore,
così viva, da disciogliermi
in fresche correnti, rivoli
di traverso sul ventre gorgogliano
attorno al mio ombelico!
La mano ferma, rifiorisce lieve
sollevata da un'alba morbida di scelte,
prescelta pelle
che mi respiro.
Il capo volgo
assaporando d'esser viva.
*
Da pietra olio
sangue da cadavere
predoni della ricchezza del futuro
e ti rubano, Ashraf, il futuro.
Sgorgano e gonfiano i portafogli
tesori nel sottosuolo nascosti:
da ciò che pare morto, inerte,
sempre sgorgano, Ashraf,
le risorse del domani.
Non si può uccidere!
Restano attenti a che non si macchino
le bianche lunghe tuniche,
nè del sangue della pietra, nè dell'olio dei cadaveri,
impreziosite da sacre catene ed orologi d'oro.
E sgorgheranno denudando:
senza speranza il destino loro;
privo d'umano rimpianto il loro ricordo.
*
Oh Stolti, stolti mercanti di
parole e monete,
petrolio ed anime,
pensate davvero che di un Uomo Solo
possa addomesticarsi il pensiero?
Non è più tempo di greggi e pastori.
L'Uomo Solo è il gregge e il suo pastore.
La Valle e il Sole.
O pensate forse voi psudo-uomini
di pseudo-fede che uccidendo
un usignolo perché canta o
per come canti,
gli altri usignoli tutti smetteranno di cantare?
Ride il vento,
di voi, ché intanto diffonde tra gli alati
la mendace sentenza.
Un inno di gioia e mestizia,
di Vita e Vita,
da ogni parte del mondo
intoneranno intorno
alle vostre proprie orecchie,
fino a rendervi assolutamente sordi,
come quando, sordi alla Vita,
vi rintanavate in falso onore,
con la brama di prevaricare,
quanto Amore avete da apprendere?
Vivrà l'uomo che muore tra voi
essendo Uomo Solo.
*
E' così,
a volte sento ancora quel vellutato sfarfallio;
quel solletico profumato;
il tuo penetrare lo sterno mio,
il tuo aleggiare intorno alle mie dita
e il confondermi
la vista, con suggerimenti suoni e visioni,
sapori saperi, sensazioni.
Oggi quell'amore sono io,
sono solo io.
Quella marea leggera ed invadente mi appartiene,
a riva scopre le mie conchiglie,
c'è il mio sale;
e se accosti l'orecchio, accostiamo dai l'orecchio,
ecco, vedi, è così:
E' tutto un'Eco.
Hai ragione sì, ma lasciatelo dire,
lasciamelo dire ch'è un' eco di Amore.
*
Sono finita qui
Un soffio arcano seguendo
E volando sulle spaccature
Del terreno e ululando
Tra le gole dei monti tranquilli.
Un' ombra lunga
Quanto la storia dell'umanità;
La spina dorsale una fila
Disordinata infinita di stelle.
Sulle profondità più fredde e scure
Dell'oceano poggio i piedi.
Gli occhi guardano,
Esterrefatti,
La cimice che vola
E che essendo viva
Ancora
Non odora, del suo.
È qui che la vita si nutre di morte e
Contemporaneamente
La morte si nutre di vita,
Dunque è qui?
Ecco com'è che,
Io che non sono finita, ma infinita,
Sono finita nel qui,
Un soffio arcano,
Che vola ed ulula
Tra crepe
E crepacci.
*
Avevi il viso scuro di sole,
avanzavi elasticamente e la tua giacca azzurra,
ondeggiava, scoprendo la camicia rosa
e la cintura di cuoio che rifiniva i pantaloni chiari.
Ti accompagnava un ragazzo alto, sorridente, i cui
ciuffo e cintura neri si protendevano dritti in avanti;
che buffi bulli eravate!
Io, cirocondata dalla sera,
avevo il busto avvolto da
una maglia rossa
con fiocco sulla schiena;
le scarpette e la borsetta bianche, i capelli
corti che lascivano vedere da lontano
un viso bimbo.
Non appenna mi salutasti,
mi hai guardato negli occhi, e io ho sorriso,
apertamente, per cortesia,
senza vergogna per più di un attimo,
mostrandoti il mio apparecchio ai denti,
tu roteando
mi hai preso a braccetto,
ti sei avviato senza una direzione precisa,
trascinandomi da subito, accanto.
Ti sentivo ben disposto e aperto;
ed avevo paura.
Quando inizia un amore,
si ha sempre paura.
*
Era una di quelle notti
in cui percepisci il respiro del mondo, il tuo respiro nel mondo,
come un'eco che risuoni
in ciò che ti circonda
e rimbombi poi nel silenzio
delle stelle, che pure, esse, respirano,
e ad ogni respiro s'allontanano
e s'avvicinano, nell'anima divorando le nuvole;
annullando le distanze in tuoni e fulmini
ed ogni nesso causale tra di essi.
E questo avviene ad ogni rintocco di tempo,
che va all'unisono col croccare
dello zoccolo dell'asino sul selciato;
oh, e quell'onda d'urto ne ritorna!
Si concentra sul tuo ventre, che s'indurisce,
e pieghi la testa all'indietro,
ogni cosa è avvolta dal profondo buio
di un immobile cielo terso.
Dalla terra s'alza la brezza,
leggera e gelida ti solleva il velo
dai capelli, aiutando la perla a scorrere,
sudore che va a sostare sul solco della fronte,
che hai aggrottato per contenere il dolore.
Ferma, sotto la luce oscillante della lanterna,
ad occhi chiusi, vieni ferita ancora,
dal calcolato,
dal simulatamente rammaricato,
dal freddo ed egoistico,
ennesimo "No", ma poco più in là
percepisci esclamazioni
ricche d'attesa vitale,
di qualche pastore " E' lì la cometa!".
Tuo figlio, stanotte, verrà,
ed esattamente come in questo momento,
incontro verrà al rifiuto, oppure all'adorazione.
Solo con te l'autentico incontro.
Solo a te, da adesso, il compito sublime,
inverosimile, di accudirlo, nella carne,
senza pretese e senza offese;
di essere ristoro e rifugio,
tra le braccia e il seno,
nel contatto pelle a pelle, sangue a sangue,
da dolore a gioia, da umano a divino.
Amore carnale e senza cupidigia,
come da madre a figlio,
come da figlio a madre.
*
Ho un pozzo nel giardino
m'immergo quando voglio,
amo la profondità.
Mi circonda un utero
immobile freddo, ormai
ridotto scivoloso
da una muffa melmosa.
Col passare degli anni,
risalire così,
sempre è più difficile.
Mi accontentero' di quel rivedere
la luce in superficie,
grazie, all' unico slancio
che mi sono concesso
nella petrosa circolarità.
E la Luna a trovarmi verrà,
per una quindicina di minuti,
condividendo le scure lenzuola.
Poi tra l'acqua stagnante
ritroverò la sete di cieli aperti.
*
Dal suo alveo estrapoliamo bene il pelo,
sopraccigliare, bianco,
sorridendo perchè, ricrescerà!
E ne arriveranno altri.
Invertire, magari, il corso, non potrei?!
Come Milly Carlucci!
Intraprendere un sano life style
tra saune e mattutini
centrifugati e idromassaggi e bagni,
turchi, e le... maratone!
Col passare del tempo sempre più
sprint, spritz and gym and tonic!
Dici che è una questione di denaro?
Se non scrivere, allora, cosa resta?
E così passare,
in questo masochistico rapporto
col mioTempo, da Vittima a Padrona.
*
dispiega il cielo
la ruota di pavone
dietro le tue ali
*
Con sotterfugi e moine, fuori orario,
voler entrare, scavalcare la fila,
forzare; a tavola fissare il vuoto
col cucchiaio in mano; il trucco sfatto.
A tutti i costi , nell'ambiente, invece,
in bellezza, per classe; per ricchezza
competere. In famiglia vittimista.
Sempre dire ch'è tutta la vita
che... e non accorgersi di...egoista! Eppure
è la tua voce, quando canti, dolce,
melodiosa sublime delicata
e pare anche tu riesca a conciliarti;
così se leggi o quando scrivi, scorri,
sei rilassata, come un fiume abbondi
di aggettivi e sentimenti, forse,
eri un' artista, madre, e tutta
la tua vita hai vissuto, da impiegata.
*
invisibile gabbia intorno a me
allungo il braccio,
ma la sbarra blocca il corpo
stendo le mani agito le dita
la grandine ferisce
e più le lacrime.
socchiudo le labbra
esplode dentro un grido
la mantide religiosa è fissa
appesa alla croce della cella.
Cattivo il sangue continua il suo giro, quando
all'ansia sopraggiunge il silenzio,
alla parola il respiro rimbocca le coperte
e gemmando riposo.
*
Tracce; la neve, giochi d'ombra; il cielo
cornacchie in dispersi gironi
e s'alza di vuoto un nonsense.
Polvere s'accavalla sullo stipite
e ancora io sto, alla finestra, ad aspettare...
oh il tuo sguardo d'avorio, seta d'indaco,
con leggerezza scopre le mie gambe
e m'illumina di pelle ridente!
*
Io che guardo alla finestra
cercando tracce, tra la neve,
sobbalzando ai giochi d'ombra del cielo;
la sala da ballo sontuosa
alle mie spalle, vestita in mogano,
alto, grande il lampadario,
desolatamente è affollata da fantasmi e
cornacchie che non fanno altro che
alzare dalla terra un senso, vuoto;
mentre polvere s'accavalla
alla polvere ch'è accampata,
nelle fessure del pavimento a smalto,
sui ripiani delle mensole,
sul dorso della sazie tarme,
sulle nocche delle mie cieche dita.
L'alone sul vetro ti parla di me,
del mio calore, che t'aspetto...
Oh il tuo sguardo setato
che con leggerezza, scopre le mie gambe
e m'illumina di pelle ridente!
*
Più che dagli accenti
è dal Silenzio composta la Poesia.
Più che la bella faccia,
apparente, è la morte in vena,
ciò che sempre siamo
che resuscitiamo.
No, che non possiamo
o forse sì? Forse...
possiamo? Mi scusi...
Come animali da
Aurora Boreale, da savana, da
foresta, da stagno,
da bosco, da pascolo, da picchiata
e migratori, da
cortile e da sottosuolo, addestrati
che circo! Gestito
da avide beffarde caricature
affabulatrici,
noi così viviamo.
Non mi strattonare!
Né di qua, e né, di là!
E non indicarmi
il posto a sedere,
non mi trattenere!
Solo dal vento che ora m' appartiene
voglio essere smossa,
sbattuta, percossa e mai lacerata,
per ciò in cui credo
che sento vivere, dentro le vene.
*
Cumino curry, curcuma e coriandolo
che ho imparato col cucchiaino a usare
e solo ora mi gestisco in barattolo,
ma allora, quando stavo per varcare
la soglia unita a te, in quel pianerottolo
-quinto piano di casa popolare-
quell'odore diverso, dal prezzemolo,
mi portò a vacillare in altomare.
Mi domandai " Ma dov'è che sto entrando?"
di colpo fragile, restavo, immobile;
tu hai avvertito il mio cinico malessere
ed esclamasti - quella chiave usando-
" Ma come fai, tu così bella, ad essere?"
dall'uscio evase quel timore, impalpabile...
Capelli e labbra mi sfioravi piano
la pelle calda del mio nudo, volto
oltre il vetro, nel buio, un canto lontano
il tuo ventre vibrava, al mio sussulto.
Tra quadri arabescati del Corano
ho fatto l'amore -dopodichè ho pianto-
sul divano stantio, col mussulmano
rivivendo il passato in quel momento.
Quella premura al tatto, sulle dita,
non conoscevo quel prendersi cura,
come, l'affanno, si concilia al riposo.
C'è un bambino ora gaio, pieno di vita,
che mostra a tutti il suo curioso viso:
libero, certo, dall'arcaica paura.
*
Piccolo Dio dal sapor nocciola,
con quegli occhi e quella pelle, nocciola
e il ciuffo nero di capelli, certo lunghi,
ad esaltare il candido sorriso,
così immortale per noi così immorali.
Fuggito dalla Strage degli Innocenti
tra bombe e sciabole, nebbia e
cadaveri sgozzati, hai varcato il confine
e ora cresci, in un campo profughi
in Libano o Egitto, che importa!
Tra migliaia di altre e simili anime
ti manca tanto la tua scuola,
bombardata, eri il più bravo,
in matematica e qui impasti terra
arida eppur fangosa.
Con i sassi costruisci l'impalcatura
di quelle case che edificherai un giorno,
per quelli che non hanno sonno.
Padre nostro, che sei nei Cieli,
chè tua madre non crede ancora
che catturato, torturato, morto,
infine, sia, tuo padre e un giorno
lo vedrai forse, tornare.
Trovi ancora la forza di giocare,
ma non quella di piangere.
Il primo Verbo che pronunci
se pensi alla Siria é " Mamma",
tu, Dolceamaro Dio.
*
Vincent Vincente
Fantasia e coraggio.
Essere umano supera
la paura di sbagliare, di essere
frainteso. Crea
mondi inesistenti irrealizzabili;
tu puoi, l'uomo può:
è liberta è arte.
E si nutre di vita:
di dolore di speranza.
Quell'amalgama che hai in bocca
perciò sputalo!
Si nutre di claustrofobia la via di fuga.
Lascia stare i corvi a sorvolare
bassi i campi di grano alto;
a loro sta il cupo a te
l'oro e la rotondità, poi
là, ancora
l'amalgama:
colori e uomini più ricchi
e nuovi.
*
A quella scapigliata scapestrata scalmanata
bambina che chiese aiuto e che
nessuno ascoltò.
...che la voce si autodivorò e che quelle
richieste d'aiuto mancate divorarono dal di dentro.
A quella ferita solcata da lacrime all'ortica
da una serena faccia di silicone nascosta.
...che sogna di essere figlia di qualcun altro,
magari correre tra le valli, la semplicità e la verità:
...l'infanzia.
A quella bambolina che vide la tenerezza trasformarsi
a passo felino in smania, ingordigia, violenza
e frantumarsi il quadro ideale e necessario
del parente caro e prossimo. Smarrita.
A quella donna che non sarà forse mai
davvero capace di amarsi davvero.
*
Vorrei averti come una cascata ama i
suoi sassi
e che sia però, incoscienti noi, il nostro
abisso.
Accendiamo una candela che coli
tra gli occhi e
stalattiti e stalagmiti e che salga
perchè
dimensioni si scambiano le forme,
come noi.
La rotazione percepire, tanto
sto ferma,
se ti stringo decisa l'avambraccio e
rimani.
Veloce un pagliaccio continuamente
la faccia
cambia; io spingo il fermoimmagine sul tuo
sorriso.
Pedina di dama tra la cenere
cascata
sotto chissà quale antica mobilia,
pesante,
...si incrinerebbe certo il pavimento,
di ghiaccio.
*
La donna che credesti di amare
non era una dea, non un
territorritorio immacolato da
marcare, conquistare, possedere;
non una chiesa in cui trovare
rifugio, comunque; non una
schiava captiva che mantieni e che
ti serva e ti soddisfi, come tu
non sei un eroe mitologico,
un carnivoro felino, un antico guerriero,
un ribelle perseguitato,
nè re; ma sei un uomo.
Se ami una donna, guardala
attentamente
e impara da lei:
è così che le madri amano.
Ogni giorno spera
che il suo amore sia seme
e che non verrà dimenticato
e assapora ogni giorno,
occasione, preziosa,
irripetibile, per dare.
Se tu amassi così, non saresti
travolto dalla tormenta tremenda e terribile
del vicolo cieco.
Non manderesti in frantumi il cervello e con
il cervello in frantumi non
ne faresti a brandelli il corpo
impugnando e infilzando
un fallico coltello.
La donna che credesti d'amare
non è una magica orchiedea
che mai invecchierà da mettere
all'occhiello della giacca.
Non era una dea,
la donna che credesti d'amare, esangue,
nella salata ultima sfera di rimpianto,
ripercorre
il volto di tuo figlio
ad ogni alba
orfano.
*
Coriandolo safran curry cumino,
dopo quindici anni ho imparato adesso a
riconoscerli e ad usarli, però
allora, quando stavo per varcare
l'ingresso di quell'appartamento strano al
quarto piano del grigio grattacielo,
quell'odore intenso, così diverso
da...origano, la salvia, il rosmarino
mi spaventò:" Cosa sto facendo?"
- Proprio sicura - domandai a me stessa e
tu mi guardasti girando la chiave
:" Ma come fai?" immobilizzata io - Cosa?-
:" Come fai ad essere bella così?".
Rido sorpresa e la porta è già aperta.
La pelle liscia ed ambrata i capelli
ispidi e labbra velluto carnoso i
tuoi occhi castano chiaro chiamavano
- Fidati- il tuo ventre che vibrava per
la voglia di amare e di essere amato.
L' amore con un mussulmano ho fatto
e ho pianto; tra quadretti appesi al muro
con le frasi del Corano perchè
riconobbi l'amore, l'amore che
mi aveva tramortita. E poi conobbi un
prendersi cura di me che non avevo.
Un altro bambino c'è adesso al mondo
non benedetto, neanche circonciso,
bimbo, più della paura, vivo e forte.
*
Blues e blu il cielo
- mano e carnosa spalla -
va...incontro al colle.
*
14/11/2015
Pingue
Attonita
Romantica
Incredula
Gaudente
Inermi cadaveri
Inneggiano
Esplodendo
Rabbia
Inumana
Suicidi
Esaltati
Rapiscono
Allah
*
Rotola echeggia
filtra, permea
accompagna e urla.
Interroga, sbuca,
ti innervosisce
sguaiatamente ride
gioca con riflessi di luce
girandola fantasiosa.
Oscurità preziosa.
Incompreso, incostante
cupo e sublime
profondo e leggero
da leggere
da bere
da mangiare
e ti legge
ti ubriaca
ti divora.
*
Polline tra i capelli e
segni su quel tuo viso
l'ansia della non-vita-
cassa-super-mercato-
Quanto ti costa, vero,
di silenzio un litro?
Sottobraccio baguette
accanto in costruzione
un edificio incanta:
così, esattamente,
ti senti e sai perché.
Vendesi- il cartello-
Al massimo sarà
simpatico riparo
per spiriti fuggiaschi.
Dalle sue fondamenta,
le pareti salendo,
l'Edera, che aggredì
la recinzione, veste i
muri grezzi, vivente
vernice, bella tanto
da meritare, questa
tenacia di salire
alle
nuvole e più oltre,
colore in movimento,
estetica in potenza,
uno scatto, ma in bianco e
nero, ché tutto ciò
Polline è che, oltre, passa.
*
Le bretelle ai pantaloni, sia quando
ti vestivi da dottore sia quando
mi portavi con te, alto ed imponente,
sulla Jeep, al podere di San Biagio
tra le mie risa chè mi divertivo a
sobbalzare sulle buche ed il fruscio...
dei rami di spine che sbattevano
contro il finestrino e la carrozzeria.
Un bel salto; il casolare, il pozzo e lo
stagno. Ti immmergevi con stivali
alle cosce, avrei voluto tuffarmi,
ma mi davi il compito di disporre il
tubo a terra e spostarlo al ritmo giusto:
circa trenta secondi per germoglio.
Poi mi intrufolavo tra i filari e
raccoglievo zucchine o pomodori,
così grossi e colorati mai più.
Prima del tramonto, qualche nocciola.
Le tre civette sul comò ed intanto
di mattina, riordinavo, con la zia,
l'ambulatorio, sistemando il telo
sul lettino, gli strumenti sul banco.
La Frizzantina nell'acqua a tavola
era solo per te, insoliti francesismi
nei piatti dei menù di casa vostra.
Dicevi che ero la tua fidanzata e
mi toccavi le tettine finquando
ti dissi un bel giorno che ero cresciuta.
Mi portasti al lago di sera, in realtà
era più una sfilata a sfoggiare la
tua Maserati che voglia d'un cono;
te la portò via, un giorno, la Finanza.
Poichè ero la nipote del Dottore
dovevo nascondermi da tutte le
possibili spie se volevo, in paese,
mangiarmi patatine fritte in pace.
Quelli che venivano visitati
da te, un fegato enorme tutti, troppe
schifezze e fritti e carne mangiavano!
A diciotto anni mi ritrovai un tardo
pomeriggio a massaggiarti i piedi, eri
agonizzante nel tuo letto, neri.
Un tumore ai polmoni ti aveva ormai
ridotto tutto gonfio e un dolore,
vicino c'era ancora il vogatore e
una fascia vibrante per snellire.
Mentre io accudivo le tue periferie
vagheggiavi espressioni di sollievo.
Stetti ore in fondo al tuo letto ed il giorno
dopo stetti ore ed ore a recitare il
Rosario, unendo la mia voce a quella di altre,
tante, donne di famiglia e di paese;
era il mio modo per dirti " Grazie per
la deliziosa compagnia; e Buon Viaggio!",
sicura che Dio avrebbe perdonato
tutte le private e pubbliche bugie.
*
Viale di Miele
lunghe braccia e brividi
pioggia; bagliori.
Foglie, chiacchiere
non importa peccare
ci spoglia il vento.
Palpebre chiuse e
tocco l'afflato soave
sottopelle gioia.
*
Amaro e inebriante
Ricordi di te m'avvolgono
Come vaporosi profumi sotto la doccia
Sorrisi soffici come il balsamo tra i capelli caldi
Pensavo di uscirne liberata, rivitalizzata
Invece stordita e leggera
Neanche una spruzzata ricca di profumo floreale
Scaccia dall'animo quel sentore amaro
E inebriante di te come l'Assenzio
L'assenza.
*
Sono io, che fisso
Luci, vive ora e fisse
Stelle, un dì morte.
*
Occhi da lupo in mezzo a tanti, gli altri,
Come nascondere lo sbigottimento,
Ma quando ti avvicini ti vedo tremare
È la mano tua a consigliarmi " andiamo "
Proprio lì, fuori dalla gabbia, l' Amore,
Il tempo, impastandoci, nel non-tempo.
*
Son dieci lune
di Verità gravida
la Vita è Tonda.
*
Tutti dentro la pozza
A sgomitare per la palla
I pantaloncini di diverso colore
Ormai e l'erba sulla faccia
Un placcaggio da manuale
Alzi lo sguardo e
I genitori tutti ti applaudono
La mamma è a fianco del coach
Hanno lo sguardo acceso
E piovono grida d'incanto
T'impossessi della palla
Corri dritto corri dritto
Una catena umana ti
Si aggrappa alla vita
Tu sei un grattacielo che
Lento avanza e spingi
" Spingi! " fino alla meta.
Ricordati di oggi
Della tua prima meta
Di quando hai scoperto
Resistenza, determinazione
E l'orgoglio di essere te stesso.
*
Che questa mia guancia
uh così calda e soffice si
trovi accolta e sostenuta
dalla tua mano grande
e forte per sempre o
circa, come anche solo
un attimo può essere e
bastare.
Rinuncerei
a tutta l' individualità sì
e accetterei d'essere un mollusco
se tu fossi poi
quel mio guscio e
per sempre davvero e
niente scogli, solo mare aperto,
se ti fanno ingelosire.
In balia delle onde ci infrangeremmo
in un attimo, ma chi conterebbe
il tempo e chi giudica
più la banalità di una metafora;
la banalità della purezza;
di questa nostra tenace tenerezza.
Allora
e ora,
sempre
e chissà mai chi se ne frega
Uh,
stringimi.
*
Quando smetto di bisbigliare Amore mio
un silenzio mi soffoca l'anima.
Hai il mio consenso: esplora
pure i miei universi.
Potresti incontrare cerbiatti
vanitosi che chinano il collo su
freschi ruscelli o nere pantere
che con coraggio saltano da
burroni profondi e atterrano
in sotterranee dimensioni;
una signora seduta sulle scale
con una stoffa in testa
sorride, accondiscende
ha lo sguardo di chi conosce già
ma continua
ad osservare il presente.
O potresti dirigerti verso
le miriadi di galassie
e stelle inesplose o pianeti ancora
gassosi o che precipitano
verso un melodioso vortice
antimateria.
Smetterò di respirare e
un silenzio impudico ci soffoca.
Non temere però; troverai
la strada percorrendo i miei
sentieri
e riconoscerai il profumo di casa
perché il tuo corpo
sarà la mia pelle.
*
Pur mancando il sole
Pur essendo autunno ormai
Anche l'ultima goccia
Che all'interno ti sei cullata
Cadrà lontano da te
Essendoti lasciata tu
Percorrere dal vento.
*
Sembra bruciata la terra invece
è bagnata sa d'argilla e l'erba
sa di ruggine già, chè la pioggia giù
precipita come fosse piombo.
Che scostare la foschia
non posso fare altro che
adagio nascondermi
accucciato tra le radici della quercia.
La muffa attacca una parete nuda,
dolcemente tonda e liscia.
Odore spumoso ... è il muschio
spugnoso, si sfalda la corteccia umida.
A questo spazio privato e selvatico
ritorna la bruma ch' ho sottratto
col mio fiutare, è semplice:
il mio fiato caldo di cane randagio che sa di sole.
*
E s' avanza in speranza
S' abbandona in purezza
E vivendo per se stesso
In gioia si propaga
Il Giglio
E vive e vive e vive
La mia bocca quando ti bacio
Che dimentica d'esistere.
*
usati
usualmente usati
come clandestini
come coglioni e calpestati
abusati come ciccioni
come froci lesbiche e mignotte
come tutte cose rotte e le
persone corrotte.
usare per non essere usati e
sei un calzino due volte rivoltato
ti puzzi come un cane bagnato,
avvelenato picchiato investito marcito.
spumose nubi
la slavina che avanza
vette di luce.
*
La lunga cicatrice trasversale
che una freccia degli indiani,
ci raccontavi,
ti aveva procurato; quando
mi nascondesti dentro una valigia
in cima all'armadio; la sdraio in terrazza
dove ti mettevi per fare il portiere
e il fischio del pallone che precipitava
dal quinto piano!
Le colazioni succulente della domenica,
la felicità il sabato di correre all'uscita
di scuola con quel grande album da disegno
e il lunghissimo righello, perchè eri tornato
e ci venivi tu a prendere.
Il giorno dopo, la sera, ripartivi e canticchiavi
la tua canzone preferita:" ...ogni volta,
ogni volta che torno, non vorrei non vorrei
più partir...pagherei tutto l'oro del mondo
se potessi restarmene qui!"...Dio quanto stonavi,
stonato pure l'orecchio, tanto che non te ne rendevi conto!
BABBO!
Il pizzetto e i capelli si sono fatti tutti bianchi
e stai cercando di buttar giù la tua mitica pancia...
quando ti abbracciavo vi affondavo la guancia!
I tuoi occhi riuscivi a farli severi grazie alle tue folte
sopracciglia, ma non sono mai stati cattivi!
Di peccati, e chissà se come tutti li avrai commessi,
per me non ne hai, se non forse quando telefonavi
e mi chiedevi di passarti la mamma senza chiedermi
:" Come stai?".
*
Nel lago blu c'è un' alcova
circondata da fogliame
di rubino, l'acqua che
le caviglie sfiora appena.
Le pesanti traccie di quei
miei ricordi sono melma,
densa vita, brulicante
sotto nubi sfuggevoli.
A palpebre chiuse attendo il
quando, tutti gli stridori
s'intonano: scricchiolarsi
della volta. Scivolare...
Del lago blu l'abbraccio
sfila i nastri dai capelli
scioglie i lacci dei vestiti e
sul terreno lì da sempre
la mia pelle
è polvere e
se ne vola
lenta da me.
*
Il baco
racchiusosi nella sua stessa
prigione in attesa di
esternare ali colorate
con cui distrarre
l'altrui attenzione
dal suo corpo da insetto;
vivere il tempo di una poesia.
La punta della dita
di una mano accolte
e racchiuse dal palmo
dell'altra e percepire
il tepore di una poesia.
La luna che
si nasconde timida
dietro una grande nuvola
stranamente chiara,
come una poesia.
Il silenzio tra
un battito e l'altro
del cuore, quel frizzicore
che nel frattempo scorre
nelle vene:
il mistero d'una viva poesia.
La carica d'acqua
amara e palpitante
che si ritira curvando
l'onda prima del fragore
dell'infrangersi,
come da dentro ti scuote una poesia.
Il feto al buio
a percepire nuovi strati
della pelle sua propria
accarezzata
dal liquido amniotico,
quel cullare dolce di poesia.
Sono di poesia in attesa
di nascere ancora e fluida scorrere
sinuosamente seguendo
le curvature e i segni
di ogni lettera che
traboccando da me si confonde.
Sono d'attesa colma in una poesia.
*
senza te
è un vivere
senza ali
un voler
migrare
e soli
a fatica
stare
*
Di soppiatto alla nuora intransigente e
alla insipida, solita, pappetta
sale olio e molto parmigiano aggiunge,
compiaciuta, gradisce il nipotino!
L'altalena forte spinge, la blocca;
cerca una complicità una risata,
il piccolo accenna un sorrisetto, bello,
allora più forte...ancora non ride e
già la mamma è arrivata con la frutta
ben pesata, sbucciata e spezzettata
ma perchè oggi la sputa e si domanda
... il gelato sarà, tra sè, quello di ieri,
se fossi sola, ora glie lo comprerei
oh nella ninna... ancora mugugnava!
*
Aveva gli occhi celesti come il principe di Cenerentola, a sei anni, gridai di amarlo.
Era nato in Corea, era stato adottato e volevo consolarlo a nove anni.
Eravamo vicini d'animo e ci separarono come in Cime tempestose a dodici anni.
Era uno sportivo per baciarlo dovevo mettermi in punta di piedi, come in Ufficiale gentiluomo, a quindici anni;
Era un soldato mi si offriva una melodrammatica storia d'amore a diciotto anni; era uno spirito libero e trascorsi una giovinezza da beat generation ; amava le mie stesse letture mi chiamava musa e mi aprì una via a trent'anni; lottava per una vita migliore ed una famiglia .
Ho amato gli uomini per futili motivi: il colore degli occhi, i centimetri in altezza; per illusione; per superare limiti; per vivere un film; per avere una vita diversa; per essere diversa.
E' un battito di leggerezza frizzante che ci spinge alla complicità degli sguardi, dei sorrisi, al primo coraggioso contatto, ad allargare le braccia, a schiudere la bocca ad ammorbidire le ginocchia.
Ma quando si tratta di noi stessi del nostro sangue, dei nostri genitori e dei nostri figli allora è solo realtà.
Tutto è più concreto e difficile.
Non è un volo pindarico, è una corsa ad ostacoli, devi spingere sui tuoi polpacci, piegarti, crederci e darti lo slancio per avere quel break di leggerezza poi subito riatterrare ed ammortizzare; proseguire e così sempre in corsa, ancora saltando ed atterrando, a volte cadendo fino al traguardo, dove sempre ci si dice che si sarebbe potuto ...di più!
Quando si tratta del proprio sangue è tutta un'altra storia, la nostra.
*
Io non ho più confini;
è questa la frase che mi fa buttare sul divano,
mango e ananas a tocchetti,
in questo giorno di tarda estate.
Una volta coglievo l'immensità nelle piccole cose,
ora non esistono più le cose,
tantomeno le piccole cose.
Attimo per attimo,
troppa fatica a farsi; incostanza!
Cercavo la felicità imperitura...ed eccola,
l'ho trovata, ma non riesco più a vivere!
Tutto intorno a me è una cosa determinata,
per gli altri, non per me però;
un confine ed io non mi ci adatto!
Io non ho più confini.
Allora è questa l'imperitura infelice felicità di quel Budda!
E dico-Ti amo più che, più di, qualsiasi altro-,
ma non ad uno solo e dico
- Ti amo con tutto quello che non ho-
e cosa conta?
E perchè quando un fiore sboccia ed è rosa
mi è più rosa anche l'asfalto?
Neanche domandarsi se questa voce è una poesia.
Vi consiglio pertanto di non andare avanti,
fermatevi a mezza via,
alla felicità che costa fatica perchè in questa felicità,
che forse sanamente appartiene o
apparterrà ad un'altra dimensione,
non resta altro che morire ché, appunto,
neanche la morte è più un evento avverso.
*
Disegnando reti di baie marine
emergono morbide verdi colline;
ci sono decori labirintici:
di pietra calcarea viottoli.
Correndo sfrenata tra quei ricami
mi sento di volare coi gabbiani e
sempre più il mio occhio, intensamente brullo,
svelto planare in quel salato azzurro.
*
piuma di luna
blu landa di cristallo
brillano scogli
*
spighe rosate
di neon la croce accesa
chiuso ormai il discount
*
grigie striature
sempre il morto sorride
peonie e rugiada
*
Sciabordio... onde...
dilaga sangue, in cielo
giù; più giù, l'uomo.
*
TRITTICO D'AMORE IN HAIKU
S'inarca il busto Mi parli di te La mia coperta
sulla tua pupilla ove la tempesta che attendo di stelle il tuo corpo,entra
l'alba, si stende. ...sbattono porte... piano, la notte.
Per chi non riuscisse a visualizzarlo in orizzontale ecco il Trittico in verticale
S'inarca il busto
sulla tua pupilla ove
l'alba, si stende.
Mi parli di te
la tempesta che attendo
...sbattono porte...
La mia coperta
di stelle il tuo corpo, entra
piano, la notte.