Pubblicato il 06/03/2024 18:14:51
Or così fu; pe 'l bosco andavamo. Sottile ella era e tutta bionda; su la nuca infantile due ciocche avean que' caldi luccicori vermigli che han le vergini antiche di Tadema; tra i cigli 5lunghi li occhi avean l'iride verdognola, raggiante di fini àcini d'oro. Da l'alta erba odorante ella sorgeva eretta, come un vivente stelo. Noi andavam pe 'l bosco. Sopra un fondo di cielo aranciato i grandi alberi, dinanzi, ne 'l fogliame 10prendean tinte metalliche, toni intensi di rame; parean fusi ne 'l bronzo i tronchi, ma di sotto a le scorze, passando, sentivamo interrotto noi ascendere il brivido pugnante de le linfe e il romper de le gemme noi sentivamo. - O ninfe 15amadrïadi, occulte ne le estreme radici, non voi dunque cantaste su 'l passaggio li auspicî a l'amore? - Io guardavo Yella, muto: le acerbe risa di lei, tra 'l vasto fluttuare de l'erbe a 'l vento, sotto i dômi alti de la verdura, 20squillavano. Ed a 'l riso le si schiudea la pura chiostra de i denti, a 'l riso arco de la gengiva quasi ferinamente rosso le si scopriva. Io guardavo, fiutando voluttuosamente; poi che il corpo di lei esalava un ardente 25profumo, qual di frutto maturo; ed un'alena tepida palpitava ne 'l bosco; e in ogni vena a me correva l'aspro vin de la giovinezza... Oh freschissime risa tintinnanti a la brezza de 'l vespro, salutanti da 'l bel grembo selvaggio 30di un bosco il morituro sol di calendimaggio!
II
Noi andavamo. - Ah, senti, senti i merli fischiare - ella dissa, fermandosi. Da 'l ciel crepuscolare discendeva su i rami la nebbia violetta; lentamente. D'un tratto, dietro l'ultima vetta 35scomparve, in fondo a 'l lago de le nuvole, il sole. Allora fu una molle cascata di viole ne l'aria: un solco d'oro s'apriva basso; rotto il bagliore su i culmini indugiava; di sotto a i culmini illustrati, già ne l'assopimento 40grave i tronchi annegavano; ne lo scoloramento de la sera le cose perdevano le forme. Le viole cadevano; era una pioggia enorme. Tutto il bosco, un istante, parve a la mia vista una maravigliosa foresta di ametista 45che risplendeva; e Yella parve la maga. Eretta fra l'erba, ella sentiva la nebbia violetta avvolgerla; ed a l'ultima luce crepuscolare ella diede li addii, con un alto cantare.
Ella cantava stretta a 'l mio fianco. Una ciocca 50de' suoi capelli a tratti mi sfiorava la bocca; e allor come un profumo strano di cosa viva m'irritiva le nari avide, mi saliva pe 'l capo. Io le guardi la gola palpitante a 'l ritmo de le note, bianca bianca. Le piante 55curve a 'l passaggio udivano? Io le guardai la gola. Or vanivano d'in torno le nebbie di viola ne l'aria; una penombra dolce velava l'aria, e su da la foresta profonda e solitaria sorgevano le voci de le cose, li odori 60de le cose. Pareva, non so, come da i fiori, da le foglie, da l'erbe un sogno vegetale salisse e si spandesse, grande e soave; quale, non so, da le dormenti acque a l'alba un vapore, insensibile: un sogno di foresta in amore 65ch'io respirava. - O Yella - susurrai. Mi sentivo languire; ed il suo braccio seminudo, il suo vivo braccio di marmo, avvinto a 'l mio, m'insinuava come un vellicamento fievole. Ma cantava ella; ma ne 'l suo corpo di vergine non anche 70fluiva il dolce tossico de 'l disìo; ma le bianche virginità de 'l petto non avevano pure un anelito.
III
Tacque; poi che su le pianure a l'orizzonte il disco de 'l plenilunio sorse, improvviso. Pe 'l bosco addormentato corse 75allora un lungo brivido. Il benigno rossore lentamente vinceva la notte; da 'l pallore de 'l cielo di disco enorme brillò, come un divino scudo, classicamente. - O Vergilio latino, o tu che da la curva lira d'avorio i canti 80sacri derivi, m'odi! Se mai le riluttanti ciglia a notte domai su 'l tuo poema e i dolci sonni immolai su l'ara, mite Vergilio, molci or le mie corde e l'ali concedimi a 'l linguaggio, dà gl'inni a 'l plenilunio reo di calendimaggio! -
IV
85Quando il grande letargo de 'l bosco ne i chiarori lunari si sommerse, crescevano li odori su da 'l bosco profondo in marea fresca; e il vento carico de li odori per quel biancheggiamento mettea soffi, recando come lunghi bramiti 90di cervi in lontananza. Or le cerve da i miti occhi umani ascoltavano ebre di desiderio que' richiami d'amore, trepide ne 'l misterio de l'ombre vigilando se non già tra 'l fogliame d'in torno luccicassero li occhi ardenti di rame 95d'un amante. Passava il vento: i secolari tronchi di quercia ergevano a li incanti lunari le membra, come atleti che chiedessero abbracci, ansando ed anelando, non più paghi de i lacci de l'edera. Parevano rettili alti in agguato 100certi alberi; mettevano su 'l candore perlato de la luna, certi alberi, come una efflorescenza rigida di dïaspro; e ne la evanescenza de la luna era come una selva lontana di cupole e di aguglie, era come una strana 105città che si perdeva in fughe di viventi colonne, pe 'l vapore. Ma li odori crescenti attossicavan l'aria; ma da quel gran letargo vegetale esalava un respirare, un largo respirare di belva; ma come voci rotte 110di piacere animavano il bosco, ne la notte.
V
Noi ci fermammo. A noi sovra il capo il fulgore piovea placido e fresco; ne le carni un languore novo metteane, quasi penetrasse la cute ammollendo le vene. Ora un disìo di acute 115voluttà mi pungeva, innanzi a quella bianca vergine inconsapevole. - Io sono tanto stanca - ella disse, piegando ne la persona... Oh come si scoperse la gola tra l'onda de le chiome e le iridi si persero, fiori ne 'l latte, in fondo 120a 'l cerchio de le pàlpebre! Oh come il sen rotondo sgorgò fuor de la tunica! Io mi sentii su li occhi scendere un denso velo; e la caddi a' ginocchi e con avide mani su pe 'l suo torso ascesi e tremar come un'arpa viva il suo torso intesi. 125Atterrita a que' subiti vibramenti d'ignote fibre, ella con aneliti, gemiti, con immote le pupille e la bocca dilatata, prendeva su me. Ne le sue giovini carni il peccato d'Eva squillava a gran martello, come sopra sonore 130làmine di metallo: È l'ora de l'amore!
Così, vinta, si stese. Un irrigidimento di piacere le prese il corpo; semispento l'occhio le naufragava ne l'onda de 'l piacere. Chino a lei su la bocca, io tutto, come a bere 135da un calice, fremendo di conquista, sentivo le punte de 'l suo petto dirizzarsi, a 'l lascivo tentar de le mie dita, quali carnosi fiori... O bei fiori vermigli, che avevate sapori di mandorla, di latte, freschi sapori umani, 140o bei teneri fiori, io mi sento su i vani versi, a 'l ricordo, ancora impallidir la faccia, ed ancora le reni, come allora, mi ghiaccia un brivido!
VI
Su i vani versi per voi fatico io stanotte, Madonna, a fermar questo antico 145ricordo. E da 'l mio sangue rigermoglia l'amore furtivamente. Yella, in fondo a 'l vostro cuore, più non canta, o Madonna, come un dì, pe 'l selvaggio bosco, ne 'l plenilunio reo di calendimaggio?
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