I tuoi occhi sono piccole candele,
nel luogo separato dove vivi,
una luce che illumina l’inverno,
riposta fra le mani, come dono,
prima di partire con l’estate.
Ed ora io ti ascolto nel silenzio
che prepari ad ogni sera per parlarmi,
tra la siepe e l'albero del noce
dove vado a raccogliere i miei panni.
In quel vuoto della pelle siamo il vento,
che non svela la distanza che ci unisce
quando sorge in un indugio, e si fa accenno,
poi scompare, con un soffio sopra i coppi,
dove volano le drupe con un suono
ruzzolando dentro il cesto tra i lenzuoli.
Aprendo il ponte breve di un respiro
è la tua voce che ricanta fino al timo
in un rito ogni volta che si muta
con un palpito leggero,
come in sogno.
E tanto avviene, interamente, e altrove,
tra luoghi santi o foreste di betulle-
lo stesso uomo questo fiume e la sua sposa
dal principio, poi cedono sfociando
nel delta che scompare quando nasce
nell’aperto più profondo e nostro mare
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