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Libertà di pietra

di Paolo Pozzi
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Pubblicato il 22/01/2018 13:54:38

(Testo ispirato dall’opera Le chateau des Pyrénées - Magritte)

 

 

 

 

Judite era impassibile.

L’unico amico in grado di accarezzarla era il vento. Ogni tanto, una carezza più decisa, permetteva ai suoi capelli di giocare con l’aria. Solo in quel momento gli occhi sembravano sorridere, ma l’immobilità del suo corpo era severa. Il sole allungava i suoi raggi tra le imperfezioni del cielo, riuscendo a scaldarla nel suo fugace abbraccio. Le voci delle nuvole si imponevano nel silenzio del loro passaggio, grandi mucchi bianchi disegnavano confini nell’infinito spazio blu. I profumi trasportati dalle carezze raccontavano storie diverse. Terre lontane si presentavano a ogni respiro, riempiendo i polmoni di curiosità e fantasia. Lo sguardo era fisso verso l’orizzonte, in attesa di scoprire tutti i colori che il cielo aveva imparato a essere.

Il tempo trascorreva in compagnia dei suoi pensieri. Ogni battito del suo cuore era il motore per proseguire in quei profondi viaggi. Le ore passavano tra loro il testimone della sua fantasia, sedendosi al suo fianco una volta trascorse per continuare ad ascoltarla. Le sue parole erano le sue emozioni, che comunicava solamente attraverso il colore della sua pelle.

 

Judite era bella.

La sua giovane età manteneva la freschezza della sua anima. Il fiore della sua vita era appena sbocciato, liberando nel giardino della vita il suo dolce profumo. L’azzurro dei suoi occhi sorrideva al sole. Il chiarore della sua pelle si emozionava del suo calore mostrandosi timidamente arrossata, protetta in gran parte dal delicato vestito rosa. Il colore chiaro dei suoi capelli giocava con le ombre ad ogni passaggio delle silenziose amiche nel cielo, risplendendo ad ogni raggio di sole. La sedia limitava ai suoi confini i suoi. Le permetteva di stare ben dritta, mettendo in risalto il soffice corpo sotto la seta del lungo vestito. Non indossava altro che quel leggero vestito, sicura nel desiderio di freschezza sul suo corpo.

 

Judite era libera.

Non avrebbe mai permesso alla sua granitica quiete di opprimere il suo fluido spirito. Era nata padrona di sé stessa, non costretta all’immobilità. Il suo corpo era chiuso in una torre impenetrabile, ma ogni finestra era un fantasia verso il mondo.

 

Judite era il mare, libero in un castello di pietra.


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