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UNA BUSTA PER BABBO NATALE di Adriana Romanò

di Adriana Romanò
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Pubblicato il 20/01/2018 11:30:29

«Incredibile che tu lo faccia ogni anno.»
«E' una tradizione, Marina. Piuttosto è incredibile che ogni anno tu mi faccia la stessa identica osservazione. Non hai mai avuto tradizioni, a casa tua?»
«Certo, ma questa non puoi definirla tale» ridacchiò lei, arruffandogli teneramente i capelli castani. 
Riccardo infilò la letterina nella busta e la sigillò con una leccata. 
«Ventotto anni e ancora a scrivere a Babbo Natale» commentò lei, gli occhi al cielo e uno sguardo divertito. Si domandava a quale indirizzo l'avrebbe spedita. Polo Nord? Groenlandia? Eppure doveva ammettere che quel residuo fanciullesco era adorabile in un uomo come lui. 
Sprimacciò il grosso cuscino rosso e si accoccolò sul divano. Il loro collie nano emise un sonoro sbadiglio e tolse il muso dalla sua gamba, preferendole il cuscino. Marina lo accarezzò teneramente e contemplò il fuoco ardere nel caminetto della loro casa di montagna. Riccardo le porse una tazza di cioccolata fumante e tutto le sembrò perfetto. Si lasciò scappare un sospiro trasognato. Poi gettò nuovamente un'occhiata alla busta. 
«Ti conosco da sei anni, Ricky, e credo di sapere praticamente tutto di te... eppure le origini di questa tua tradizione mi sfuggono. Non me ne hai mai parlato, vero?»
«Tu mi hai per caso chiesto di farlo?»
«Touchè. Su, racconta.» 
«Come tutti i bambini ero solito scrivere la classica letterina a Babbo Natale. La consegnavo a mio padre la mattina della vigilia in modo che lui la recapitasse a chi di competenza. Il giorno dopo ad aspettarmi sotto l'albero c'erano esattamente i doni che avevo chiesto. La cosa andò avanti così sino al Natale dei miei otto anni.»
Marina notò un velo di malinconia negli occhi di lui e lo invitò a proseguire. Riccardo si concesse una lunga sorsata di cioccolata, dopodiché riprese la narrazione. 
«Era l'anno in cui mio padre si ammalò. Faceva dentro e fuori dall'ospedale ormai da mesi e indossava una parrucca per via della chemio. Io ero troppo piccolo per capire bene cosa stesse succedendo, ma comprendevo che era in agguato qualcosa di brutto. Mia sorella maggiore piangeva quasi ogni giorno e la mamma non stava certo meglio. Nessuno badava molto a me, in quel periodo, ed era più che comprensibile. La mattina della vigilia scrissi la mia abituale letterina a Babbo Natale e la sigillai come mio solito.»
Una lacrima silenziosa rotolò sulla guancia di Riccardo, atterrando sul maglione bianco.
«Non sei obbligato a continuare se ti fa soffrire...»
Lui scosse la testa. 
«E' ora che ne parli con qualcuno, Marina. E tu sei l'amore della mia vita, quindi che occasione migliore di questa vigilia?» 
Lei non disse più nulla. Il collie sollevò il capo dal suo cuscino e si rivolse con sguardo preoccupato al padrone. Marina e Riccardo si lasciarono scappare un sorriso. 
«Come dicevo, uscii dalla mia stanza brandendo la mia busta e cercai papà. Guardava la televisione in soggiorno insieme a mamma. Erano in silenzio e si tenevano per mano. Temevo quasi di disturbare la religiosità di quel momento, ma il mio essere bambino era più forte. Volevo a tutti i costi che Babbo Natale ricevesse la mia lettera. Così gliela consegnai e ricordo che la prese fra le mani con le lacrime agli occhi. ''Non so se quest'anno Babbo Natale riuscirò ad accontentarti'' mi disse con voce tremula. La malattia lo aveva reso molto debole in quel periodo e usciva raramente di casa, se non per recarsi in ospedale o in chiesa la domenica. Io lo guardai con solennità e gli dissi che se Babbo Natale mi avesse esaudito quel desiderio non gli avrei mai più chiesto nulla. Lui replicò che invece dovevo continuare a scrivergli, ogni singolo anno. Perché desiderare è ciò che ci rende vivi.»
«E hai ricevuto ciò che volevi, quell'anno?»
Riccardo si asciugò gli occhi con la manica del maglione e scosse il capo.
«Nella lettera chiedevo che mio padre guarisse. Mi chiedo che cosa abbia provato nel leggerla. E il bello era che pensavo di essere esaudito anche quella volta, invece lui ci lasciò un mese più tardi. Spirò nel suo letto, circondato dai propri cari. Quel Natale non ricevetti alcun regalo, ma qualcosa di infinitamente più caro. Aspetta qui.»
Riccardo si avviò in camera da letto e tornò poco dopo, stringendo tra le mani una vecchia e logora lettera, che porse a Marina. 
«Posso leggerla?»
Lui annuì, sistemandosi tra lei e Cometa, il loro bel collie grigio. 
«Mi è stata consegnata da mia madre il giorno successivo alla morte di lui, anche se porta la data del giorno di Natale.»
Marina lesse la lettera.


25/12/1996

Caro Riccardo,
ho ricevuto la tua lettera e ho pensato di risponderti. A scrivere queste righe non è Babbo Natale, ma il tuo papà. Sei un bambino grande, ormai, ed è arrivato il momento di dirti che la figura con la barba bianca e il vestito rosso non è che un simbolo dell'amore che i tuoi genitori nutrono per te. Quest'anno mi hai fatto una richiesta che, a differenza degli anni passati, non mi è possibile esaudire. Dirti che sarei guarito sarebbe stata una bugia e non mi sono sentito di farlo. A breve sarai tu l'ometto di casa e voglio che tu sia forte. Devi essere forte e coraggioso, bambino mio, perché ti aspettano giorni molto tristi, ma in fondo ad essi ci sarà la luce e verrà il tempo in cui sarai tu a raccogliere le letterine per Babbo Natale dalla mano di tuo figlio. Il bello della vita è che continua, qualunque cosa succeda. E' per questo che so che la mia fine non sarà la tua, né quella di tua madre e tua sorella. Il senso di queste parole ti saranno più chiare man mano che crescerai, rileggendo ogni anno in questo giorno le mie parole. Parla di me a tua moglie, quando sarai sposato, e condividi con lei queste poche righe. Ora ti devo lasciare, piccolo mio, perché ho fatica a tenere in mano la penna, come vedrai tu stesso da questa scrittura tremolante. Ti chiedo di scrivermi ogni anno una lettera, raccontandomi della tua vita, delle tue gioie e dei tuoi desideri. 
Io leggerò ogni parola e ne farò tesoro. Buona vita, ometto. Papà.

Marina non riuscì a trattenersi dal piangere e Riccardo la strinse a sé.
«Vita mia» le bisbigliò all'orecchio. Cometa gli leccò la mano e lui cinse in un abbraccio anche il cane. 
«Ogni anno porto una nuova lettera al cimitero. C'è un bauletto sopra la sua tomba contenente tutte le mie diciannove lettere. E' lì che andrà quella che ho appena terminato di scrivere.»
«Posso chiederti che cosa hai desiderato quest'anno?»
Riccardo appoggiò una mano sul ventre della moglie. 
«Ho desiderato che nostro figlio gli assomigli almeno un po' e ho deciso di dargli il suo nome, se sei d'accordo.»
Marina lo baciò con dolcezza e sorrise.
«Sergio è perfetto.»


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