Il poeta e il marinaio
A paragone del poeta
può esistere solo il marinaio
che si imbarca ( e il verbo calza )
con sulle spalle la sacca colma di incertezze.
Se anche la rotta è chiara
se anche il sole lo bacia scalando la passerella
se il vascello è robusto e mai ha conosciuto
l’onta del naufragio,
nella distesa d’acqua sconfinata
in continuo mutamento
potrà mai aver la certezza dell’approdo?
Sulla mappa svolta è nitido il tragitto,
puntando la prua alla precisa coordinata,
ma non può prevedere la rabbia della tempesta
l’ingrossarsi delle onde, fino, da soverchiante brutalità,
impossessarsi tirannicamente della tolda impotente.
Come può l’incertezza del cavallone prevedere risalita,
ogni sollecita discesa nell’abisso! Un dubbio;
“ resisterà lo scafo o si spezzerà nel punto del cuore?”
Il marinaio getta nella lotta tutta l’esperienza;
poca cosa nell’immane stordimento.
Soprattutto prega Dio, oltre il prossimo cavallone
ritrovarsi nell’acqua cheta.
È tardi, troppe gocce frantumate
il ritorno è alle spalle, continuare è l’unica via.
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