L' oscenità con cui mostra le sue ossa la mia storia
è uno scheletro nell'armadio
che pratica la danza della pioggia sui tizzoni ardenti
e col cuore in fiamme, a patto che il soffitto
non sia un cielo stellato, d' attraversare
tutto d' un fiato, ad ali spiegate
ma la conseguenza di una propria opinione non proprio affidabile
sintassi di una regola astrale di proporzioni più grandi
e più distante, tanto da sottovalutare la questione
ad un peccato veniale, di cornice allo specchio
desunto lo spazio come discrimine ad inerzia del tavolo
prese due sedie, firmato il contratto:
nessun animale verrà sezionato in cerca dell'anima
pena la fame, perenne di fama.
La risata che accompagna il buon vino
sia sempre un inzio di frase accettata con stile.
Nonostante la voce roca negli assoli di circostanza
siamo sempre usignoli in gabbia in cerca di una tana
a forma di vita (si rincorrono i sussidi).
Poi lascio che si sciolgano le briglie al mio condominio di modi dire
e attraverso l'inguine delle sue labbra per legarle i seni
alle mie mani da forno a batteria.
La piccola fiamma conquista la sua porzione
nel grembiule della mia scrivania
il fumo aspirato bene si dissipa prima
il contagio dell'aria ha così il suo vizio di forma.
Continuo a vivere nel modo che mi tocca
senza cercare punti di svolta
fa caldo nella stanza
che interessi a qualcuno
è un fatto da escludere a priori
per continuare a scrivere in santa pace.
E la memoria che mi aiuta a dimenticare certe figure di merda
è solo una terapia che assumo come un'altra
credendo poco nell' efficacia del mezzo
nella sostanza complessa che doni a noi la falce.
La perizia di poter essere noi stessi, a scanso di colpi di grazia
i reduci della guerra che vogliono farci combattere
può essere l'unico modo di conservare memoria dei fatti.
Oppure distratti.
Da un punto e a capo, luogotenente del caso.
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