Chioggia
bastimento di vele e tese brame
nel mar delle arie lontane,
nel libero reame delle acque.
Chioggia
tartane, bragozzi, ostregheri,
bragagne, burchielli, paranze
e, sulle alberature, pennelli.
Chioggia
pescaori, canevini e sabbionanti
consacarieghe e calegheri
spassacamin e pipari,
cavallanti, marangoni e ortolani:
a voi tutti una cetra celeste
e un lembo di terra nel brolo
alberato della memoria sia.
Chioggia
orazioni e dipinti devoti,
burrasche, naufragi e morti in mare,
madonne savie e cristi in croce,
santi e anime purganti.
A voi sia ordito un velo di nostalgia
di lettere primaverili in fiore
dal sapore di malia.
Chioggia
di frittura mista e polenta,
di brodetto di pesce
nel pozzo del dialetto senza fondo:
parola sul carbone ardente.
Chioggia
specchiera di acque in albe e tramonti
serviti a forestieri di passo:
ansiosi storni in volo.
Chioggia
di rammendatrici di reti e vele,
di venderigole, di merlettaie,
di conversari sui poggioli,
sui bianchi davanzali.
Chioggia
di nudi pescatori un tempo,
ora alacri aratori
del ventre dei fondali.
Chioggia
estro ed esaltazione
nella tela a pastello
di Rosalba Carriera
artista dal segno che svela.
Chioggia
pittura delle brume:
risucchi e spossate pennellate,
rossi camini e pietre sbriciolate.
Chioggia
alla maniera d’una volta.
Chioggia non si rispecchia
nella trama di una vela vecchia.
Chioggia
laguna, fondamenta, canale.
Isola che non si sorregge.
Non abbraccia. Non apre.
Isola che a braccia conserte
e a bassa voce si compiange.
(La scelta di usare nel testo molti termini dialettali - denominazione di vari tipi di imbarcazioni non più in uso, denominazioni di mestieri oggi scomparsi - è un omaggio alla storia di questa antica città la cui lingua - pur nell'inevitabile mutamento - è ancora per molti versi la lingua di Goldoni.)
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