Pubblicato il 10/04/2008
Cavalcavamo per i Campos Gerais, sotto una luna che culla le illusioni. Tu, occhi screziati d'ambra intrisa d'oro e due domande che non osi fare, io, convinto di poter fermare il tempo con il candore che si stringe ai fianchi. Io e te, sotto le acacie immobili da sempre persi nel tutto di un respiro solo, fragile e puro come cristallo. E tutta intorno la landa sterminata, terra di sogni addormentati, che invoca in ogni tempo il piangere del cielo. Tu ed io, a raccontarci storie fatte d'aria, fuori dalla realtà che è un'altra cosa e ci sorprende senza discolparsi. E poi io solo e tu al di là del Sao Francisco, là dove non posso e il tormentarsi adesso a nulla serve. Il cuore di Jagunço che sussulta cedendo inerme ad un dolore nuovo. E finalmente nel Sertao, cade la pioggia.
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