Le calze a rete, sarà stato per Madonna o per Cindy Lauper,
negli anni ottanta andavano di moda. Le donne di tutte le età
in molte occasioni le indossavano; occasioni per cui, oggi, sarebbero fuori luogo: al lavoro o a scuola o per feste di compleanno pomeridiane, o anche matrimoni e cerimonie varie.
Noi, ragazzine delle medie, le mettevamo anche sotto i fusò corti e attillati per fare ginnastica a scuola, ma pure quelle velate o velatissime.
I maschi che svolgevano il loro allenamento al lato Nord della palestra, avevano gli occhi sempre fissi su di noi, commentavano con bisbiglio, e si ritrovavano sconclusionati e disorganizzati in ogni movimento o proposta di gioco.
Durante i giri di corsa di riscaldamento iniziale o defaticamento finale volavano bigliettini con dichiarazioni e proposte.
A fine ora qualcuno s’intrufolava nello spogliatoio femminile.
Erano i tempi delle donne con frangetta e orecchini a cerchio, uomini con capelli a spazzola e walkman a cassetta...
La t-shirt a girocollo bianca della Fruit, alla Nick Kamen, i Levis accorciati sopra le caviglie, da acqua in casa, le Timberland, d’inverno gli anfibi della Dr. Marteens, le felpe delle Best Company, il Bomber, verde per lo più, o il Monclear nero,
quel biglietto scritto a matita cancellato dalle lacrime che cadde per terra e che non raccogliemmo; per guardarci negli occhi;
in mezzo alle luci del Luna Park; la musica pompata dalle casse da disco intorno alla pista delle macchine a scontro;
la tua mano che si alza per accarezzarmi la guancia;
la mia lacrima ed io, in partenza.
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