Fidandosi del buio dietro gli occhi
si trovano bagliori come stelle
quando la tua voce riempie il vuoto
scavato per i fianchi nel palato
un tutto che si tiene
tra la fronte
e il gran silenzio del tuo sguardo
sulla sera – E’ il nostro mondo,
di toccarci con le ali, poi raccolte,
sopra il tavolo in castagno,
verso un lembo raro del giardino,
fino al mare aperto. Una mansione,
il prolungamento della casa,
lungo il sentiero dei lecci secolari,
fin giù alla distesa delle viti.
Dove inizio a camminare-
coi fiori più selvatici, e l’agave
che ti offro sulle labbra-
è il mio posto, sui camini delle fate,
che taglia tutti i nodi delle mani,
e basta poco,
per andare al faro ,alle tempeste
coi resti delle mareggiate
se nell’ambra fai bollire le tue reti,
tra il fogliame del miobosco c’è l’odore
di albicocche solo tue..allora salgo
salgo sopra il noce. Per toccarti
ho legato con i rami un filo al piede
annodato all’altro capo con l’azzurro,
un principio che ogni sera quasi muore,
poi risale con il giorno a copricapo,
spruzzando sulla terra la tua voce,
con i semi che può spargere una baia,
arrivo dentro il fiordo che più amo
e le vene sono un fiume di portata.
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