E come li verdi colori che m’attraversano,
Come le acque che a gl’occhi s’avvicinano,
O le rocce che ai lati del pesce mai si privano,
Le rondini impavide conversano.
E che dir dell’alce che al cor‘sì insidia?
O de lo riverir del vento che gioisce?
Ma io che dico, se da voi ho sol invidia
Se non che lo cacciator qui mai colpisce?
Oh voi che guardate le tormente che imperversano,
Acque infami ed arbusti che mai s’incrinano,
Ditemi oh nuvole che di piogge mai compensano
Dove lifievoli boccioli il polline s’imprimono?
Deh! Guardate! Li Monti che scultura par di Fidia,
O l’orizzonte d’aquile reali volar senza pensare,
Questa è natura la qual ninfa di Medea fu Idia,
Che de la conoscenza divina si lasciò posare.
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Raffaele Vicenzi, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.