Mormorio di ruscelli, lieve palpitare di fronde e bisbigli misteriosi, rompono, dolcemente, il cupo silenzio della notte, illuminato dal tenue chiarore della luna.
Passa il viandante, stanco, e il fuoco tremolante della lucerna, che oscilla in armonia con il suo passo cadenzato, rischiara la via incerta e malsicura.
Il pensiero corre ancora al suo lavoro, da poco lasciato, là, in quella oscura miniera, dove il rintronare continuo di colpi rochi e profondi, hanno accompagnato, fino all'ultimo, la sua dura fatica di minatore.
Ora, sta per ritornare alla sua casa, dopo un'altra giornata trascorsa lontano dal caro nido domestico, al cui interno, cinque bocche ridenti hanno atteso invano il suo ritorno, prima di sera.
Procedendo lentamente, nella notte buia, egli s'avvicina sempre più alla massa scura della vecchia casa, che si erge, lassù sulla montagna, quasi fosse una folle chimera irraggiungibile.
La mano, nera e callosa, del vecchio minatore stringe con più forza la piccola lucerna di vetro che, oscillando lentamente nel vuoto, spande il suo chiarore, lungo tutto il cammino, e riverbera nello spirito una vivida luce di speranza.
Altrove, alla luce di una lucerna, attenuata da un roseo velo, una pallida figura di donna è china sul lavoro. L'ago, stretto tra le dita, bianche e delicate, passa e ripassa alacremente sulla tela, senza mai fermarsi.
Accanto a lei un bimbo dorme. Nella culla, avvolta da morbide coperte, quel piccolo essere sogna gli angeli del cielo che, in schiera fulgente, per lui canteranno una dolce ninna nanna, raccolta, come una preghiera.
Nel dolce sonno, le labbra del piccolo pulsano lievemente e si schiudono in un vago e sommesso gemito. La mamma depone il lavoro e bacia le rosee gote della sua creatura che, al solo contatto del volto materno, soave s'acquieta, tranquillo.
Di nuovo al lavoro, senza tregua, la giovane donna non teme la stanchezza e, al pensiero della sua missione di sposa e madre, risolleva il capo stanco, abbandonato, per un momento, fra le mani e riprende il lavoro.
La dolce intimità che regna in quella stanza è profonda, le svelte mani della giovane donna cuciono abili e veloci e la lampada diffonde tra quelle pareti una luce calda e riposante.
Poco distante, sulla tremula distesa del mare, lento naviga il veliero. Il fianco, martellato dal frangersi dell'onda azzurrina, gronda di spuma e, sotto i raggi della luna, prende riflessi d'argento.
Il calmo dondolare del naviglio, culla il sonno dei marinai, raccolti sotto coperta, mentre una triste canzone, sale con aria sommessa, diffondendosi tutto attorno.
Chi canta tra tanto silenzio? Il comandante stringe fra le mani la dura asta del timone, vegliando su tutti, attento e con fare esperto. Egli vuole nascondere, in quel canto, il tormento del suo cuore affranto, cercando di dimenticare il dolore e l'ansia che l'opprimono: forse, desidererebbe inabissarsi in quella immensa distesa d'acqua, per non soffrire più, per cadere finalmente nell'oblio.
Sull'albero maestro oscilla, lenta, la lucerna, sospinta dalla brezza marina. Al suo debole chiarore, altre, lontanissime, se ne aggiungono: sono le stelle, e, in mezzo ad esse, una tondeggiante luna che accompagna il peregrinare notturno.
Gli astri sono sempre fedeli e, ad essi, tutti indirizzano il proprio nostalgico canto. La terra ed il mare accompagnano lentamente, con la loro sinfonia, quella nenia dolorosa, dolce e calda consonanza di una notte lunare, rischiarata dalla piccola lucerna.
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