Regalo
Che grande regalo
m’hai fatto quest’oggi
Palermo!
Le lastre di grigio
selciato
scavato dai passi
di mille bambini
di madri abbronzate
dal sole africano
di facce olivastre
e turbanti di lino
di occhi bistrati
di donne col velo
mettevano in ombra
il grande sfacelo
dei marmi e dei tufi
di Ballarò.
Il concento di voci bizzarre
s’alzava di tono
al mio passo veloce
e non una voce stonava.
Nel grande mercato
in mezzo alle lingue diverse
dai suoni stranieri
discorsi fluivano interi
nei loro messaggi di vita.
Lo zenzero si mescolava
allo zafferano
e il pepe africano
inondava
di effluvi la via.
E intanto più avanti
odorosa s’offriva
una bianca pomelia
dai fiori striati di giallo,
e una rosa tardiva
intrecciava i colori
ai canti dei venditori
modulati nell’aria bollente
del sole crudele agostano.
E la folla dei tuoi abitanti
intenti a comprare ogni cosa
fluiva scomposta ariosa
in mezzo alla luce.
D’incanto s’aperse
Il portone
di Casa Professa:
le note sonore di un organo
vecchio di anni e di storia
si aprivano a chiunque
volesse sentire,
gli altari di marmi intrecciati
diversi per forme e colori
si offrivano a tutti
per niente,
così come sempre
tu fai coi tuoi doni più belli
e inattesi:
li mostri al passante
distratto
e d’un tratto ti mostri
così come sei,
senza belletto.
Che grande regalo
m’hai fatto quest’oggi
Palermo
a non farmi pagare il biglietto!
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