Marinella, ricordo in te le garze
da questo ospedale a toni muscolari
fasci di luce piovono a vetrate
col chiaro esterno a indietreggiare il buio
qui, in questa cavità dove ho nascosto
me come a non essere mai nato
qui, dove non ho rispetto per il cieco.
Maledetta vita che non aspetta
il tempo che non metto a procreare
poco importano gli altari, ora costretto
qui con i miei sogni nella città dove sei nata
dove ti fai trovare ancora, come sempre
qui, dove non ti è mai mancato niente
dove sono sia occupante che padrone
di tetti facilmente edificati prima delle mura
delle spiagge piatte con una sola fila di orme
del fontanile dove passi ancora all'acqua
dove vengo a rinfrescare gola e viso
e ancora laverò i miei impegni.
Marinella, chissà cos'altro rifarò con un bastone
se la strada che mi commuove
o il dove prima o poi andrò a precipitare
a non essere sincero con me stesso
a valere appena lo sbadiglio della sera
che è stata morte mia tutta la vita
ora sempre più sonora a incidere la veglia
la voglia che ho di ritornare
a prima di sposarmi a ciò che sono
e sempre io, si, io per sempre
l'unico figlio ho mai voluto
e non mi vuole.
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