la visione in carta ha i quattro lati
classici da dove non è a fuoco il resto
nelle mani il gesto amplifica
la lena a rimedio, o un farmaco via orale
col fondo silenzioso di un bicchiere
così domani manca per istanti
socchiuso le persiane anch'esse aspireranno
rotaie ai treni incontro alle stazioni
nessuna sosta al gazebo, al cielo svolazzato a lembi
al pegno per il prato lì dove si spezza
e in ogni sera può annuire, dolcemente
all'elettrolisi dei baci e degli abbracci
ti ho lasciata a comportare questo bene
questo riposo in me letale a domandarti
e questa casa sgambata giù per la campagna
non ha più orari, e siede in tavola dove le pare
i letti affrancati per i sogni, le indagini concluse
le ricotte ai cesti, i moschini alle fermentazioni
i cani che non fuggono alle reti
scarpate e sassi quando vengono alle mani
lì al lago e salici per appostarsi a riordinare
la bocca sui talloni all’erba coi sapori ricordati
e sete ancora nelle membra
dall'orcio delle palpebre stremando l'immaginazione
poesia, tu ricordi ai miei averi un paese
la vita a tanti anni fino a ieri, il ceto delle piazze
i lubrificanti sorrisi ante rivoluzione
le mani a spicciole parole, e i muli
saliti carichi di uomini legnosi
gli stivali rincorrendo affronti al colle
da dove si vedeva chiaro chi fuggiva
da dove ancora è chiaro il giorno eterno
dovrei sgravare il peso della testa al collo
tornare ad aggiustare veglia e sonno
e non morire, morire mai, non prima o poi
per non prestarti ad ogni subdolo disegno
che come ieri ricalcando non spavento
così ridotta a prigionie in me edificate
io serramento delle sbarre immuni alle proteste
limiti dalle mezze lune candide alle dita
in quel dirsi t'amo tardi senza prole.
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