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Pubblicato il 05/03/2016 18:19:19
LIEVITA NELL’ARIA
Lievita nell'aria il primaverile pensiero , vola su un onda che giunge a riva ridente ,temente, elegante oltre questo porto orbo e bigotto ove siedono i vecchi con occhi asciutti ad ammirare la vita come è trascorsa in fretta , spinosa, selvatica vita, cambiata tutta d’un tratto , navi che ha portato via ogni illusione, ogni gesto sfuggito dalle mani di una signora in compagnia del suo cagnolino al guinzaglio , bianco come le nuvole, nero come l'inferno. Lugubri recessi spirituali ove s'urla contro un tiranno assetato di sangue innocente, contro un dio senza pace. Cadono dal cielo lacrime di cristallo ,s’infrangono per terra in mille cocci . Odoacre in guerra contro Roma ,nell’eco delle battaglie , le tue leggende impavide , richiami, migranti , eccelsi, scurrili nel verso che risorge nella vittoria. Seduto all' in piedi fermò davanti a questa giostra di cavallucci colorati tra i sorrisi dei fanciulli, io sono perduto in questo bel giardino, in questo ultimo saluto.
Andrò , piegato ancora pregando di ora in ora con l’oro in bocca , oltre i tanti dire ,oltre questo insano costume in bianco e nero . Traspare la mia voglia di vivere ,vengo , inerme, con tanti buoni propositi , con me solo , nel giorno, nella notte, attaccato a vecchie rime con le mie scarpe rotte, eretto su una croce , legato ad una terra bagnata di sangue plebeo , in una tempesta improvvisa , rinchiuso in una stanza infestata di spiriti malvagi che m’inseguono, mi vogliono, mi chiamano nell’ora del desio. Misantropo ,blasfemo in una filosofia dai denti macchiati di nicotina, con l'abito cattivo, con la morte chiusa tra la coscia ed il braccio ,tra la sinfisi pubica e la cresta Iliaca . Un passo e saremo ancora lì a raccontarci le nostre belle fiabe , i nostri ricordi, le nostre paure, ebbrezze, tenere emozioni , fragili sensazioni , ronzanti su vivide corolle di fiori di campo . Tutto è così vano , ogni ricordo scivola nel vago dire ,non c'è certezza senza una giusta guida in questo autobus zeppo d'immigrati, di musici ambulanti, di malati terminali, di feriti, di donnine allegre. Andrò oltre questa notte, tra le braccia di un tempo crudele , senza barba, senza cigli, senza questo amore che ha fatto nascere alberi, monti, città, oltre il fiume vedo la morte abbracciare monti e valli nella gioia dell'esistenza e non sò spiegarmi perché debbo ancora pagare questo tributo per un onore che non regala nessuna gloria .
Anche se mi guardo indietro, vedo solo una lunga scia di morti , scendere dalla cima del monte ,gente che và e ritorna , che dorme sulla candida neve , su una nota che muore nella speranza, verso dopo verso, in se stesso io cerco una giusta ragione una danza che impazza in mezzo ad una strada in questa piazza ove fiorisce l’albero della libertà , io chiuso in casa, dentro un ricordo. In giorni legato al male, dopo che ho creduto, ho rincorso il treno dei tanti diseredati dove seduta stava la bella dagli occhi verdi con il sorriso che sprigionava sensuali frasi d'amore. Vengo , seggo , insieme a te nel cuore di questa follE canzone , tanto folle da farmi girare lo sguardo verso un mondo che perduto giace in vecchie filosofie in enigmi ed incertezze, in rivoluzioni, in ricordi quando correndo felici io e te , io e questo mio delirio in questi versi che spingono il mio cuore ancora a sognare.
Io e tanti altri come me, in questa vita che ama , ammazza , impazza , s'appiccia, accompagna le creature' a scuola dentro una giornata di sole, con un pensiero fisso in faccia alla morte. Nisciuno ha creduto, nisciuno ha voluto perdonare, nisciuno e cresciuto , le porte sono state chiuse in faccia alla povera gente , lasciando i propri figli mezzo ai guai. Cammenanne fonne alla via ,fonne a stò core , quanti comme a me hanno perduto se stessi , un gioco crudele in una ragione che broglia e sbroglia ,s’annasconne , ciarlona, cuntento non cugnere non sisca faccia alla sciorta , ammartenate, sciancato , a chi coglie, coglie fino alla cantina di coglia, coglia.
Per te per i tanti che hanno creduto in questo primaverile mattino io poeta, migrante, io di passaggio , io ignaro di cosa voglia dire odiare . Ritorno indietro nei miei pensieri, forme astratte, similitudini, infermo sul letto giaccio ,fermo sul ciglio di un altra avventura in bilico sulle tue labbra rosse , io ,forse tra cent'anni ancora come oggi, una forma astratta che s’evolve in grandi imprese , fatto solo d’illusioni , di sangue, di versi , tendo le braccia verso di te che giaci su un letto di spine. Tendo la mano verso ognuno ,ordino la mente mentre continuo a cantare una dolce canzone per tutte le donne del mondo .
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