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La fine del Mondo

di Adielle
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Pubblicato il 26/02/2016 01:40:53

La controversa natura della tua anima

ha radici forti, folte chiome arricciate su prati d'erba a mantici

soffiati dal vento in direzione dei miei polmoni.

Non ti volessi respirare dovrei voltare la faccia

verso l' ombra del burrone

dove ristagna il gemito partorito da sua eco

senza il plauso paterno dei fianchi del monte

o in filigrana, l'apice sedotto del suo vertice confitto in pieno cielo.

Andando a valle, giù lungo i costoni del pensiero quando vortica

potrei immaginarti mia ospite a Civitella in una grigliata mesopotamica

semi di cocomero al fresco serafino.

Mi parleresti dei tuoi viaggi ponendo accenti

sulle immagini cui mi avvicino per temuto credito o mietuto auspicio.

E parleresti quelle lingue che non conosco

per darmi in pasto la tua e la mia.

E' così facile farmi una ragione del perchè ciò non accada

che trovo comunque il tempo di scrivere bugie.

Però dimmi, non sarebbe bello, così d'amicizia un sollievo

sollevato il cuore dai suoi assilli di guardiano?

Tenendo anche l'amore a freno, tenendolo al guinsaglio

abbastanza corto perchè non scappi lontano

lo spazio necessario a farsi un giro

senza per forza doversi guardare intorno con aria implorante

aperta l' aria, parentesi di contorno ad un suffragio universale, shhh!

conosciuto.

Gli occhi, Madonna mia, sono la fine del Mondo.

Perchè il Mondo finisce nei nostri occhi ma un po' si specchia

prima di caderci dentro.

Ti credo turbata come me, toccata dal fuoco o dall'aria

se semina tempeste dove volano gli aquiloni.

Il telaio a misura della mia imperfetta balistica.

Ecco perchè ti riservo la massima cura, distanziali di fabbrica.

Per l'odioso ingrato compito di perseverare in una condotta 

che darà i suoi frutti tra centinaia di anni

quando ci saremo scordati i nostri nomi

pur di conservare il profumo di certi fiori di campagna

che nascono tra le spighe di grano

a mezzogiorno senza estate, inoltrata a mano la via maestra

per stagioni di plastica, una pronta consegna del già tutto e subito

fu distratta conseguenza di un amore mai vissuto

se non nei recessi dell'anima

a perdersi nel buio di qualche giorno grigio, fuori condotta

a portata di bocca, in carestia.

Dammi tutto quello che hai, potremmo fare cose simpatiche

guadagnarci lo spazio da vivere nella routine quotidiana del Cosmo

dove appendere i nostri abiti al chiodo e fissare le nuvole

pur di andare via, oltre i confini delle ossa.

Perdendo il lume della ragione

come fosse una fiaccola da incendiarci tutto.

Abbracciami, stringiti a me

fammi sentire i seni nel cappotto, il cuore sotto, l'anima intorno.

Dimmi che non mi lascerai mai, che farai di me quello che voglio

che ci terremo per mano, attraversando il Bardo.

Che il passaggio di stato ci veda complici in un efferato delitto

ai danni dell'Inferno almeno sabato o sabba il prossimo finesettimana.

Al massimo il capo chino, cosparso di cenere o versato sul vassoio

dei nostri debiti quotidiani.

Verificando di soppiatto se un bacio sia atto di fede.

Fermo restando l'inclito battito del colpo a ferire.

Sgusceremo altri sogni sul litorale basso del nostro tramonto.

Sorridendo all'avvenire come si promette qualcosa

a chi sai di non tornare.

Non nasce niente e ogni tanto vive qualcosa

ma se parli alla rosa delle sue spine

ti pungerà d'essere bella prima che tu al primo sguardo la colga.

Giusto il tempo all'uomo di morire o di farsene una ragione

o la malinconica vaghezza di un lontano senso di colpa.


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