Come un tamburo djambè
reagisco agli accadimenti a volte improvvisi,
altre lenti, della vita,
il suono può essere sordo
oppure è caldo,
tonante o vibrante,
rimbomba e poi schizza via rapido e asciutto.
A volte tesa,
altre morbida sono.
Da me tutto è a tornare.
Ho bisogno però di quell'aborigeno,
che mi nutra,
con alchemici balsami,
a volte, senza pretendere
alcun suono di rimando,
è per questo che mi lascio trasportare,
alla tenda del deserto
e sento che a permearmi è
la sua intenzione,
i movimenti circolatori rispondono
alle mie non udibili vibrazioni,
sottili,
Sono le mie le sue mani?
Alla vita rinnovata torno,
senza calcoli
e respiro a cantare
amen horam.
Attraversano me,
strumenti innumerevoli
d'un diverso ritmo,
in un'unica voce.
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