Pubblicato il 01/03/2025 06:44:59
Figli di Caino ... gli aguzzini e gli usurai,
Non c’è bisogno di scomodare Cesare Lombroso per riconoscere i volti degli ‘aguzzini’ e quelli degli ‘usurai’ che si muovono sulla scena di questo nostro secolo maledetto dalle circostanze che quegli stessi hanno creato, basta guardarli in faccia malgrado in molti, non i più, si atteggiano a mistificare i lineamenti che li distinguono. Hanno gli occhi ravvicinati segno della loro cupidigia, oppure dilatati a dismisura che si perdono nel vuoto della loro stupidità. Insomma, ce l’hanno scritto in faccia, negli sguardi torvi che non riescono a nascondere, così come nelle loro voci a volte stridule a volte grevi che riflettono della rabbia sconsiderata che si portano dentro, e solo perché non essendo mai stati nessuno, “miserabili nella miseria”, tendono a una rivalsa astiosa. Forse è vero che si nasce ‘maledetti’ perché spuri, colpiti dalla ‘sindrome di Caino’ rinnegato dal Padre, che dopo aver diviso ingiustamente i ‘beni della terra’, è colpito dal disturbo mentale che lo portò a provare una sorta di profonda gelosia e odio nei confronti del proprio fratello uccidendolo, così come oggi si continua a uccidere l’altro, il rivale per eccellenza per impossessarsi di ogni cosa gli appartenga. Anzi lo ricatta in modo vergognoso, richiedendo indietro quanto falsamente magnanimo aveva donato per la sua sopravvivenza e per sanare l’ingiustizia che lo vedeva subire dall’aguzzino che gli teneva la mano sopra la testa e lo sfruttava. Il riferimento al Lombroso non è puramente casuale, onde riconoscere chi nel nostro paese si spaccia per coloro che non sono: ‘donna, madre, sorella’ e perché non amante? E che dire di quei ‘difensori della patria’, che dovrebbero poter dire qualcosa di più, visto che ‘spergiuri’ hanno dichiarato sulla Costituzione e davanti a Dio di operare in funzione di molte cose cui questo popolo diseredato necessita. Potevano rifiutarsi di farlo? Sì! se continuano a barricarsi dietro il falso baluardo di aver ‘stravinto le elezioni’ pur di occupare le cariche che invero occupano facendo man bassa d’ogni cosa che appartiene a tutti: la libertà, la giustizia, la salute, il lavoro, la cultura, la pace, togliendo alla serena convivenza dei molti quanto con molti sacrifici, negli anni dal dopoguerra ad oggi, ha contribuito a dare a questo nostro paese, in primis la nostra grande Costituzione che nel bene e nel male ha assicurato quasi un secolo di benessere e di pace. Guardatevi bene dagli sguardi torvi di tutte queste persone che fingono di essere accomodanti ma che ‘sotto, sotto’ nascondono un un’anima nera ricolma di pregiudizi e di violenza repressa solo perché non hanno avuto altra realizzazione nella vita, se non quella di vedere intorno a sé solo nemici, perdendo così d’occhio quella che invece è la cooperazione a sostegno di una sopravvivenza necessaria; alla solidarietà in quanto assistenza; all’indulgenza verso tutto il genere antropico che riguarda tutti noi indistintamente e gli altri diversi da noi. Ecco una parola che forse abbiamo dimenticato: “umanità”, sinonimo di collettività, società, fratellanza, carità, tolleranza, ma anche sentimenti di benignità e di comprensione, principi che esprimono duplici inviti alla considerazione degli altri e all’azione, come quello di fare della propria vita un ‘investimento di benevolenza’, allontanando ogni negatività la cui ricaduta offende e umilia questo nostro mondo di pacificazione come qualcosa da dover distruggere, senza neppure sapere perché? Oggi ci siamo svegliati tutti un po’ più poveri in spirito di pace, per aver assistito a una volgare pantomima di guerrafondai a discapito di chi ha già subito la violenza inaudita dell’esproprio della propria terra, e che ha causato milioni di morti solo perché si è ribellata al sopruso ricattatorio da parte di quegli aguzzini e usurai la cui avidità senza scrupoli crede di arrivare a dominare il mondo, senza tuttavia avere le carte in regola per farlo, e che “l’eterno giudice” di certo saprà redimere. È detto “Chi vivrà vedrà”, ma forse è il caso di rivolgere l’appello a “chi sopravviverà?”
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