Pubblicato il 18/02/2025 10:42:28
Lupen the Cat, …Il mio stupendo super gatto nero - ladro.
“Miiaaoo -George! Buongiorno …” Cosa succede? – mi chiedo spaventato venendo fuori da un brutto sogno, quando aperti gli occhi me lo ritrovo accomodato sul mio petto con gli occhi sgranati da far paura finanche a Edgar Allan Poe. Allorché, pronto a darmi a gambe levate, con scatto improvviso, provo ad alzarmi, ma neppure riesco a sollevare le coperte cui Lupen si tiene aggrappato con le unghie per non volare via insieme ad esse. Un minuto dopo, guardando la sveglia, realizzo che non voleva essere proprio un buongiorno, bensì un rimprovero bello e buono, del tipo: “Ma sei scemo, sono già le otto e tu che fai, te ne stai lì a poltrire nel letto?”, cui fanno seguito improperi anche di cattivo gusto. Certo! – mi dico, non poco meravigliato di tanta considerazione. Ha ragione lui, sono in fottuto ritardo sulla tabella di marcia delle molte cose che devo fare prima di recarmi in ufficio. Al ché mi fissa negli occhi a muso duro, i suoi sono decisamente più espressivi dei miei appena sveglio, che osserva ogni mio movimento pronto a impedire ogni mia pur minima distrazione. Ad esempio, se io per caso in primis vado in bagno, cosa che fanno tutti quanti si alzano dal letto al mattino, mi passa tra le gambe facendomi inciampare, per poi insultarmi: “Ma guarda questo imbecille che non sa neppure dove mette i piedi!” Stando ai fatti, immagino voglia dirmi qualcosa di molto serio. Che so, di averne combinata una delle sue, come di aver rotto qualcosa – mi dico. “Sbagliato! Pensavo magari ti andava di fare colazione insieme!?” - aggiunge come leggendomi nel pensiero Oh, molte grazie per la sua benevola concessione Maestà! – dico io, non credendo neppure a una mezza parola della sua falsa-cortesia, detta poi con quello sguardo lì. “Perché cosa hai da ridire a proposito del mio sguardo? Probabilmente hai lo sguardo che ti meriti, se non sopporti più il mio sguardo, puoi sempre fare le valigie e trovarti un altro padrone! Capito mi hai?” Capito rispondo, vado a preparare la colazione per entrambi, va bene così? “Affatto bene, viene prima la mia, si’l vous plaît” – parlandomi dapprima in sardo poi in francese. Quanta inaspettata galanteria stamattina da parte sua Maestà, per caso non è che gradirebbe anche un rosso d’uovo? - chiedo, non si sa mai dovesse dirmi che faccio discriminazione nella preparazione della mia quanto dalla sua colazione mattutina. “Miao, magari gradirei un po’ di quello storione che tieni nel frigo, grazie tante.” Mah, veramente quello è il mio menù di stasera quando sarò di ritorno. “Perché, usciamo anche quest’oggi?” No, veramente io esco e tu rimani in casa a fare le fusa, mentre io mi reco al lavoro, perché sai qui dentro sono io solo che lavoro. “Davvero penso che non ci siano esseri più stupidi degli umani” - soggiunge in silenzio con quell’aria felinide, da pusillanime. Sono decisamente un idiota. “Questo termine sarebbe fin troppo espressivo ma che io non ho usato, sicché in verità me lo risparmiavo per un’altra occasione, fatto è che non sai dove andare. Ti rammento che oggi è domenica, quindi non hai alcuna urgenza di dover andare in ufficio, mio caro, se pensi di farla a me ti sbagli di grosso.” No, ti prego, fammi capire, tu mi hai quasi buttato giù dal letto sapendo tutto questo? Sei un despota! Un gattaccio della malora, un inetto, uno sgrassatore, un figlio di … mi limito a dire, facendo il gesto di colpirlo con la ciabatta. “Miiiaaaooo George, Mamma Gatta non si nomina neanche per scherzo, sarai punito per questo!” Magga Gatta, perché tu hai una madre? “Certo che sì, e ha anche un nome, Grizabella, e anche un padre, proprio come voi esseri umani a quattro zampe” – insinua, a dimostrazione di sentirsi superiore alla mia pedestre posizione sociale. Cioè noi a quattro zampe, non vi avevo mai pensato, in fondo ha ragione lui, due arti inferiori e due superiori, in tutto fanno quattro. “Noi in più abbiamo la coda che voi non avete, è così!” – asserisce, con tanto di dimostrazione visibile, quasi facendo volare in terra l’intero armamentario da barba che ho preparato sulla consolle del bagno. Come hai detto che si chiama tua madre? “Grizabella, perché non ti piace?” Assolutamente sì, sto cercando di ricordare, sai credo d’averlo già sentito, ma non ricordo dove? “Alla radio” – aggiunge, ammiccando un orecchio all’ascolto. Alla radio dici, perché è forse una speaker, una cantante o che cosa? – provo a chiedere-mi, che mi sia svegliato su di un altro pianeta governato da gatti despoti? Beh sapete, dopo ‘il pianeta delle scimmie’, non sarebbe poi così strano, del resto anche loro sono esseri a quattro zampe con in più la coda. Ma perché la coda? - mi chiedo, anche se rimando di rispondermi in un altro momento. "Che cosa mai ne fareste voi umani di una coda se non che vi sarebbe solo d’intralcio." Tu non sei un gatto, sei un canguro, ècco cosa sei! “Che la vostra sia solo invidia!” E tu un vanesio da strapazzo! “Pari, vada per il vanesio, in quanto a strapazzo, posso sempre mostrarti diversi modi molto convenienti dell’uso della coda, e magari apprenderesti qualcosina in più in fatto di sensualità.” Soprassediamo che è meglio. Una coda lunga e felpata che ora utilizza come scaldapiedi, ora gli fa da sciarpa scaldacollo, quando ancora sembra direzionale nelle sue fughe improvvise. Dovreste vederlo Lupen allungarsi che sembra rifare il verso a un siluro, più veloce di Italo in corsa. O quando con la coda svolazzante in qua e in là s’atteggia a bellimbusto per una gattina che vede passare attraverso la finestra in lontananza, o anche che fa la sua apparizione sullo schermo della TV per una qualche inserzione pubblicitaria. Perché se non lo sapete, approfittando della mia assenza, Lupen guarda la TV, e miagola per l’aggiunta. Me lo ha detto la signora della porta accanto, una persona davvero gentile, ma chissà perché a Lupen non sta affatto simpatica. “Certo che no, è una zitella acida che se la tira, neanche ce l’avesse solo lei, quando in verità ce l’hanno anche le cozze!” Ma Lupen, che modi sono questi, un po’ di rispetto per una persona attempata non guasterebbe da parte tua. “Perché non sai cosa fa lei quando non ci sei, sbatte lo spazzolone contro la porta, scuote lo straccio dalla finestra, cammina strusciando i piedi sul pavimento ecc. Poi, quando viene a bussare alla tua porta è gentile e cortese sperticandosi in sdolciloqui e ammiccamenti come nemmeno una ragazza di vent’anni meno dei suoi farebbe di peggio. Ma glielo mai detto che con te non c’è trippa per gatti? Di fatto non mi sembra che ci sia mai la trippa neppure per me, e dire che mi piace così tanto.” Lupen quante volte ti devo dire che la trippa ingrassa e tu sai che non puoi permettertelo, sei già una palla che rimbalza. “Miao, beh non è vero, tuttavia proprio non riesco a capire perché quando qualcuno nel contesto di una conversazione moderata non riesce a far valere le sue ragioni, deve offendere l’altro interlocutore. Vorrei vedere te se avessi i miei anni come saresti, già così assomigli a Sancho Panza.” Hai ragione da vendere, ma non intendevo offenderti in alcun modo, Lupen devi comprendere che se ti lascio a stecchetto è per il tuo bene, non è forse così che si dice? Ti prometto che per il tuo compleanno ti farò mangiare ciò che vuoi, anche la trippa. Anzi sai cosa ho pensato, molto presto daremo una festa a te intitolata, ti piacerebbe? “Di soli gatti voglio sperare! O magari pensi di invitare anche quei cialtroni dei tuoi amici sempre pronti a farmi incaz... Ops! a farmi dispetti?” Pensavo di sì, però potresti invitare anche la tua cara mamma Grizabella. “Ma che carogna che sei, come puoi non ricordare che la mia mamma è salita in cielo ormai più di tre anni fa, prima che il suo mentore mi desse a te con tanto di raccomandazioni. E io che credevo d’aver trovato in te un compagno di vita straordinario … Ohi, ohi. Miao, miao e poi miao!” Scusa Lupen, davvero non volevo mi dispiace davvero. “Piuttosto giura che non dirai più di certe cose, avanti giuralo.” Lo giuro sulle ossa di … no, anzi sulle lische di pesce che lascerò belle piene nel piatto, appositamente per te. “Ah sì, e a che ora si prevede questo lauto pranzo?” Non per il pranzo Lupen, semmai come al solito per l’ora di cena, quando sarò di ritorno. “Ritorno da dove, quindi ti sei deciso ad uscire, e scusa per andare dove?” Mah, non saprei, vediamo, penso di andare a fare una breve corsa al Parco, poi mi fermerò a bere una cosa con gli amici al Pub e magari chiamo Ann, se vuole raggiungermi per uno spuntino al solito localino accanto al River. “Beh, ti sconsiglio di fare entrambe le cose, non mi sembra la giornata più adatta, e poi non hai tenuto conto che sta per piovere.” Piovere dici, quando mai, e dire che mi sembrava tanto una bella giornata. “Sì certo, nel bagliore dorato dei tuoi sogni. Ben sai che noi gatti prevediamo il cattivo tempo e tante altre cose a distanza meteorologica. Comunque, semmai non dovesse venire a piovere, cosa che non credo perché è piovuto fino a poco fa, al parco ci sono le pozzanghere e non sia mai mi torni a casa con le scarpe inzaccherate. Seconda cosa nel parco, come lo chiami tu, quel giardinetto di periferia infestato dai topi grandi come scatole di scarpe dismesse, dove tutti portano i propri cani a fare le porcherie … puach! Che schifo! E mi torni a casa con quell’odore indosso che credimi non è affatto gradevole. Chissà perché la cacca dei cani è così impiastrosa e puzzolente, mi chiedo. Di certo non meno della vostra di esseri umani.” Dimmi chi è adesso che offende? Sempre più disfattista, vero Lupen? Non ti basta disporre di una reggia modesta come questa, ma pur sempre una reggia dove la fai da padrone, sì da voler dominare su tutto il vicinato, che dico, su tutto il territorio circostante, ho ragione io nel dire che sei un despota dei più efferati. C’è qualcuno che salveresti dalla tua dispotica mannaia? “Ann, per esempio.” Certo, solo perché lei ti fa le coccole, si complimenta con te per il tuo morbido pelo nero lucido e ben pettinato, i tuoi baffi solleticanti quando le dai i bacini sul collo, la tua lingua ruvida e rosa che lei non sa tanto biforcuta quanto quella di un serpente che spero presto ti avvolga nelle sue spire, e allora addio al povero Lupen, che il dio dei gatti non ti salverà, come accade prima o poi a tutti i despoti del mondo. “Lascia stare George che se dovessi dire io qualcosina nell’orecchio del tuo buon Dio ti fulminerebbe seduta stante.” Davvero pensi quanto hai appena affermato, Lupen? Quindi ho ragione di credere tu sia davvero la reincarnazione di Sekhmet la divinità egizia crudele e violenta che si nutriva dei cadaveri dei suoi nemici. “Hai scelto davvero delle brutte parole per designare la mia lontana regina, non mi pare che voi cristiani avete fin qui saputo fare di meglio, col vostro mangiare ritualmente il corpo del vostro Signore, non è forse così George?” Sempre attento a scomporre le frasi in singole offensive parole vero Lupen? Sei anche peggio di quanto io pensi, sei un mostro d’inettitudine, incapace di distribuire sentimenti intorno a te, di rubare amore a chiunque senza dare niente in cambio che non le tue moine feline da cicisbeo coi baffi. Ma a proposito di rubare Lupen, puoi dirmi come sei venuto in possesso di quelle tante cose che la donna delle pulizie mi fa regolarmente trovare sulla scrivania, non vorrei che un giorno mi arrestassero con l’accusa di essere un cleptomane al posto tuo. Vediamo un po’ … Ecco qui un portafogli che non riconosco come mio, posso sapere a chi mai l’hai preso Lupen? Oh aspetta, c’è un biglietto all’interno, Saverio Mercadante, che non è il musicista, vero? “Certo che no, al massimo sarà stato del nonno della smorfiosa zitella che viene a bussarti alla porta.” E questo? – chiedo mostrandogli un ciondolo che somiglia vagamente a un orecchino d’oro. “Sei fuori George, non è affatto un orecchino, è il molare appartenuto al ve-vecchio che la povera vedova del piano di sopra portava al collo. Se avessi sentito quante lacrime sprecate per un macabro oggetto senza importanza.” No, ti prego, lasciami dire, guarda qui, una pallina di vetro opalescente! “Un topazio autentico George, che ho trovato abbandonato sulla mensola del lavabo del bagno in casa del signor Melchiorre, si tratta di un occhio che…” Lupen dimmi che non è vero, come si fa a rubare un occhio a qualcuno. “Semplice George, all’inizio l’ho scambiata per una semplice biglia di vetro, e tu sai quanto a noi gatti piacciono le palline; poi osservandolo bene ho constatato trattarsi di un occhio del valore di migliaia di sterline e mi sono detto: o costui fa contrabbando di pietre preziose, oppure è più ladro di me, e questo proprio non potevo permetterlo, cioè che mi si usurpi di un titolo che di fatto mi spetta e, come si dice, a un mio predecessore di tutta rispettabilità.” Hai quindi da parte un tesoretto tutto tuo di cui disporre a tuo piacimento, e bravo Lupen, posso quindi pensare che ti sei impossessato chissà di quante altre cose che di fatto appartengono a me e che ho sempre creduto di aver dimenticati da qualche parte o quantomeno smarriti. Come ad esempio i miei ‘gemelli d’oro’ da polsini che non ho mai più ritrovato. “Vediamo, all’epoca frequentavi una sanguisuga di nome Susanna che ha abitato il piano più alto per qualche tempo e che nottetempo andavi ‘a salutare’ – così almeno dicevi prima di uscire di casa. Poi però non rientravi mai prima dell’alba, dimenticandoti che qui c’ero anch’io, e non certo come coinquilino. Bene feci a far sparire i tuoi ciondoli tintinnanti, che avevi dimenticato in fondo al suo letto, insieme alla camicia strappata, prima che lei sparisse dalla circolazione una notte con tutta la refurtiva che aveva trafugata nella zona, prima che arrivasse la Polizia ad arrestarla.” Beh, almeno avresti potuto restituirmi il maltolto, non credi? “Facendo così in modo che ti lasciassi ‘fregare’ (leggi derubare) da qualcun’altra, no mio caro io sono di quelli che preferiscono custodire i gioielli di famiglia in un luogo sicuro.” E dimmi Lupen, come fai a conoscere ogni cosa di tutte queste persone, eh? “Mio caro la gente mormora, tu non immagini quanto, ogni persona è propensa a raccontare i fatti degli altri, in quanto ai propri, se ne guardano bene dal metterli in piazza. Sai come funziona il passaparola, gli amici confidano agli amici che confidano coi nemici, talvolta appositamente per denigrarli, onde sottostimare l’importanza di quelli di bassa lega che scendono dall’alto del loro piedistallo e si mescolano alle persone per bene, e che per la legge del contrappasso si ritrovano infine tutti sullo stesso pianerottolo di merda … vuoi che vada avanti George?” No, per carità, mi basta aver appreso nell’ultima riunione di condominio esserci qualcuno che ruba ma del quale non si conosce l’identità, strano a dirsi però che tutti gli occhi erano rivolti verso me. Penso di dover andare al Distretto di Polizia e denunciare il fatto. “Quale fatto, si’l vous plaît?” Ma quello di avere un gatto ladro in casa, che ne dici? “Mi sembra un’ottima idea George, pensa a quando Annie si accorgerà della sparizione della Carta di Credito dalla sua borsetta.” Farabutto maldestro, ricattatore da strapazzo, ladro matricolato figlio di un cane … no questo no! “Di gatto please!” Pensa se tua madre Grizabella venisse a conoscenza di avere un figlio malfamato della peggiore specie, cosa mai potrebbe dire di te. “Sarebbe felicissima, altrimenti non mi avrebbe mai mandato a ‘squola’ dal maestro dei ladri, mio nonno Arsenio… Ops!”
Lupen the Cat, ... Vi presento il mio gatto nero, il più ladro in assoluto.
Elegante nel suo aristocratico abito nero lucido con un cuoricino bianco sotto il collo, Lupin non perde occasione per darsi delle arie da viveur e soprattutto di volerlo fare in casa mia, spadroneggiando come gli garba per attestare la sua potestà. E guai a sottrargli ciò di cui prende possesso abusivamente. Non c’è oggetto, utensile o ninnolo di cui non si appropri, si impadronisce di ogni cosa trova alla sua portata, cioè di tutto. Poiché sono sempre fuori e non potrei fare altrimenti, ha gioco facile. Allora si sdraia sul divano, si crogiola sul tappeto davanti al camino, sceglie il mobile più adatto al suo stile di vita, al suo temperamento. E che personalità, che tempra, che carattere! Di certo non si lascia abbindolare facilmente da futili promesse. La fa da padrone, lui, non c’è soprammobile che ignori, uno dopo l’altro vengono annusati, osservati nei più piccoli meandri, e solo se passano alla sua ‘accettazione’ possono restare lì dove sono, altrimenti li scalcia via con la sua morbida zampetta vellutata, con gesto sofisticato che lo si direbbe un dandy d’altri tempi. Quando non si mette di traverso con i vasi solitamente più pesanti, e facendo forza con il corpo appositamente gonfiato, dapprima fa in modo che raggiungano il bordo della mensola o del mobile e che lascia ‘inavvertitamente’ cadere, per poi saltare via come un fulmine, facendo finta d’esserne meravigliato … “Toh, è caduto” – sembra dire ogni volta, e di fatto lo dice, altrimenti perché mi guarderebbe in quel modo, con gli occhi fissi nei miei senza dare il minimo accenno di essere dispiaciuto. I cani invece si dispiacciono, perché Lupen no? Troverò mai una risposta alla domanda che ogni volta mi pongo sempre con lo stesso risultato … cioè il suo silenzio compiaciuto che la dice lunga sull’accaduto: “Ma se l’ho fatto apposta, dovrei pure dispiacermi?” D’accordo, ne prendo atto, Lupen è un infingardo senza possibilità di redenzione, la sua indolenza va di pari passo con la sua sfacciataggine di strofinarmisi attorno alle gambe quando scatta l’ora della fame. Sì che qualche volta sono inciampato in lui fino quasi a cadere, e solo perché ha pensato ch’io non lo stessi a sentire, che ammetto rispondeva al vero … “Miao! Beh che fai, fingi volutamente di non capire? Sei lì che ti prepari la cena e a me non pensi? George sei un pusillanime, miao!” – lo pensa davvero, tant’è che mi fa sentire meschino. Dove avrà mai appreso una tale parole non saprei dire, io stesso non ricordo di averla mai usata, anzi neppure ne conoscevo il significato. Sì che sono andato a cercarla sullo Zingarelli, per poi scoprire che si coniuga con meschino, miserabile, pavido, che gli sono sinonimi. Non c’è che dire, faccio l’offeso e lo ignoro di proposito e gli rifaccio il verso… ‘Miao!’. Lui fa l’indifferente e, come se la cosa non lo riguardasse, alza la coda e s’allontana mostrandomi il di dietro. Sei uno svergognato, un ipocrita, un ruffiano! – gli dico. E lui che fa, volta appena la testa prima di girare l’angolo che porta in salotto e si accomoda sul divano di velluto rosso, stendendo le sue zampe con le unghie divaricate all’infuori, quasi si stia preparando a scagliare un’offensiva strategica. So già che non la spunterò. Di lì a poco provo a chiamarlo Lupen!, pretende la pronuncia francese, Lupen mon cher ami, vieni!, vado a preparare qualcosina di buono anche per te. “Spiacente amico mio (mi rifà il verso sbattendo i suoi occhioni gialli), non pensare di comprarmi con uno screzio di fegatini di pollo, dice, (riconoscendo il barattolino che ho tra le mani), se vuoi farti perdonare devi mettere nel piatto un po’ di quel salmone che stai preparando per Ann. Per mia fortuna è in netto ritardo”. Le tartine al salmone sono davvero una prelibatezza che mi riservo di tanto in tanto, ma non necessariamente per qualche ospite di riguardo, benché sapendo che Ann le adora, penso sia appropriato farle la sorpresa di trovarle sulla tavola apparecchiata, come aperitivo, accompagnate da un buon calice di prosecco. Vuoi vedere che ho dimenticato di metterlo in fresco? Accipicchia, corro a prenderlo. Dalla cantina alla cucina e precisamente al frigo, intercorre solo qualche metro di corridoio e tre gradini a scendere e tre a risalire. Facendo un calcolo approssimativo, il lasso di tempo della mia assenza percorrendo dalla tavola di cucina è minimo, non supera i due/tre minuti. Allorché, prima di scendere i gradini, sbircio Lupen comodamente sdraiato sul divano, immobile, accovacciato a mo’ di Sfinge altera e indifferente alle stranezze del mondo. Quando faccio ritorno nell’atmosfera accomodante della cucina dove apparentemente tutto sembra rimasto com’era, noto incredulo che qualcosa non torna. Ha dell’incredibile, non può essere vero, detto fatto, è bastato a Lupin quel frangente minimo di tempo per raggiungere la tavola apparecchiata e zaff! Sul tagliere ci sono sei tartine di pane spalmate con la maionese, tre con il salmone e una sottile fettina di limone, e tre senza il salmone ma con la sottile fettina di limone. Eppure rammento di aver ultimato di preparare le sei tartine con il salmone e le fettine di limone che solitamente vengono messe in ultimo. Dunque dove è finito il salmone mancante nelle altre tre? Lupeeen! Lupeeennn! Vieni mio caro. Quand’ecco arriva facendo il sostenuto. Ricapitoliamo: sei tartine di pane spalmate con maionese, uno strato di salmone ciascuna, sei piccole fettine di limone. Ora, purché non mi sia rimbambito del tutto, qui vedo tre tartine di pane spalmate di maionese con sopra soltanto tre sottili fettine di limone. Quindi mi chiedo che fine a fatto il salmone? Non sai cosa pagherei per sapere come hai fatto a farlo sparire dalle tre tartine in un lasso di tempo così breve? Ma non è tutto, come hai potuto sfilare il salmone da sotto il limone (che ovviamente non ti piace) senza lasciare neppure uno strascico di maionese sul piatto? Lupen, solo per il fatto che siamo in due, non puoi che essere stato tu! Confermi? Chiedo, sempre più convinto che me l’ha fatta sotto il naso. D’accordo, ma come (?) Okay, dirò ad Ann che sono stato preso da una botta improvvisa di fame. Quindi mi costringerò a mentire, mi dico, nel mentre Lupen con un balzo lascia il divano e sgattaiola di corsa verso la porta d’ingresso, perché di certo ha udito che sta arrivando qualcuno. Driiiinn! Squilla il campanello della porta di casa. Hallo George! Ann entra, giusto in tempo per assaggiare le mie tartine – mi di co. “Miao!” Ciao Lupin – lo prende in braccio e lo accarezza. Ma come sei bello con questo bel fiocco rosso! Tipico della vergogna – penso. Mentre Lupen non si fa scrupolo di assecondare le sue carezze, io rimango prostrato per riceverne una che non arriva. Vieni Ann accomodati sul divano, certo che insieme formate una bella coppia di altruisti (!) – mi trattengo dal dire. Ann scusami per la scarsità delle tartine ma nell’attesa ho approfittato per fermarmi lo stomaco. Oh George non c’è di che, tant’è che pensavo di offrirne una anche a Lupen, mi è così caro, posso? No! – vorrei gridare, ma non lo faccio, considerando che alla fine ‘il malefico’ ne avrà mangiate quattro e io neppure una. Ma aspetta Ann, vado a prendere la bottiglia di prosecco che ho messo nel frigo, sperando che sia fredda abbastanza. Dopo qualche giorno, quest’oggi, di rientro dopo la notte passata da Ann, scorgo la luce accesa nella stanza al primo piano di casa mia. Il primo pensiero è quello di aver ricevuto la visita dei ladri, poi mi rassereno pensando che potrebbe esserci Marianna, l’accorta donna delle pulizie. Allorché lo vedo. Premetto di non averlo mai visto così, prima. Lupen è in piedi con le zampe ungulate schiacciate contro il vetro della finestra del salone a mo’ di pantera nera che sta per saltare sulla preda. Quando lo guardo negli occhi, ruggisce e mostra i denti felini. Dio mio è spaventoso! – penso. Il tempo di rientrare in casa, mettere la chiave nella toppa e aperto l’uscio poggio il piede oltre la soglia e splash! La scarpa s’inzuppa di urina fetida e quasi vi scivolo sopra, se non fosse per la mensola dell’ingresso che mi fa da sostegno. Lupen! So già che un giorno ti darò lo sfratto e allora diventerai un randagio spelacchiato in giro per le strade della città, promesso – penso. Buongiorno! Esclamo volendo farmi sentire alla Marianna che sono appena rientrato. Nessuna risposta. Ripeto, buongiorno! Lupen taglia lentamente lo scorcio di corridoio dell’entrata ignorandomi a bella posta, come se stesse facendo una passeggiata sui boulevard: “Figurati io non ti vedo nemmeno, chi sei, cosa vuoi, che sei venuto a fare?” – suggerisce il suo sguardo lanciato di sfuggita. Lupen! – dico io, cos’hai combinato, ti pare questo il modo di … “Certo pretenderesti anche l’inchino di benvenuto, non ti sembra un poco eccessivo, dopo aver passato tutta la notte fuori?” – lascia intendere dall’alto dei suoi occhioni gialli discriminatori. Scusami Lupen ma si era fatto tardi e fuori pioveva, così mi sono trattenuto in casa di … “Sei un imbecille, quando sei uscito avresti potuto portarti l’ombrello, siamo in inverno, potevi anche supporre l’arrivo di un acquazzone, ma così non è stato” – aggiunge con lo sguardo perplesso. Sì, forse hai ragione tu, ma se io sono un imbecille tu sei un despota senza ritegno alcuno. Mi chiedo chi fossero i tuoi antenati, vediamo un po’: forse Sekhmet, la dea-gatto egizia? Neppure a pensarlo. Vuoi mettere, anche se in qualche modo il tuo portamento rispecchia la sua altezzosa superiorità. O forse pensi davvero d’essere la Sfinge?, per metà felino, e metà … no, mi dico. Siamo lontani mio caro miao, anche se spesso atteggi lo sguardo di guardare al futuro. Futuro di che? – mi chiedo, ma la domanda riecheggia nell’aria. Piuttosto è bene che faccia cambiare aria alla stanza, c’è puzzo di … No Lupen volevo dire di respirare un poco d’aria fresca, dopo che sei stato al chiuso così a lungo, aspettando il mio ritorno. È così Lupen mi stavi aspettando, altrimenti cosa ci facevi davanti alla finestra, ti pare? “Imbecille, guardavo passare le nuvole!” – risponde distratto. Oh, indubbiamente poetico, ma qualcosa mi dice che osservavi il passaggio degli uccelli migratori. Piuttosto dì la verità, non hai mai perso il tuo istinto venatorio, è così? Ammetto di non riscontrare in te mai un pizzico di sincerità, sei falso mio caro … “Come è vero che non ti meriti niente, dopotutto sono io che governo la casa, che non lascio entrare alcun estraneo, che si tratti di graziosi topolini o di farfalle e quant’altro, per non dire delle mosche…” Stai quindi parlando della mia casa o del Giardino Zoologico caro Lupen? “Forse qualcosa non ti è chiara, semmai stiamo parlando della mia casa, perché hai pure qualcosa da recriminare? Non sono forse io a mantenere una certa estetica che la rendono appena passabile? Fosse per te vivresti in un bazar di cianfrusaglie inutili, in mezzo ai regali riciclati e di pessimo gusto che giungono portati da certi tuoi amici pelandroni, e di quelle zitelle farcite delle tue amiche. Ecco l’ho detto.” Non sono proprio certo che volesse dire quello che ha detto, con le parole che ha usato, quali: recriminare, bazar, cianfrusaglie, riciclati, pelandroni sì che, indubbiamente, il senso di ogni parola doveva essere quello se è così che l’ho interpretato. Mi sorge il dubbio che quando si ritrova da solo sfogli lo Zingarelli che di solito lascio sulla scrivania. Corro nell’altra stanza e trovo il grosso volume al suo posto, stranamente aperto, come non lo lascio mai. Sarà anche un caso ma la prima parola all’apice della pagina recita: Imbecille. Si dice che l’occasione faccia l’uomo ladro, chissà per quanto riguarda un gatto? Di certo Lupen deve averne colto il senso al volo come fa con le mosche, perché dopo aver fatto la doccia e ancora in accappatoio sono andato a rispondere al telefono, lo sorprendo che col suo fare sornione mi bighellona intorno rivolgendomi un sorriso per niente raccomandabile. Quindi si ferma, sembra attento ad afferrare ogni mia singola parola, sì che nel dubbio gli ho voltato le spalle, per non fargli udire ciò che stavo dicendo con Andrea uno dei miei amici ‘pelandroni’: Okay! Sono da voi per le otto, d’accordo, ciao. “Che fai stasera esci di nuovo? – chiede Lupen con occhi indagatori. So già che me la farà pagare se solo gli dico di sì. Quindi mi atteggio come fa lui con me, fingendo di non avere un impegno preciso, ma già, che stupido sono, ho appena confermato ad Andrea l’ora dell’appuntamento. Che legga il labiale? – mi chiedo. Ma no, sono solo fantasticherie – dico. Fatto è che una volta accudito e vestito, ha preso a seguirmi passo dopo passo mentre bighellonavo in giro per casa. E quando mi sono avviato verso l’ingresso e ho fatto per prendere le chiavi sulla mensola… sorpresa delle sorprese, non c’erano più. Dunque, fruga di qua e di là per trovarle si è fatta l’ora dell’appuntamento. Di Lupen ovviamente neppure l’ombra in giro. Squilla di nuovo il telefono: pronto? George ma che fine hai fatto. Non trovo le chiavi di casa, spero che escano fuori altrimenti non so come fare. Quindi che hai intenzione di fare, siamo certi che non è una scusa? Ma no Andrea che dici? Siamo tutti qui che ti aspettiamo, ma solo un’altra mezzora? D’accordo – dico io. La nuova ricerca non dà buoni frutti. Mi siedo sul divano con la testa tra le mani e mi concentro sugli spostamenti fatti in casa. Ingresso, corridoio, cucina, stanza da letto, corridoio, bagno, ingresso, niente. Ricapitoliamo – mi dico: che le abbia lasciate nella toppa d’ingresso? Guardo, non ci sono. Stranamente appare Lupen che ha creduto stessi per uscire, non più di tanto poi, perché si è fermato a distanza, guardandomi perplesso… “Ma sei scemo, dove pensi di poter andare senza le chiavi di casa?” – chiede con uno sguardo di vuotezza rara. Lupen, miao, dimmi che le hai prese tu? Gli chiedo scandendo le parole in modo da ricambiare il suo sguardo felino. Ma la mia non è che una pessima imitazione gattesca, tant’è che mi sembra di vederlo ridere sotto i baffi che cura con una certa frequenza. È allora che alzo leggermente il tono di voce, sperando in un qualche effetto dirompente. Inutile, sono sempre più convinto che i compromessi che nelle relazioni fra gli umani assumono spesso un certo valore, non hanno nessun effetto sui gatti, men che meno con Lupen. Quindi che fare? Squilla di nuovo il telefono, è Andrea. George abbiamo deciso, ci trasferiamo tutti da te. Chi intendi per tutti? Tutti è come dire tutti quanti siamo. Cioè. Ma ad occhio e croce saremo otto, dieci, sì diciamo dieci perché strada facendo di sicuro se ne aggiungerà qualcun’altro. Andrea scusa, che vuol dire qualcun’altro, che fai li raccogli lungo il tragitto tanto per pareggiare il conto. Va bé George non stiamo a cincischiare sul numero, nel frattempo tu prepara qualcosa da mettere sotto i denti, noi portiamo alcunché da bere, ciao! Click, ha messo giù la cornetta. Cincischiare, voce del verbo cincischio? Ultimamente anche Andrea mi sembra inseguire una grammatica stracciata. Vado a controllare. Anzi no, rimando a più tardi, ora è bene ch’io ritrovi le chiavi, altrimenti… Gli ospiti arrivano in un bat-ti-ba-lé-no, ovvero locuzione composta da battere e baleno, inizio anch’io a parlare come Andrea, mio Dio no. Ma George dimmi hai poi trovato le chiavi? Non mi hai lasciato il tempo. Entrano: Ann, Adelmo, Annalisa, Michaela, Michele, Genny, Arturo e altri di cui non ricordo neppure il nome. Andrea, ma quanti siete? Credo in dodici. Ah tu credi, ma se non ho neppure da sedersi per sei. Va be’ ci arrangiamo come possiamo, non hai dei cuscini? Sì, certo, puoi usare quelli del divano e altri. Trovato, quelli del letto! – aggiunge Andrea. La sua scaltrezza mi sorprende quanto quella di Lupen, il quale nella confusione degli arrivi ha raggiunto il divano intenzionato a difendere il suo cuscino preferito con le unghie e con i denti, rifilando un graffio sulla mano di Andrea che lancia un grido, per poi rincorrerlo per tutta la casa. Lupen ti prendo! – esclama come in un gioco di bambini. Si dice che la casa nasconde non ruba! – ma è solo un modo di dire, soprattutto se c’è qualcuno che sappia dove e come nascondere la refurtiva, che è poi pari a un furto bello e buono – dice Michaela. Mettiamo il caso sia entrato un ladro in casa mentre tu eri sotto la doccia, come fai a saperlo?– suggerisce Michele. Forse andrebbe precisato che il ladro vive in questa casa – aggiungo io. George dobbiamo pensare che ti derubi da solo? – chiede Genny. Avessi mai pronunciato quella frase che è partita la ‘caccia al ladro’ e in un momento li ho avuti tutti addosso. Cuscini che volano, giornali e libri che sfuggono di mano e finiscono sulla testa di qualcun altro, alcuni bicchieri che si rompono, al suono stroboscopico e allucinato del Rock dei Led Zeppelin che Andrea alzando il volume ha pensato bene per coprire il tutto. La serata si protrae fino a tardi. Di colpo Annalisa caccia un urlo bestiale. Sulla parete della stanza si staglia nitida l’ombra nera di una pantera enorme e soffoca la gola di tutti gli altri, mentre, con piglio feroce della sua zampa Lupen interrompe la musica, staccando la spina del diffusore dalla presa elettrica. Lupen! – grido, osservando la sua figura davanti allo stroboscopio, tuttavia senza avere il tempo di afferrarlo. Va detto che in certi momenti la cattiveria umana che si accompagna all’indifferenza animale di un gatto è tutto sommato innocua. Nel caso di Lupen è di legittima difesa, per non farsi soverchiare dagli altri. Ma George stai difendendo quel pusillanime del tuo gatto? No Andrea, come puoi ben vedere Lupen non ha bisogno di avvocati difensori, fa tutto da sé, del resto è lui il padrone di casa. E se non sta bene a lui non c’è verso che io o chiunque altro gliela faccia andare. George, ma si può sapere che dici, ti si è forse annacquato il cervello? Ciao Andrea, buonanotte ragazzi! Ann, ma come, te ne vai anche tu? Tornati a una lontana parvenza di normalità, dopo ore di caos totale, finalmente distrutto mi sbraco sul divano, per dire che mi stravacco sul … realizzo di usare un linguaggio che non mi appartiene, ma che forse apprendo dalla frequentazione di certi amici ‘pelandroni’ come li definisce Lupen che mal li sopporta. Cosa che sa di imposizione verbale accreditata a un gatto che per sua natura utilizza un diverso linguaggio lessicale onomatopeico con diverse sfumature che vanno dal ‘miao’ al ‘mihao’ al ‘miaaaaao’, interlocutorio. Ma non bisogna farsi illusioni, temo che non vi siano abbastanza parametri per attribuire questi pochi versi idiofoni a un solo gatto come Lupen, il quale ha elaborato tali e numerose espressioni acculturanti nel suo linguaggio da far arrossire un fine dicitore. Di fatto oltre ad esprimersi con la voce, ancor più si esprime con gli sguardi, assumendo atteggiamenti attoriali da consumato interprete del palcoscenico. Ad esempio, la sua ‘Promenade’ con la coda alzata che attraversa gli angoli delle stanze ha molto a che vedere con certi precursori dalle pose studiate e irripetibili che, fin dall’inizio del cinema muto, hanno ammaliato, per dire ‘impressionato’ (poiché trattasi di pellicola), folle sterminate di persone. Altresì sono talmente stanco che non ho più la voglia di mettermi di nuovo a cercare le mie chiavi di casa. A malapena riesco a togliermi le scarpe e i calzini sì che mi sembra di avere il fuoco sotto i piedi. Finanche la mente sembra andarsene in fumo, in mezzo a tanto ‘casino’. Ops, cosa dico mai! Tuttavia mi necessita fare il punto della situazione. Ricapitoliamo … no George! “No George, hai dimenticato di preparare la cena!” – soggiunge Lupen. Non ho fame, penso senza pronunciarmi … “Non dicevo la tua George ma la mia! Vediamo un po’, stasera gradirei assaggiare di quello sgombro che tieni riposto nella dispensa, che ne dici?” Ora ditemi voi, nella dispensa c'è un approvvigionamento di pasta, riso, zucchero, farina e un certo numero di scatolette diverse: carne, tonno, crocchette (per Lupen che tra l'altro non ama), tutte ancora, si-gil-la-te, che tengo lì per una qualche improvvisa esigenza, del tipo di quella capitata questa sera. Altrimenti come avrei potuto affrontare una masnada di amici affamati, così ho cucinato della pasta al tonno e olive in bianco per tutti. Trenta secondi, il tempo di aprire la dispensa per prendere il necessario, che Lupen ha odorato la presenza di una scatoletta in particolare che, guarda caso, non era di tonno? Che abbia compreso dall'immagine che si trattava proprio di sgombro? Che sia un gatto da pesca lo escludo a priori, teme l'acqua. Che abbia frequentato la bottega di un pescivendolo, altrettanto. Che l'imprinting dei suoi avi abbia trasmesso nel suo DNA la conoscenza acquisita dalla natura millenaria della loro esistenza? Fatto è che sa riconoscere dall'involucro metallico di una scatoletta il suo contenuto. Ma come è possibile? - mi chiedo perplesso. La risposta viene ovviamente dallo stesso Lupen, come? Nel modo che segue. Ho aperto di nuovo gli sportelli della dispensa e gli ho indicato con un gesto della mano, che poteva accomodarsi e scegliere secondo la sua preferenza. Incredibile a dirsi, con una grande gioia che gli si leggeva negli occhi gialli spalancati all'occorrenza, è stato capace di trovare la scatoletta dello sgombro in mezzo alle altre e dopo avergliela aperta mi anche ringraziato con un esuberante 'Miiaaoo!' di gradimento. Fatto questo che fa il paio con un altro avvenimento accaduto qualche tempo prima, allorché Lupen rimasto solo per una mezza giornata e non vedendomi rientrare per l'ora di pranzo, ha pensato bene di farsi una passeggiata sul davanzale confinante e andare a sbirciare se, per caso, vi fosse qualcosa di commestibile nell’appartamento accanto. Si dice che: 'l'erba del vicino è sempre più verde' e immagino avesse 'un languorino' che lo stuzzicava, quando ha subodorato un incarto lasciato sulla tavola dalla vicina che, guarda caso, era rientrata da qualche minuto e si attardava giusto il tempo di rientrare le due confezioni d'acqua dall'ascensore e scambiare due parole con me sulla porta di casa. Ciao George, scusa se disturbo ma devo aver dimenticato il pacchetto acquistato dal salumiere, per caso hai in frizz della carne da cucinare, lunedì, quando riaprono i negozi te la restituisco? Vieni Martha, credo di avere qualcosa, ecco ho due bistecche, pensi che bastino? Certo che sì, grazie tante, poi te le restituisco". Non ti preoccupare non ce n’è bisogno. Ciao! Ho cercato di sbrigare la faccenda mentre ero intento a cercare le chiavi di casa che non trovavo in alcun modo. La cerca se ricordate si era portata avanti a lungo prima dell’arrivo della masnada, mentre Lupen mi osservava impietoso nei miei spostamenti limitandosi a fare le facce curiose, lanciando di tanto in tanto dei 'miao' più o meno incoraggianti: "miao-acqua", "miao-acqua", "miao-fuochino", "miao-fuocherello", poi di nuovo "miao-acqua". Nell'incertezza mi ero poi convinto a guardare nei posti dove ancora non avevo guardato, come nella camera da letto e nello sgabuzzino delle scope. Tutto considerato era da scemi aver messo le chiavi di casa sotto il letto, o sull'armadio dello sgabuzzino, non vi pare? Quindi eccomi qui a sollevare le coperte e tende, a guardare sotto i cuscini, allorché impazzisco e li lancio via senza raggiunge la poltrona accanto, quando un odore acre arriva alle mie narici e, guarda caso, Lupen pensa bene di darsi alla fuga. Lo sento brontolare uno sgradito "Miiaaoo-che-puzza" che immagino per i miei calzini dimenticati la sotto da chissà quanto tempo. Per riaffacciarsi poco dopo facendo capolino dallo stipite della porta, sgranando gli occhioni gialli vaghi, attento a non tradirsi. Tuttavia dietro il suo sguardo rilevo che 'gatto ci cova', qualcosa mi avverte d'essere vicino a "miao-fuoco!" - ma non lo dice. Improvvisamente sembra aver perso la favella, se mai l'ha avuta. Lupen!!! grido con quanto fiato ho in gola, cos'è quella roba lì? Un involucro avvolto nella carta che emana un odore diverso da quello dei miei calzini, direi stuzzichevole, quasi buono. Il tempo di andare a prendere lo spazzolone che immediatamente sono di ritorno, e al mio grido 'fuoco!' ci sono, Lupen incomincia a saltare per tutta la stanza fin sopra l'armadio, sapendo che lo avrei rincorso fino ad acchiapparlo per la coda e che lo avrei ... è meglio che non dica. Sorprendentemente nell'involucro c'è una fila di circa mezzo chilo di salsicce profumate di cui la prima della fila appena smozzicata. Ora, chi glielo dice a Martha che non ha dimenticato il pacchetto dal salumiere, che quel ladro matricolato del mio gatto si è intrufolato nella sua cucina e ha rubato le sue salsicce? "Non puoi George, meglio sarebbe che ce le dividessimo, anzi mi basta anche solo una, facciamo due per me e il resto a te, pensaci non hai già l'acquolina in bocca anche tu. Non credi che sarebbe un'ottima cenetta per noi due da soli?" Davvero Lupen, perché no, magari accendo anche una candela sulla tavola e apro una bottiglia di buon vino. Se è quel che vuoi, promettimi che sotterriamo entrambi l'ascia di guerra, ci sediamo a tavola in santa pace e, magari, mi aiuti a ritrovare le chiavi di casa, in fondo siamo coinquilini, no? "Ebbene che pace sia. Chissà perché voi umani pur di non dichiarare di aver perduto la guerra, finite ogni volta per issare la bandiera della pace, per poi ritrattare gli accordi presi. Possibile dobbiate sempre chiedere in cambio un qualcosa che sa di puro ricatto, tu George dovresti avere la risposta, non è così?" No, davvero non saprei, l'unica cosa che mi viene in mente è una massima di Sun Tzu da "L'arte della guerra" entrata nell'uso comune, che recita: "Se non puoi abbattere il nemico fallo re", che a modo mio interpreto convenientemente: 'affinché ottenere ciò che chiedi', seppure con il beneplacito d’una riconosciuta maestà. "Mi sembra un buon principio George, vuole anche dire che da ora in poi mi toglierai quel fastidiosissimo collarino rosso dal collo; che non ti dimenticherai di salutarmi (leggi riverirmi) come si deve a una maestà; soprattutto che non ti asterrai dallo scegliere le qualità migliori degli alimenti come fai per quelle che riservi per te; che non mi abbandonerai da solo per più di una notte alla settimana; che non mi porterai i tuoi amici 'pelandroni" in casa e che ..." Basta così Lupen, si diceva che la mia misera richiesta dava la sensazione di un ricatto, vogliamo dare una definizione alle tue, oppure? E che dire di Ann, forse potresti concedermi un'eccezione, che ne dici? "Sì certo, visto che lei è così gentile con me, in fondo è un po' come le principesse delle fiabe, s'innamorano sempre dell'uomo sbagliato, per poi scoprire che il loro 'principe azzurro' si nasconde nei panni del gatto che coccolano tanto affettuosamente." Non ricordo che la chiusa della bella fiaba, reciti proprio così, ma diciamo che va bene lo stesso. Vogliamo fare un brindisi alla ritrovata pace Lupen? Dunque Cin-cin! "Miaaaoo George- à la santé!". Che Lupen sia anche poliglotta mi giunge nuova, per quanto spero che 'in Vino-Veritas' infine mi sveli dove ha nascosto le chiavi o che magari tu me le restituisca. O meglio che Sua Maestà me le consegni con l'investitura di un suo pari. Accade così che sazi e leggermente brilli per il vino bevuto ci siamo accoccolati sul divano, quando di colpo Lupen si leva e scappa via, senza un perché. Che abbia sentito avvicinarsi qualcuno lungo il corridoio, o forse alla porta?, mi chiedo. Driinn! Suona il campanello di casa. È Ann di ritorno. Vieni entra, accomodati, che sorpresa... Lupen! Esclama Ann entrando. Vieni qui mio piccolo caro, dice con enfasi prendendolo tra le braccia. Sai George mi siete mancati, così ho pensato che ... Non sai che piacere mi fai, stavo per dire, quando Lupen prende a strofinare il suo muso (la sua faccia da c...) sulla guancia di lei ricevendone quei baci che 'ruba' a me. Vieni accomodati sul divano, eravamo qui che ci concedevamo un po' di relax quando, guarda caso, si è parlato di te. Di me, a che proposito? Del piacere di averti qui con noi, ti sembra strano? Affatto, mi siete così cari entrambi. A proposito George, hai poi trovato le chiavi? Quand’ecco Lupen sgattaiola via come un fulmine e quando è di ritorno si propone come il salvatore della patria... "Miiaaoo-Eccole!" - avverte Lupen sorridente, facendo capolino dallo stipite della porta per poi avanzare a-tratti verso il centro della stanza e sospingere con la sua zampina felpata, il congruo mazzo di chiavi che ho cercato per tutta la sera fino allo spasimo della follia ...
Miiaaoo-maestà, e grazie molte per la sua benevola concessione! - ho detto in presenza di Ann che accogliendolo tra le sue braccia gli propina una carezza da amante suprema. Secondo voi, potevo aggiungere altro?
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