Mi sono innamorata, con dedizione
e passione (non ridete, vi prego)
di un albero.
Mi folgorò la sua leggiadra veste
primaverile
un mattino di limpido maggio
in una strada di periferia
d'una piccola gentile città provinciale
generosa
di raccolti silenzi e ariosi pensieri.
L'ho rivisto in inverno
coi lunghi capelli sciolti
giocare con nastri di nebbia
in attesa paziente- e sapiente-
di nuovo sole e rinnovate linfe.
Certo vi abita un dio
pagano efebo ridente
d'immortale compiuta armonia:
a lui offro doni e profumi
di grati sereni pensieri.
Al distacco
( inflessibile un cancello
di villa ci separa)
mi saluta con dita di vento.
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