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Fricassea

di Paolo Lazzini
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Pubblicato il 20/01/2016 15:23:29

Fricassea

 

In tempo di guerra ci si ritira

dentro maglioni strappati o capotti sdruciti…

se attraversi la città puoi deglutirne gli umori

per scendere fra i suoi ventricoli

sbronzi di solitudine, sfibrati dal dolore...

c’è un margine di parole, un confine

di simboli e luci, disorientate comete

rottami del vivere la civiltà mancata.

Lingue affilate, allenate

a lambire l’orifizio del potere

improvvisano sorrisi per addolcirti

il fiele che ti faranno ingoiare…

ma noi restiamo seduti sulla sponda del vento

dove ogni giorno i paladini della globalità

vomitano la loro furia con notiziari

di pace belligerante, per una guerra affidabile

per una strage remissibile …

L’artiglieria in livrea mangiava fricassea

nell’ospedale da campo l’attruppamento,

marcava lo scontento...

bluse, foulard, paltò, liseuse, plissé,

accanto allo stendardo con martingala e bandoliera,

divorato dal tempo, bivaccava sulla giostra il reggimento…

stoffe, sofà, peluche,

un comò accompagnato dalla sua abat-jour...

un filosofo, biografo, filantropo

un tipografo, patriota, dinamitardo

un burocrate, funzionario, galoppino...

un comunista, controrivoluzionario...

un garantista, enfant prodige miliardario

entraineuse in tournée...

limousine con roulotte e chauffeur...

questa  è la piazza del secolo ventunesimo.

La distruzione leva l’ancora e riecheggia

giunge all’assalto dei nostri occhi

per ricucire di croci la nostra voce…

le sue ombre rimbombano prive di musica, traboccanti di lacrime,

dalle macerie guardiamo con occhi di ramarro

la traiettoria della mosca e la trappola del ragno,

…con passo ammaestrato d’elefanti marciano gli eserciti abbaglianti,

saliranno in cattedra con mani d’acciaio

e cuori di vulcano… (vedrete) non tarderanno i roghi dei sogni.

 

PaLa


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