Pubblicato il 10/02/2010 16:28:01
Certi poeti a(r)mati, Prufessò hanno scomposto in pezzi la Campana usando i cocci a modo di yoyo. Moderno, il vate, ingolla il suo stufato, frullato d’audio-video-trombe-cori: evacua i suoi frappè sintonizzati su note ansate e zombi da metrò. Conosco il canto aperto, modulato corale, a voci alterne, sussurrato cerco l’orecchio trepido, turbato, dal suono terso, non mummificato. Vedo il sorriso in lacrime argentate e voglio, sveglio, un sogno figurare posso dargli il calore di un safari e distillarlo al clima di rio Bò. L’odore, sarà forte e penetrante capriccio intenso e soffio di narici, come un profumo d.o.p. che se lo dici sai di che parli come anch’io lo so. Il suono, sarà forte, dei rumori che scagliano frantumi e patatrac, gradevole e scabroso, un poco fuori ma sempre in grado di ballare in frac.
(*)Testo pubblicato sul n° 18 di "Pagine"
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