Me dichi che sarà 'n anno funesto,
ma vattene a l'inferno, nun è onesto,
doppo 'n dumilaquinnici bojaccia,
profetizzamme jella co sta faccia!
Tutto l'inverno è stato 'n gran casino,
ho lavorato poco e quer poretto
che passa er giorno fra portrone e letto,
s'è lamentato sempre mane e sera
e nun è annata mejo a primavera.
L'estate è stata proprio 'n puttana
fra ricoveri, scandali e 'na nana
speranza de quer mijoramento che s'è
scoperto presto 'n fallimento.
L'autunno fra du gocce e 'n botto de dolori
era assai mejo che restasse fori
da 'n macabro balletto de morti e crisantemi
(li comprarono farsi...nun ereno più scemi!).
Er novo inverno nun se fatto vede.
Su polveri sottili s'è sbragato
e già chiamamo 'nfame sta stagione
e letame li frutti che ce lassa
scaricanno monnezza ar posto de la neve,
ai tempi de mi nonna bianca, morbida e lieve.
Quinni va' a quer paese,
te er tuo dumilasedici sfigato.
Io, ar momento, ho già dato.
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