Pubblicato il 23/12/2015 00:58:33
Era una di quelle notti in cui percepisci il respiro del mondo, il tuo respiro nel mondo, come un'eco che risuoni in ciò che ti circonda e rimbombi poi nel silenzio delle stelle, che pure, esse, respirano, e ad ogni respiro s'allontanano e s'avvicinano, nell'anima divorando le nuvole; annullando le distanze in tuoni e fulmini ed ogni nesso causale tra di essi. E questo avviene ad ogni rintocco di tempo, che va all'unisono col croccare dello zoccolo dell'asino sul selciato; oh, e quell'onda d'urto ne ritorna! Si concentra sul tuo ventre, che s'indurisce, e pieghi la testa all'indietro, ogni cosa è avvolta dal profondo buio di un immobile cielo terso. Dalla terra s'alza la brezza, leggera e gelida ti solleva il velo dai capelli, aiutando la perla a scorrere, sudore che va a sostare sul solco della fronte, che hai aggrottato per contenere il dolore. Ferma, sotto la luce oscillante della lanterna, ad occhi chiusi, vieni ferita ancora, dal calcolato, dal simulatamente rammaricato, dal freddo ed egoistico, ennesimo "No", ma poco più in là percepisci esclamazioni ricche d'attesa vitale, di qualche pastore " E' lì la cometa!". Tuo figlio, stanotte, verrà, ed esattamente come in questo momento, incontro verrà al rifiuto, oppure all'adorazione. Solo con te l'autentico incontro. Solo a te, da adesso, il compito sublime, inverosimile, di accudirlo, nella carne, senza pretese e senza offese; di essere ristoro e rifugio, tra le braccia e il seno, nel contatto pelle a pelle, sangue a sangue, da dolore a gioia, da umano a divino. Amore carnale e senza cupidigia, come da madre a figlio, come da figlio a madre.
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