Non già l'apparizione dell'Arcangelo
– sappilo, dunque! – sgomentò la Vergine:
poiché non ci si sbigottisce,
quando s'infiltra nella chiusa stanza,
raggio di sole o di notturna luna.
D'assuefarsi, procurò soltanto
a quella forma, in cui l'Annunciatore
muoveva incontro a Lei, pur sempre ignara
di quanta pena affligga
il soggiornare su questa terra, gli Angeli.
Non concepita mai da sensi umani,
purezza senza macchia di Maria!
Miracolosa purità, se ottenne
che, guardandola un giorno addormentata
in silvestre radura, una cerbiatta
s'ivaghisse di Lei perdutamente,
e generasse senza accoppiamento,
animale di luce, l'unicorno.
Non già l'apparizione dell'Arcangelo
impaurì la Vergine.
Piuttosto,
quel suo farlesi accanto, reclinando
sul volto assorto un volto giovanile
insistente così. Che, nell'incontro,
lo sguardo sollevato della Vergine
e lo sguardo di Lui bruciaron fusi
in un unico fuoco.
Onde, nell'atto,
sembrò svuotarsi per incanto il mondo:
e l'opere, gli sguardi, i patimenti
delle umane miriadi scomparvero
entro l'ardore degli sguardi fusi.
Solamente la Vergine e l'Arcangelo!
Lo sguardo intento, e la guardata forma:
gli occhi beati, e il letiziante aspetto.
Ed abolito, intorno, l'universo.
Soltanto adesso, entrambi, sbigottirono.
Poi, d'un tratto, l'Arcangelo cantò.
(trad. di V. Errante)
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