Una foresta appena nata che si alza,
e tanta luce che si china, in ogni sguardo,
tra i miei morti, e tra gli amici.
Quanto pesa ciò che è lieve... Caro Simurgh
vivo in questo canto, che rimane.
Più del vento quando gonfia tra i vestiti,
è così che mi circondano i tuoi versi,
le parole inumidite da un chiarore
vanno aprendo cavità dove il tuo volto
irrompe come un Dio, un Dio che nasce
per bere sul diaframma delle pagine.
E pregano pazienza le mie dita,
levando appena il capo, rilasciato
in un segreto linguaggio circolare-
come il crescere dei fiori tra le felci,
col respiro su un’immagine di luce
è il solo paradiso che ricorda:
nel profumo ricurvo di bellezza

li ho visti nudi addormentare gli alberi,
in cima ai ripostigli della neve,
dove si nascondono le uccelle.
Col suono delle foglie
con smisurato amore
ti segue una poesia,
ti segue, se cammini,
fino a rendere il respiro,
serve l’invisibile.
nella discesa del suo canto.
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