Una danza verbale e al contempo
si metteva tra il corpo e la sua ombra
come uno di quegli alberi che mostrano
l’argento delle foglie capovolte
dal pugno della luce,
nel vento. Pregavo la durata
girando adagio il viso di un respiro
col fiore di pervinca tra i capelli.
Come ogni domenica nel bosco.
Più nulla mi velava gli occhi
sfiorando la membrana dei castagni,
la gioia mi portava sulla schiena
come una compagna, una compagna onesta.
Nel liquido splendore della sera
bevevo, toccandole la fronte.
Non ho bisogno d’altro oltre i pini,
lei era il fiore e il fiore
è ancora lei,
invisibile nel campo,
vistosa,
nella pace del dolore.
Sono pieni gli occhi , nella nebbia,
del vedere che s’innalza così lenta
così distesa e uguale, come un frutto,
all’equinozio
come un frutto, tra due foglie, che scintilla,
cadendo nella pioggia che noi diciamo morte,
tutt’uno con la terra,
portando la sua fine nella notte
la rinascita perpetua della luce.
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Amina Narimi, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.