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L’Abito Di Natale

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 26/12/2016 10:48:42

L'ABITO DI NATALE

 

DI DOMENICO DE FERRARO

 

Oltre ogni bene , oltre ogni dire che s'arrampica nell'impossibile  discorre con il tempo , in quel conoscere se stessi ed il proprio  essere , lottando contro un avere che conserva in se ogni dolore ed ogni perché, l'attimo apologetico nella sua forma viscerale che decresce scemando in un lungo viaggio che conduce, se stessi verso l'ignoto. Oltre ,in giorni che si coniugano ,si sommano in quel senso intimo che induce a pensare cosa è la vita? cosa è l'amore ?questo gioco di forme erranti che oltrepassano il credo, la mesta amicizia. Oltre, ogni tentativo che ci porta a comprendere le nostre incapacità le nostre paure amorfe che si formano nel nostro cervello in immagini equivoche ,espressioni, perdute in idiomi ippocratici . Oltre questa soglia, spazio, tempo ove viviamo ed errando andiamo insieme contro la morte di un era in  una individualità che lasci intravedere quel male che corre in macchina  contro un concetto angusto ,contro ogni destino.

 

Avrei  voluto cambiare abito , saper  suonare la  grancassa ,lo violino avrei  fatto ò fesso attaccato alla funicella me fosse ubriacato di tanti suoni , di tanti aforismi avesse fatte finta di credere, di vivere rassegnate dentro na gaiola come un auculluccio avrei sbattuto l'ali avrei  cantato un altra canzonetta . Tiempo passa, brucia a vita disperazione ,sole e scarpe vecchie , maleparole, briganti, ciucci che volano cielo, castelli incantati, poi ò mare ,ed ancora ò mare con l'addore de limone cuorpo.

 

 

Rassegnato rimango con l'acqua alla gola ,annego in un mare di sogni , cercando di emergere da questo male che m'assedia, che mi stringe il cuore ,mi fa piangere , ridere , credere che ci sia una speranza che avanza in mezzo ad un caos senza fine, forme, strane, incapace d'intendere e volere, di rendere bella questa frivola  favola.

 

Ci steve una volta una povera vecchia che tenere tre figli nù bello iorno la morte bussò  alla porta soia la vecchia l'apri e ci dicette : trase , trase che te vuò piglià ?  una tazza di caffè,  nù poco di rosolio , una spremuta d'arancia , nà zeppola ,un strufolillo  , nù poco di pizza con la scarola,  no ? Allora , fa ampresse ,pigliate stà vita portame lontano , addò si sta meglio. Però primo che moro , voglio vedè  i figli mei.

Fa pure dicette  a morte vestita da fattucchiera con un cuppolone in testa , nù miezzo sigaro in mezzo alle dita, nù dente che ci traballavo in bocca e nù volevo cadè.  La vecchia  si chiamava Luigina , stesa  dentro allo letto suo chiamò lo primo figlio gli dicette : Vincenzino tu che sei il più grande pigliate questa casa che tanta bella che per farla io e quella buonanima di tuo padre abbiamo, tanto faticato dalla  mattina alla  sera , fino a  romperci la schiena .

Lo primo figlio gli baciò le mani e gli dicette : mamma grazie , come site bella.

Poi luigina chiamò lo secondo figlio gli dicette : Michelino tu che sempre sei stato un grande studioso, pigliate chesta borsa chiena di denari , risparmi di tutta una vita fatti io e tu padre e vatti piglia una laurea , fa onore allo cognome che porti. Lo secondo figlio soddisfatto baciò la mamma e gli dissi addio. La vecchia infine chiamò l'ultimo suo figlio lo terzo di nome  Carlo. Carluccio ò battilocchio per tutti ,  tu che sei ò chiù piccirillo dei mie tre figli , fatti chiù vicino a me , a  te ti  lasso queste paio di  vecchie scarpe che vedrai ti porteranno  assai lontano , poi ti lascio questo ago che vedrai ti sarà  assai utile. Ora và non avere paura. Mamma , dicette  lo terzo figlio ma che me lasse nù paio di scarpe vecchie ed un ago e che me ne faccio , se non sò neppure cucire , ma la vecchia rimase muta ,chiuse gli occhi ed abbracciò la morte che l'aspettava impaziente ,che la portò assai lontano in un altra terra , in un altra vita .

 

Lo primo figlio alla morte della mamma subito dopo lo funerale ,  le esequie  ecclesiali , dopo ed averla  atterrata allo camposanto sopra allo colle dello sciancato, vicino ad una vecchia quercia , monca  di diversi rami e dalle fitte foglie gialle. Giunto a casa la prima cosa che fece fù  scacciare  di casa i suoi due fratelli ,dicendo : pigliatevi la  vostra roba  , chesta è casa mia.  Accussi i due fratelli poveretti, uscirono di casa mogi, mogi e subito dopo vi entrò l'amante dello primo fratello assieme alla sua famiglia , sotto la pioggia, con un grappolo alla gola lo secondo fratello raccolse la sua roba e nascosto bene i suoi denari,  salutò il terzo fratello e andò per la sua strada, che l'avrebbe condotto ad una grande università dove sarebbe diventato tanti anni dopo uno stimato professore.

 

 

Lo terzo fratello Carluccio detto ò battilocchio  in primo tempo si disperò assai ,voleva entrare in casa , riempire di schiaffi quel degenerato del suo primo fratello, poi una voce gli sussurrò alla coscienza,  Carluccio lascia stare che puoi passare un serio guaio.  Mettiti in cammino siete a mamma toia non aver paura. Così Carluccio dopo aver messo ai piedi i vecchi scarponi  incominciò a camminare dentro la polvere , sopra i sassi e più camminava e più andava veloce , tanto veloce che in poco tempo giunse in una terra ove tutti gli uomini erano piccoli e gialli.

 

In quella terra cosi grande,  verde , rossa, bella, fertile attraversata da un grande fiume dalla forma di un drago,  Carluccio conobbe un vecchio saggio che gli diede un tetto sopra la testa ed una scodella di riso. I primi due giorni Carlo non fece nulla,  ma grato dell'ospitalità voleva ricambiare il favore e la cortesia  cosi la moglie del vecchio saggio disse a Carluccio : Giuvinotto io ho visto casualmente dentro allo zaino  vostro  un bell'ago lungo ,lungo , io tenesse nù vestito assai massiccio che non riesco rattoppare , mi farebbe  questo piacere d'aggiustarmelo voi ? Carluccio subito rispose a disposizione ,datemelo  che vedo cosa posso fare. La moglie del vecchio saggio che rideva  sempre ed era sempre assai allegra  , gli portò  la veste. Carluccio avutolo prese l'ago e del filo ed in poco tempo lo riparò , l'aggiustò,  l'allungò , lo rese tanto bello , ma cosi bello che la vecchia rimase a bocca aperta per la meraviglia .

 

Fattolo vedere a tutte le sue amiche al calzolaio, al fruttivendolo , al pecoraro, alla signora Bettina  che non si fa mai i fatti suoi, Carluccio conquistò  la fama di un bravo sarto , cosi in poco tempo , si trovò ad aggiustare abiti e maglie, calzoni ed impermeabili, cappotti e coperte e con quel suo  magico ago lungo e fino riparò ed abbellì ogni cosa in poco tempo. La gente rimaneva cosi felici da far salti di gioia , la bravura corse di bocca in bocca ed arrivò anche fino all'orecchio della regina di quelle terre lontane e fertili ove vi scorre quel  lungo fiume detto giallo.

 

 

La regina mandò le sue guardie alla capanna di Carluccio che intanto pieno di lavoro da fare con  abiti d'ogni taglia che gli uscivano  dalla finestra e dal piccolo camino accettò di seguire le guardie ed andò al palazzo della regina. Quest 'ultima  sempre malata  causa una malattia sconosciuta ,aveva una figlia cosi bella , ma cosi bella che chiunque  posava gli occhi  su di lei s'innamorava al primo sguardo , bella tanto bella che la regina volle mettere alla prova il piccolo sarto di nome Carluccio.

Se farai per me ,  mia figlia in una sola notte e per tutto il mio popolo un abito ad ognuno  cosi bello ed unico capace di farci diventare tutti sani  e belli  io ti farò  sposare mia figlia la principessa Rosa spina.

Va bene disse Carluccio datemi la stoffa e filo strass e merletti  ci vedremo domani mattina all'alba,  al canto dello gallo,  allo scoccare delle lancette del grande orologio io vi farò  trovare gli abiti confezionati.

 

 

Lasciato solo con tutto il materiale richiesto Carluccio si mise subito a lavoro taglia ,cuci , ripara , impreziosì, con merletti, anellini, perline che giunse l'alba con la sua rabbia con tanta roba sul groppone che diede un calcio al povero gallo dormiglione che saltò sul trespolo e cantò la sua canzone del mattino . Le lancette scoccarono alle note del gallo , la regina e la sua bella figlia con tutti i cortigiani aprirono la porta ove avevano rinchiuso Carluccio. Lo trovarono tra migliaia d'abiti ricamati. Lucenti come stelle, luccicanti come lucciole , belli , vari , colorati.

Tutti esclamarono oh che belli a me , a me, ma la regina disse fermi tutti dove sono i nostri abiti , quello mio e di mia figlia. Allora Carluccio tirò fuori da un sacco due abiti bellissimi, luccicanti , meravigliosi cosi leggeri ma cosi caldi che t'avvolgevano come in un sogno. Eccoli mia regina prego indossateli. E la regina e sua figlia indossarono quei bei abiti e subito furono presi da una strana sensazione , una strana gioia , un senso di felicità, ed i loro cuori si riempirono di gioia, e l'amore scoccò all'intrasatte tra la figlia della regina e Carluccio mentre la regina cosi bella che non era stata mai,  fu acclamata dal suo popolo , ben vestito come grande benefattrice ed il re saputo la notizia , incurante d' averla  abbandonata  ad un triste destino quella sua consorte malaticcia , corse di nuovo al palazzo reale e volle ad ogni costo riabbracciare la sua consorte.

 

 

Nove mesi dopo Carluccio divenne padre e principe nelle vesti di grande imprenditore mise su una grande fabbrica d'abiti e scarpe , vestì  mezzo mondo alla moda del suo tempo, la sua firma apparve su ogni abito e in ogni cuore giunse la pace cercata. Regnò a lungo a tal punto d'essere osannato come padre della patria facendo diventare tutti ricchi , quei piccoli uomini gialli che ognuno di quei sudditi s'apri un negozio d'abbigliamento in ogni città,  piccola o grande  dell'Europa e delle Americhe. Mai venne pubblicato una biografia di quel principe illuminato così  nessun,  seppe mai chi era prima Carluccio nè da dove venisse , dei  due vecchi scarponi e del suo  lungo  magico ago , che volle  alla sua morte fossero dati al suo primogenito  così che la sua storia,  continuasse per altre  generazioni future . Carluccio ebbe nove figli , tutti belli , sani che sapevano ben vestire, il ricordo di chi fosse stato un tempo bussava sempre alla sua coscienza ed il ricordo di quella  casa dove nacque , non lo abbandonò  mai , il pensiero a volte lo spingeva a viaggiare per quei luoghi , la curiosità un giorno lo spinse , da quelle parti cosi rivide il suo primo fratello, ridotto assai male  sgobbare come un somaro sotto la frusta della sua moglie megera. Poi volle vedere il suo secondo fratello che lo trovò tanto perbene,  che fece cucire tanti abiti per lui , con dentro nascoste tante monete d'argento. Mentre il cielo divenne chiaro ed il sole riscaldava con i suoi raggi la terra in cui era divenuto ricco. Il goffo gallo cantò di nuovo per annunziare la fine di questa lieta storia e l'inizio di un nuovo anno, d'una nuova era , fatta di bei abiti da indossare che avrebbero guarito da ogni tristezza l'intero genere umano.


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